“L’amico del popolo”, 28 agosto 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

L'ECLISSE (Italia, 1962), regia di Michelangelo Antonioni. Soggetto e sceneggiatura: Michelangelo Antonioni, Tonino Guerra. Collaboratori alla sceneggiatura: Elio Bartolini, Ottiero Ottieri. Fotografia: Gianni di Venanzo. Montaggio: Musica: Giovanni Fusco. Con: Monica Vitti, Francisco Rabal, Alain Delon, Louis Seigner.

"Ho eliminato molte preoccupazioni e sovrastrutture tecniche, ho eliminato quindi tutti quelli che potevano essere i nessi logici del racconto, gli scatti da sequenza a sequenza per cui l'una sequenza faceva da trampolino alla successiva; proprio perché m'è sembrato, e ne sono fermamente convinto, che oggi il cinematografo debba essere piuttosto legato alla verità che alla logica".

(Michelangelo Antonioni, 1961)

"1962. A Firenze per vedere e girare l'eclisse di sole. Gelo improvviso. Silenzio diverso da tutti gli altri silenzi. Luce terrea, diversa da tutte le altre luci. E poi buio. Immobilità totale. Tutto quello che riesco a pensare è che durante l'eclisse probabilmente si fermano anche i sentimenti. E' un'idea che ha vagamente a che fare con il film che sto preparando, una sensazione più che un'idea, ma che definisce già il film quando ancora il film è ben lontano dall' essere definito. Tutto il lavoro venuto dopo, nelle riprese, si è sempre rapportato a quell'idea o sensazione o presentimento. Non sono più riuscito a prescinderne" "Io credo che si abbiano dei sentimenti verso gli oggetti; è ancora un modo per aggrapparsi alla vita" "Ciò che mi interessa ora è di mettere i personaggi in contatto con le cose, perché sono le cose, gli oggetti, la materia, che hanno un peso oggi".

(Michelangelo Antonioni, 1964)

Apprestandosi a girare "L'eclisse", Antonioni dichiarava: "E' il film in cui prenderò il massimo dei rischi; dopodiché o avrò guadagnato la partita per molto tempo oppure sarò definitivamente rovinato come autore e come cineasta". Oggi questo film è considerato un punto di arrivo della ricerca del regista, uno dei suoi risultati più convincenti. Film di straordinaria modernità, di rara essenzialità e qualità estetica, "L'eclisse - ha ben detto Tassone - è Antonioni allo stato puro": il regista proietta sul personaggio di Vittoria (Monica Vitti) il proprio modo di vedere il mondo, in particolare il proprio interesse per la materia e per gli oggetti. Rispetto ai film precedenti, la crisi dei sentimenti è collocata in un contesto più ampio, è messa in relazione alla crisi della società capitalistica, dove il denaro è elemento di alienazione e l'uomo è ridotto a merce, a oggetto. Proprio gli oggetti sono i veri protagonisti del film, tanto da prendere il posto delle persone nel finale. Fin dalla prima sequenza sembrano animati (il ventilatore, i fogli mossi dal vento), al contrario dei personaggi che sono vuoti, privi di entusiasmo. Nel film le emozioni, le nostre come quelle di Vittoria, nascono dagli oggetti e non dalle persone (Vittoria è affascinata dal mondo materiale e delusa dai suoi simili). Gli oggetti, contrariamente ai personaggi, sono vivi perché sono "se stessi"; sono gli unici superstiti della crisi perché gli unici a mantenere la propria identità: sono gli uomini che tendono a diventare oggetti e non viceversa (oggi si potrebbe dire, pensando ai computer e alla robotica, che anche gli oggetti tendono ad "umanizzarsi"). Le cose hanno la sensibilità che manca alle persone: sono gli uomini ad "eclissarsi", ma sono gli oggetti ad esprimerne l'eclisse (vedi Il faro nell'ultima inquadratura). Piero e Vittoria sono separati fin dall'inizio e sono ancora gli oggetti a rendercelo evidente in immagini che sono la quintessenza del film: si pensi al pilastro che separa i due personaggi durante lo splendido minuto di silenzio alla Borsa (tutto muore per un minuto, tranne i telefoni che continuano a squillare) o al vetro attraverso il quale i due si baciano (ed è proprio questo non-bacio ad essere il più appassionato). Si nota poi la tendenza del regista a dissolvere la distinzione tra cose e persone in una continuità figurativa che dà importanza non solo agli attori ma anche (e soprattutto) a ciò che li circonda: per esempio soffermandosi sullo sfondo prima dell'entrata e dopo l'uscita di scena dei personaggi (caratteristica che Antonioni ha in comune con altri due grandi cineasti: Bresson e Ozu). Nel finale quella distinzione viene a cadere definitivamente, quando un volto viene scomposto inquadrandone i dettagli, così come, subito dopo, vengono colti i particolari di un palazzo. "Come in poesia - fa notare Tassone - episodi e inquadrature si susseguono per analogie espressive, più che per concatenazione drammatica". Le sequenze, apparentemente slegate, formano un intreccio di rimandi interni il cui significato si svela solo a chi vuol capire l'essenziale e ormai maturo linguaggio di Antonioni, il suo modo di caricare di significato le cose e le situazioni. Notiamo allora come determinati oggetti vengano associati a determinate situazioni che si ripresentano modificate più avanti, in una sorta di "legame a distanza" tipico del discorso poetico: si pensi alla saracinesca che inizialmente è associata all'incontro di Piero con quella che egli chiama la sua "bestiola" e più avanti alla presenza di Vittoria (che sua "bestiola" non è e non vuole essere); si pensi al bidone e al calesse nel luogo dell'appuntamento, che dapprincipio sono associati alla presenza dei due personaggi e alla fine ne denotano l'assenza. "L'eclisse" è un intreccio di vuoti e di pieni, di dilatazioni e improvvise concentrazioni del tempo. Come note nel silenzio, gli eventi sono sospesi nel vuoto, a creare una trama che spesso ha l'unica funzione di sostenere i "tempi morti" e di caricarli di significato (ad esempio le interruzioni del silenzio col rumore dei camion nel finale). Nello splendido finale, un senso di inquietudine e di vuoto - lo stesso vuoto dei due protagonisti e della società in cui viviamo (il film è ancora più attuale oggi di quanto non lo fosse negli anni '60) - si insinua nello spettatore grazie alla musica, ai rumori, alle inquadrature di oggetti e di volti ridotti a oggetti, che si susseguono casualmente in un apparente "vuoto di senso". E' proprio da questo vuoto palpitante che nasce la forza di quelle immagini.

(Alessio Liberati)

 

Una poesia al giorno

Di voi mi innamorai, di Aleksandr Sergeevič Puškin (1829)

Di voi mi innamorai, e questo amore puro
nell’alma mia ancor si potrebbe ridestare;
scordatemi, non vi inquieterò, lo giuro,
non voglio niente che vi possa rattristare.
Tacevo, senza speme, infatuato,
ero geloso, ero timido e soffrivo,
il mio amore fu sì tenero e ignorato:
Iddio vi faccia amare come vi ho amato io.

Я вас любил

Я вас любил: любовь ещё, быть может,
В душе моей угасла не совсем;
Но пусть она вас больше не тревожит;
Я не хочу печалить вас ничем
Я вас любил безмолвно, безнадежно,
То робостью, то ревностью томим;
Я вас любил так искренне, так нежно,
Как дай вам бог любимой быть другим.

 

Un fatto al giorno

28 agosto 1917: dieci Suffragette vengono arrestate mentre picchettano la Casa Bianca.

“Con il termine Suffragette si indicavano le appartenenti a un movimento di emancipazione femminile nato per ottenere il diritto di voto per le donne (dalla parola "suffragio" nel suo significato di "voto"). In seguito la parola "suffragetta" ha finito per indicare, in senso lato, la donna che lotta o si adopera per ottenere il riconoscimento della piena dignità delle donne, coincidendo in parte quindi con il termine femminista”.

(Wikipedia)

“Nell’agosto del 1917 proprio davanti alla Casa Bianca il presidente Woodrow Wilson venne contestato da alcune donne che chiedevano con insistenza che supportasse un emendamento alla Costituzione che avrebbe garantito loro il diritto di voto.
Wilson aveva moderatamente sostenuto il suffragio femminile e le richieste delle suffragette - così venivano chiamate le dimostranti - durante le campagne politiche e ne aveva accolte in precedenza alcune alla Casa Bianca. Ex insegnante in un college femminile e padre di due figlie, che si consideravano a loro volta “suffragette”, era stato inizialmente ritenuto vicino alle istanze delle donne americane. Durante la campagna presidenziale del 1912 contro Theodore Roosevelt, Wilson e il suo avversario si trovarono concordi su molte proposte di riforma, quali le leggi sul lavoro minorile, ma differirono sul tema del suffragio femminile, che vedeva Roosevelt a favore di concedere il voto alle donne.
Quella mattina il presidente, che le suffragette avevano ribattezzato “Kaiser Wilson” con riferimento a quello che ritenevano ormai un atteggiamento intransigente nei confronti del riconoscimento dei loro diritti, uscì dalla Casa Bianca insieme alla moglie e si tolse il cappello in segno di saluto verso le manifestanti. A quel punto le suffragette lo contestarono apertamente in termini sempre più aggressivi, agitando all’indirizzo di Wilson dei cartelli contro l’intervento americano in guerra. Più tardi quel giorno le manifestanti e dei passanti favorevoli all’intervento delle truppe USA vennero alle mani e 10 suffragette furono arrestate - il loro numero salirà a 218 entro Novembre di quell’anno. Alcune di loro, fra cui Alice Paul, leader del Partito Nazionale per l’Emancipazione delle Donne, iniziarono uno sciopero della fame e si fu costretti ad alimentarle forzatamente. Wilson, scosso da questi fatti e preoccupato per la pubblicità negativa che ne derivava per la sua amministrazione, accettò infine un emendamento a favore del suffragio femminile nel gennaio 1918. Nell’agosto 1920, verso la fine del suo secondo mandato presidenziale, il Congresso approvò il 19° emendamento, dando ufficialmente alle donne il diritto di voto”.

(Alessandro Guardamagna)

 

Una frase al giorno

“Se devo scegliere tra la giustizia e la pace io scelgo la giustizia”.

(Theodore Roosevelt, 1858-1919, 26° presidente degli Stati Uniti)

“Roosevelt, Theodore, uomo politico (New York 1858 - Sagamore Hill, New York, 1919). Repubblicano, fu sottosegretario alla Marina (1897-98) e volontario nella guerra contro la Spagna (1898), governatore dello Stato di New York (1899-1900) e vicepresidente degli Stati Uniti (1901); subentrò come presidente (1901, rieletto 1904) a W. McKinley. All'interno combatté le concentrazioni monopolistiche; in politica estera promosse l'espansionismo e fu mediatore tra Russia e Giappone (1905), ricevendo per quest'opera il premio Nobel per la pace (1906). Durante la Prima guerra mondiale sostenne l'intervento in favore dell'Intesa, opponendosi poi all'adesione alla Società delle Nazioni.

(Enciclopedia Treccani)

Immagini in:

 

Un brano al giorno

Gioachino Rossini, Cantata in onore del Sommo Pontefice Pio IX (1847). Mariella Devia: Speranza, Paul Austin Kelly: L'Amor Pubblico, Michele Pertusi: Spirito della Cristianità, Francesco Piccoli: Corifeo. Orchestra e Coro Filarmonico del Teatro alla Scala di Milano. Direttore Riccardo Chailly

"Sacra cima, un dì superba": www.youtube.com

Gioachino Rossini, Cantata in onore del Sommo Pontefice Pio IX (1847)

Questa brillante Cantata fu eseguita il 1° gennaio 1847, come parte di un programma di festeggiamenti per il Papa Pio IX recentemente eletto, ampiamente accolto in Europa come riformatore papa. Rossini, in cattive condizioni di salute all'epoca, aveva accettato con riluttanza la commissione dell’opera. Per facilitarsi il compito, utilizzò cinque dei movimenti dalle sue opere napoletane, "Armida" (1817), "Ricciardo e Zoraide" (1818) e dall'opera parigina "Le siege de Corinthe" (1826). Modificati i pezzi e uniti a recitativi di nuova composizione, insieme a un nuovo libretto del conte Giovanni Marchetti, ottenne un lavoro spettacolare. La Cantata fornisce un esempio illuminante delle pratiche compositive di Rossini nell'adattare brani esistenti a nuovi contesti. Tornata in auge nel 1992, la Cantata richiede grandi forze esecutive, tra cui quattro cantanti solisti, coro misto con voci soliste, orchestra piena. Il cast, che prende le parti di figure completamente allegoriche, comprende: Mariella Devia - Speranza, Paul Austin Kelly - Este pubblico, Michele Pertusi - Spirito del Cristianesimo, Francesco Piccoli - Corifeo.

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org