“L’amico del popolo”, 28 giugno 2017

L'amico del popolo
Grandezza Carattere

L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

JONAS QUI AURA 20 ANS EN L'AN 2000 (Jonas che avrà 20 anni nel 2000, Francia-Svizzera, 1976), regia di Alain Tanner. Sceneggiatura: Alain Tanner, John Berger. Fotografia: Renato Berta. Montaggio: Brigitte Sousselier Musica: Jean-Marie Sénia. Con: Jean-Luc Bideau, Myriam Boyer, Jacques Denis, Roger Jendly, Dominique Labourier, Myriam Mézières, Miou-Miou, Rufus, Raymond Bussières, Pierre Holdener, Jonas.

“A Ginevra, nel sottobosco della moderna metropoli e negli ultimi angoli rurali dei dintorni, vivono otto persone generose e anticonformiste che il caso e le ideologie rivoluzionarie stringeranno intorno al piccolo Jonas, il bambino che nel 2000 avrà 20 anni e che tutto il gruppo ritiene spiritualmente figlio. Mathieu, tipografo disoccupato, accetta un lavoro assai umile nella fattoria di Marcel e Marguerite, sino a che non aprirà nella stessa un'anticonformistica scuola per fanciulli di contadini. Mathilde, sua moglie, ama la maternità come una ragione di vita e genererà Jonas. Marcel, il fattore, a differenza della moglie Marguerite pragmatista, ama sognare e racconta storie naturalistiche che sarebbero piaciute al filosofo ginevrino J.J. Rousseau. Max, degradato da giornalista al rango di correttore di bozze, è un ex combattente del '68 e si appaia perfettamente con l'iconoclasta Madeleine che induce a rubare i segreti di finanzieri di cui è segretaria, così da vanificarne i piani di speculazione terriera. Marco, invece, è un docente di storia che si fa licenziare per le idee incendiarie e finisce per fungere da animatore in un ricovero per anziani. A lui si lega sentimentalmente Marie, una frontaliera che di notte dorme in Francia e di giorno lavora come cassiera presso un supermercato ginevrino ove, essendo solita ridurre fortemente i conti ai clienti modesti, viene scoperta e consegnata alla prigione”.

(Coming Soon)

“Racconta John Berger, che terminò il suo sodalizio con Alain Tanner sceneggiando Jonas qui aura 25 ans en l'an 2000 (la differenza di cinque anni fra il titolo originale e quello italiano dipende dal ritardo con cui il film venne distribuito da noi): "Prima che la sceneggiatura fosse scritta, ci piaceva descriverlo come un film sui sogni individuali di trasformare il mondo. Descrivevamo questo sogno come un largo quadrato di seta colorata steso sul terreno. D'improvviso l'aria si infilava sotto la seta e la sollevava, facendola assomigliare a una tenda o a una vela. Allora dovevamo riportare questa tela verso terra, fermarla ai quattro angoli. In un certo senso è quello il movimento, la melodia del film. Vediamo continuamente sorgere una speranza colorata che, subito dopo, finisce inchiodata al terreno, al principio di realtà". Max, Mathieu, Marco, Marcel, Marie, Mathilde, Madeleine, Marguerite (otto nomi che iniziano con 'Ma', "come Marx, come maggio") rappresentano ognuno un frammento di ideologia. Ognuno a modo suo resiste, ma allo stesso tempo ha perso lo spazio gioioso dell'utopia e si confronta con il mondo del lavoro quotidiano, con le leggi dell'economia, tentando di resistere a una vita che spesso travolge e trascina sul fondo. Il film rappresenta una svolta e assieme un punto limite nell'attività di Tanner, un riassunto di tutto ciò che il suo cinema era stato sino ad allora, anche generazionalmente, e che non poteva più essere. Un film di frontiera, al confine tra quel cinema teorico che svela il meccanismo della finzione e un diverso sentimento del narrare, meno ideologico. La meditazione sul tempo e sulla Storia e l'intento didascalico, già preannunciati nei film precedenti, arrivano qui alla loro espressione più matura e dichiarata. Tutti i personaggi rappresentano una tessera del mosaico dell'immaginario sopravvissuto alla fiammata del Sessantotto. Costruendo la sua prima vera commedia politica, Tanner li mostra in ciò che hanno di tipico e di facilmente riconoscibile, distanziandoli con lo humour, come a congedarsi da una generazione che sta per essere sepolta, schizzandone sul foglio un ritratto veloce, allegro, affettuoso. Il nuovo mondo non è arrivato, ma tutti ci provano ancora, senza illusioni magari, ma ci provano. Al centro del film, la scuola e la pedagogia, l'Émile di Jean-Jacques Rousseau citato più volte. Il piccolo Jonas rappresenta la speranza affidata al figlio e prolunga quel tempo di vita individuale destinato a perdere la gara con la Storia. "Nel 2000 Jonas avrà venticinque anni. A venticinque anni il secolo lo risputerà fuori. Lo vomiterà, piuttosto. La balena della Storia sputerà fuori Jonas a venticinque anni. È il tempo che ci resta per aiutarlo a uscire dalla merda", recita la sceneggiatura. Ovvero, come dice Marco piangendo mentre taglia le cipolle: "Bisogna sempre sacrificarsi per il futuro. Merda. È questa la grande fregatura delle rivoluzioni. È quello che il capitalismo ha sempre predicato, del resto". Nel film coesistono passato e presente, e il futuro (Jonas) è già in grado di cancellare i segni del passato, cioè i padri, senza tuttavia annullarli. Film vitale e sorprendente, Jonas qui aura 25 ans en l'an 2000 è orchestrato in centocinquanta piani-sequenza, debitori della concezione brechtiana di messa in scena epica. I personaggi disegnati da Tanner, umanissimi e riconoscibili, sono anche qualcosa d'altro: usano e abusano della teatralizzazione, dei testi poetici, filosofici o scientifici, mentre i frequenti inserti in bianco e nero indicano i loro sogni a occhi aperti, le loro fantasie, le loro memorie storiche, le loro nostalgie politiche. Figli del proprio tempo, del cinema come linguaggio-al-lavoro, messo a nudo nei meccanismi di finzione, gli otto 'Ma' parlano e si muovono alludendo a un loro personale e collettivo teatro, costituito dalle idee utopiche che ancora li tengono in vita”.

(Piera De Tassis, in Enciclopedia Treccani)

JONAS QUI AURA 20 ANS EN L'AN 2000 (Jonas che avrà 20 anni nel 2000, Francia, Svizzera,1976), regia di Alain Tanner

 

Una poesia al giorno

Ruslàn e Ljudmìla, di Aleksandr Sergeevič Puškin. Traduzione di Paolo Statuti.

C’è una quercia sulla riva del mare
E attorno ad essa una catena d’oro,
Sulla catena di notte e di giorno
Un gatto colto cammina con decoro.
Va a destra - prende a raccontare,
A sinistra - comincia a cantare.

Là soltanto prodigi conosco:
Fauni e ninfe insieme nel bosco,
Là su ignoti e scuri sentieri
Vedi impronte d’insolite fiere,
E casette su zampe di gallina
Senza porte né finestra alcuna.
Selve e valli piene di visioni,
E all’alba affluiscono i marosi
Sulla riva vuota e sabbiosa,
E trenta stupendi paladini
Emergono dai flutti marini,
E con essi il loro protettore.
Là un principe strada facendo
Un terribile zar ha imprigionato.
Davanti al popolo nelle nubi,
Avendo boschi e mari superato,
Un mago con l’eroe si fa vedere.
In prigione la zarevna patisce
E un lupo bruno le obbedisce.
Là una botte con dentro una strega
Si solleva da sola a fatica.
Là nell’oro Kaščej si consuma,
E l’anima russa e la Rus’ profuma!
Io ero là e il miele ho bevuto,
Ho visto la quercia che frusciava,
Sedevo ai suoi piedi e il gatto colto
Le sue favole mi raccontava.
Una me la ricordo ancora
E al mondo la dirò proprio ora...

РУСЛАН И ЛЮДМИЛА - Вступление

У лукоморья дуб зеленый;
Златая цепь на дубе том:
И днем и ночью кот ученый
Всё ходит по цепи кругом;
Идет направо - песнь заводит,
Налево - сказку говорит.

Там чудеса: там леший бродит,
Русалка на ветвях сидит;
Там на неведомых дорожках
Следы невиданных зверей;
Избушка там на курьих ножках
Стоит без окон, без дверей;
Там лес и дол видений полны;
Там о заре прихлынут волны
На брег песчаный и пустой,
И тридцать витязей прекрасных
Чредой из вод выходят ясных,
И с ними дядька их морской;
Там королевич мимоходом
Пленяет грозного царя;
Там в облаках перед народом
Через леса, через моря
Колдун несет богатыря;
В темнице там царевна тужит,
А бурый волк ей верно служит;
Там ступа с Бабою Ягой
Идет, бредет сама собой;
Там царь Кащей над златом чахнет;
Там русской дух... там Русью пахнет!
И там я был, и мед я пил;
У моря видел дуб зеленый;
Под ним сидел, и кот ученый
Свои мне сказки говорил.
Одну я помню: сказку эту
Поведаю теперь я свету...

 

Un fatto al giorno

Vittoria, 1819-1901, Regina del Regno Unito e Imperatrice d'India

28 giugno 1838: incoronazione di Vittoria, Regina del Regno Unito. Vittoria divenne la prima sovrana a prendere residenza a Buckingham Palace, ottenendo inoltre le rendite dei ducati di Lancaster e di Cornovaglia, nonché una lista civile di 385.000 sterline annue che usò per estinguere i debiti paterni.
“Vittoria Alessandrina, nacque il 24 maggio 1819, figlia unica di Edoardo, duca di Kent, fratello di Guglielmo IV. Alla morte del padre, essendo designata per la successione al trono, la sua cultura venne specialmente diretta verso lo studio delle questioni politiche. Lord Melbourne la iniziò al meccanismo della costituzione inglese, e allorché salì al trono, il 20 giugno 1837, divenne suo primo ministro. Mente lucida ed equilibrata, spirito pratico e positivo, Vittoria, quantunque giovanissima, diede subito prova di queste doti nella scelta dello sposo. I candidati alla sua mano erano parecchi e taluni di questi, come il duca di Nemours, figlio di Luigi Filippo, oltremodo incalzanti. Comprendendo subito, però, come ella dovesse allontanare dal trono qualsiasi sospetto d’ingerenza estranea, che il popolo non avrebbe tollerata, scelse a compagno della sua vita il principe Alberto di Sassonia-Coburgo, giovane quasi suo coetaneo, di vasta cultura e d’ingegno vivacissimo. Con lui ella visse molto unita per 22 anni, in un’intimità affettuosa che fece della Regina la più tenera delle spose e la più felice delle madri. La morte di Alberto, cui nel 1857 aveva fatto dare dal Parlamento il titolo di principe consorte, la piombò in un lutto crudele dal quale, si può dire, non volle mai essere distolta. Ritiratasi in una solitudine che il popolo, amante della pompa e delle cerimonie, giunse a criticare aspramente e che servì di pretesto a un membro del Parlamento per chiedere la diminuzione della lista civile, ella non consentì a mostrarsi nei pubblici festeggiamenti se non quando era tramontata la sua raggiante bellezza. La leggiadra sposa e la giovane donna furono veramente sepolte insieme al consorte. La Regina riapparve soltanto allorché la sua persona fu curva e il suo crine fu bianco”.

(L’Illustrazione italiana, 27 gennaio 1901)

 

Una frase al giorno

“La mia vita felice è finita! Il mondo per me se n’è andato! Se devo continuare a vivere (e non farò nulla che possa farmi stare peggio di ora) sarà d’ora in avanti solo per i nostri poveri figli senza padre... per il mio triste paese, che perdendo lui ha perso tutto, e solo per fare quello che so e sento lui vorrebbe, perché lui è vicino me... il suo spirito mi guiderà e mi ispirerà! Ma che male fa essere tagliata fuori dalla vita nel fiore degli anni...vedere la nostra pura, felice, quieta vita domestica, che da sola mi dava la forza di sopportare la mia posizione così poco amata, svanire a quarantadue anni...mentre io avevo sperato con tanta intima certezza che Dio non ci avrebbe mai diviso e ci avrebbe fatto invecchiare insieme (anche se lui parlava sempre della brevità della vita), è troppo brutto, troppo crudele!”

(Vittoria, 1819-1901, Regina del Regno Unito e Imperatrice d'India, in occasione della morte del marito Alberto)

 

Un brano al giorno

Georg Friedrich Händel, Dixit Dominus, HWV 232 - Monteverdi Choir e English Baroque Solisti diretti da Sir John Eliot Gardiner. Dixit Dominus, HWV 232, è un salmo composto da Händel nella primavera del 1707.

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k