“L’amico del popolo”, 29 giugno 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

AU DELÀ DES GRILLES (Le mura di Malapaga, Francia-Italia, 1949), regia di René Clément. Sceneggiatura: Jean Aurenche, Cesare Zavattini, Jean Aurenche, Suso Cecchi D'Amico, Pierre Bost, Alfredo Guarini. Fotografia: Louis Page. Montaggio: Mario Serandrei. Musiche: Roman Vlad. Con: Jean Gabin, Isa Miranda, Vittorio Duse, Renato Malavasi, Ave Ninchi, Andrea Checchi, Fulvia Fulvi, Ermanno Randi, Dina Romano, Vera Talchi, Robert Dalban, Agnese Dubbini, Carlo Tamberlani, Checco Rissone, Claudio Ermelli, Michele Riccardini, Pietro Tordi, Giulio Tomassini, Franco Pesce, Gino Passarelli, Alessandro Fersen, Franca Lumachi, Giuseppe Garello, Marinetta Campello.

Premi: Oscar onorario, Golden Globe per il miglior film straniero, Premio alla miglior attrice, Premio al miglior regista.

Pierre Arrignon, in fuga dopo aver commesso un delitto passionale, si è imbarcato clandestinamente a Marsiglia. Preda di un forte mal di denti, si trova costretto ad abbandonare la nave, quando questa fa scalo a Genova, per trovare un dentista. Nel capoluogo ligure conosce Marta, una cameriera, e la figlia Cecchina. Con Marta nasce un sentimento e Pierre intravede l'illusione di una svolta meno drammatica per la sua vita. Ma il destino non ha ancora detto la sua.

“Altra aria ne Le mura di Malapaga, riuscito esempio di collaborazione cinematografica italo-francese. Diciamo subito che mentre Jean Gabin ripete un carattere sin troppo noto (del resto con esemplare sobrietà), Isa Miranda risulta stupenda di semplice verità umana. E' difficile essere una donna, ancora bella ma non più giovane, sentire che la vita amorosa sfugge tra le dita come la sabbia di una clessidra, senza versare nel melodrammatico o nel cattivo gusto. Ebbene, mai la nostra Isa commette un solo errore di gusto; è tanto sicura di sé da sembrare spontanea; è controllatissima e sembra che reciti improvvisando”.

(Pietro Bianchi)

“Un uomo uccide la sua amante, fugge e si mette in cerca di un dentista per farsi togliere un molare. Qualcosa di simile ci sembra di averlo già letto, o forse scritto. Comunque, è l’inizio del film Le mura di Malapaga, e pochi più di noi possono apprezzarne la disinvolta drammaticità: ci sono denti ormai che sostituiscono le Erinni nella letteratura del rimorso e della colpa e si accontentano di un paio di pinze usate. Il dente che Jean Gabin si fa togliere a Genova, appena sbarcato clandestinamente da una nave da carico, è certo tra i più cariati, si sente che ha fatto le sue dure esperienze nei film di Duvivier e di Carné, che conosce la Casbah, la legione straniera, la periferia industriale di Parigi, i moli di Le Havre, il naturalismo zoliano e mastica un po’ di esistenzialismo”.

(Ennio Flaiano)

“Clément si confronta con il melò e unisce l'interesse per il contesto storico e sociale in epoca di guerra tipico del cineasta con la lezione del realismo poetico francese degli anni trenta e il neorealismo italiano. Suso Cecchi d'Amico e Cesare Zavattini figurano tra gli sceneggiatori (con il produttore Alfonso Guarini, marito di Isa Miranda) di questo curioso ibrido che fa coesistere temi come la gelosia, l'amore impossibile e la beffarda imprevedibilità del destino con una interessante valorizzazione del paesaggio come specchio di un'umanità tanto seducente quanto minacciosa e sempre pronta a rivelare i lati peggiori del proprio essere. Ottima la prova dei due protagonisti che si rivelano sorprendentemente complementari e ambedue scelte decisamente azzeccate. Un prodotto che oggi può sembrare un po' superato, benché mantenga un notevole fascino e una cura formale davvero impeccabile. Premio al Festival di Cannes per la miglior regia e per la migliore interpretazione femminile a Isa Miranda e Oscar come miglior film straniero”.

(Long Take)

“Il film “Le mura di Malapaga” è un gioiellino francese di cinema neorealista tra il noir e il sentimentale d’antan, diretto da René Clément, vincitore addirittura dell’Oscar come miglior film straniero, interpretato dalla star dell’epoca Jean Gabin. Ma la vera protagonista del film è la città che fa da scenario alla trama, una Genova da poco uscita dalla guerra, bombardata, ancora tutta da ricostruire. Una nutrita serie di cartoline in bianco e nero, una delle poche e rare testimonianze visive di una città che - almeno parzialmente - non c’è più. Il porto, con le mura da cui è tratto il titolo parte dell’antica cinta che da porta Siberia si estendeva fino a Piazza Cavour. Le vie strette e buie del centro storico, sì, i caruggi, ancora fitti di botteghe, teatro di vita per comparse vere, i genovesi sopravvissuti alla guerra. Facce da neorealismo e lineamenti di gente che ha sofferto e che, in Italia, non si sarebbero mai più riviste. Gli interni delle case traboccanti di sfollati, tra cui una giovane Ave Ninchi, bambini chiassosi e pronti a riappropriarsi degli spazi che la storia aveva negato ai loro genitori. A contrasto, qualche vista sui palazzi borghesi di Castelletto, quelli a metà delle vie in salita con il doppio ingresso, dal portone e dal tetto tramite passerella dalla strada sovrastante. Un bel film, e un bel carico di tensione da spendersi in estate, quando il bianco e nero ridimensiona l’orgia di colori della bella stagione, la calma piatta dell’interno con tv accesa e contorno di ansia da ignoto attutisce il chiasso del divertimento forzato là fuori, la bulimia di contatto virtuale e la psicosi dell’always on diventano risibili capricci, paragonati al bisogno quotidiano e imprevedibile di una società, quella del dopoguerra, ancora in fase di ridefinizione”.

 

Una poesia al giorno

Don Chisciotte, di Antonia Pozzi, Milano 1912-1938

I

Sulla città
silenzi improvvisi.

Varchi
con un sorriso indefinibile
i confini:
sai le spine di tutte le siepi.

E vai,
oltre i fiati caldi degli uomini,
il sonno dopo gli amori,
l’affanno e la prigionia.

Su la petraia che è azzurra
come le corolle del lino,
liberata
canti correndo:

ma chiudi gli occhi
se in fondo al cielo
le ali bianche dei mulini
si dilacerano
al vento.

21 febbraio 1935

II

Fioche
dalla terra brulla
ti giungono
grida atterrite:

mentre seguita
su l’ala immensa
a rotare
la tua crocefissione.

 

Un fatto al giorno

29 giugno 1974: Isabel Perón è la prima presidentessa dell'Argentina. Isabel Martínez de Perón, nata María Estela Martínez Cartas e soprannominata Isabelita (La Rioja, 4 febbraio 1931), è una politica argentina e terza moglie di Juan Domingo Perón alla cui morte succedette nel 1974 nella carica di presidente della Repubblica argentina. Fu l'ultima presidente del Paese prima del colpo di Stato del 1976 a seguito del quale fu deposta da una giunta militare che instaurò una dittatura destinata a durare fino al 1982. Durante la dittatura in Argentina riparò in esilio nel 1981 in Spagna, Paese in cui vive tuttora e che ha respinto una richiesta del governo argentino, dopo il ritorno alla democrazia, di estradizione motivata dall'accusa di crimini commessi quando ella era in carica.

 

Una frase al giorno

"Chi non si muove non può rendersi conto delle proprie catene"

(Rosa Luxemburg)

“Solo estirpando alla radice la consuetudine all'obbedienza e al servilismo, la classe lavoratrice acquisterà la comprensione di una nuova forma di disciplina, l'autodisciplina, originata dal libero consenso.”

 

Un brano al giorno

Demis Roussos, "We shall dance" (1971). 

Demis Roussos

WE SHALL DANCE

We shall dance, we shall dance
The day we get a chance
To pay off all the violins of the ball
We shall dance, we shall dance
The day we get a chance
To get a dime to buy back our souls
We shall dance, we shall sing
My dear love, O my spring
My love good days will come
You'll see the corn will grow in spring
My spring time
My spring time
We shall dance, we shall dance
The day we get a chance
To pay off all the violins of the ball
We shall dance, we shall stay
With the children at play
Lord I swear when the time comes, we'll pray
We shall dance, we shall sing
my dear love, O my spring
My love you'll have a house
With roof and walls
Fire with coal
My soul, my soul
We shall dance, we shall dance
The day we get a chance
To pay off all the violins of the ball
We shall dance, we shall dance

The day we get a chance
To get a dime to buy back our souls

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org