“L’amico del popolo”, 30 maggio 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

THE IRON HORSE (USA, 1924), regia di John Ford. Sceneggiatura: Charles Kenyon, Charles Darnton. Fotografia: George Schneiderman, Burnett Guffey. Con: George O'Brien (Davy Brandon), Madge Bellamy (Miriam Marsh), Charles Edward Bull (Abraham Lincoln), Cyril Chadwick (Peter Jesson), Will Walling (Thomas Marsh), Francis Powers (Sergente Slattery), J. Farrell MacDonald (Caporale Casey), Jim Welch (Soldato Schultz), Georg Waggner ('Buffalo Bill'), Fred Kohler (Deroux), James A. Marcus (Giudice Haller), Gladys Hulette (Ruby), Colin Chase (Tony), Chief John Big Tree (Capo Cheyenne), Thomas Durant (Jack Ganzhorn), James Gordon (David Brandon Sr.), Charles O'Malley (Maggiore Norton), Edward Peil Sr. (Wild Bill Hickok), Walter Rodgers (Generale Dodge), Chief White Spear (Capo Sioux), Francis Teague (Polka Dot), Stanhope Wheatcroft (John Hay).

Un ingegnere che sogna di costruire ferrovie viene ucciso, nel 1853, da un bandito alleato con gli indiani. Nel 1862 Lincoln dà il via alla costruzione della ferrovia. Il figlio dell'ingegnere si unisce all'impresa, aiuta un ingegnere amico del padre, si innamora della figlia di questi, vendica il padre e respinge, assieme agli operai, l'attacco degli indiani. Le locomotive "Jupiter" e "116" cominciano la traversata del West.
Nel 1862 Abramo Lincoln dà il via alla costruzione della ferrovia, che collegherà la costa atlantica alla California. Nove anni prima, un ingegnere che tentava l'impresa era stato assassinato. Tra mille vicissitudini e dopo una grande battaglia contro gli indiani, il progetto viene finalmente portato a termine. Un John Ford non ancora trentenne eleva, col suo primo western, un monumento ai costruttori delle ferrovie e anche al presidente Lincoln, non senza qualche eccesso di retorica. Il film è un vero e proprio "kolossal" di grande efficacia spettacolare.

“(...) Sicuramente (Ford) ritornò con grande gioia alle pianure e alle montagne del West per l'epica avventura del Cavallo d'acciaio, il suo primo film su un episodio della storia americana e il suo primo tributo a Lincoln, personaggio verso il quale dimostrava una certa affinità. Il film è banalmente appesantito con la storia di un torto da vendicare: un giovane corriere del Pony Express riesce a sventare i piani di un rapace latifondista che trama per ritardare la costruzione della ferrovia transcontinentale, vendicando così l'assassinio del padre e conquistando la sua bella... Non sembra che Ford si sia posto troppi problemi di fronte a questa storia trita e spesso noiosa, la trattò invece con assoluta convinzione. Ma la forza del Cavallo d'acciaio sta nel senso poetico della Storia, nella visione di una nazione che nasce unificando un continente, nella realizzazione del sogno di grandi uomini grazie al coraggio e alla tecnica, alle sofferenze e al lavoro di una moltitudine di gente comune. E la tremenda forza di questo affresco appassionato ci colpisce anche oggi: le turbolente città che crescono intorno ai cantieri della ferrovia, gli avventurieri e le ragazze nei bar e nei bordelli, la giustizia sommaria nel tribunale-saloon del giudice Haller, il buonumore degli operai, la ferocia degli indiani, le locomotive che avanzano su terreni impervi, le città sradicate e trasportate al seguito degli uomini che la ferrovia spinge a Ovest. Una nazione si espande e cresce davanti ai nostri occhi, come in quei documentari accelerati di piante che germogliano, crescono, fioriscono e maturano a vista d'occhio. E il tema epico non è affidato alla retorica delle cronache ufficiali o agli eccessi del melodramma, ma prende forma dalla consapevolezza che la grande impresa è opera di singoli individui. È la percezione della singolarità dell'uomo, che sembra essere stata fin dall'inizio alla radice della sua ispirazione e che conferirà sempre alle sue storie un'intensità e una verità particolari - un volto colto in mezzo alla folla, il lamento di una donna che evoca un mondo di tragedie, una morte che ne richiama molte altre. La notte prima della cerimonia per la fine dei lavori, Davy, il giovane eroe, cammina solitario fino all'ultimo tratto di ferrovia, dove si sono saldate le linee della Union & Western Pacific. "Quella notte se ne sta in disparte e contempla la realizzazione del sogno di suo padre". E mentre il giovane eroe guarda il punto in cui i binari si sono congiunti, noi siamo partecipi dei suoi sentimenti. La sequenza ricorda quella della decisione finale di Harry in Straight Shooting e prelude a tanti altri eroi e eroine fordiani che ci faranno sentire l'importanza del momento in cui si confrontano in silenzio con il proprio destino”.

(Lindsay Anderson, "John Ford", Ubulibri, 1985)

“Nel 1853 un ingegnere che sogna di progettare e costruire ferrovie viene ucciso da un bandito alleatosi con gli indiani. Nove anni dopo, nel 1862, Abramo Lincoln dà il via alla costruzione della strada ferrata. All'impresa partecipa anche il figlio dell'ingegnere, coadiuvato da un amico del padre e dalla figlia di questi, della quale il protagonista si innamorerà. Il giovane riuscirà a compiere la sua vendetta, e, con l'aiuto degli operai respingerà l'attacco degli indiani alla ferrovia. Due locomotive, la «Jupiter» e la «116», inizieranno così ad attraversare il West. Esaltazione di quell'America pionieristica e rinnovatrice tanto cara a Ford, questo film, ancora appartenente all'epoca del muto, è il documento incontestabile di un'era, e dell'ansia di scoperta che dominò gli animi e gli intenti di ognuno verso la metà del secolo scorso. Inoltre, vi si trovano più o meno nascosti molti riferimenti al folklore irlandese ed alle «radici» del regista, sempre legato alla sua terra d'origine da una grande, malcelata nostalgia, superata però dalla coscienza che la pura componente etnica fu una delle basi per la costruzione dì un grande, leggendario Paese”.

(Domenico Malan, "Storia illustrata del cinema western", Anthropos, 1984)

THE IRON HORSE (USA, 1924), regia di John Ford

 

Una poesia al giorno

Alla stazione in una mattina d’autunno, di Giosuè Carducci

Oh quei fanali come s’inseguono
accidïosi là dietro gli alberi,
tra i rami stillanti di pioggia
sbadigliando la luce su ’l fango!

Flebile, acuta, stridula fischia
la vaporiera da presso. Plumbeo
il cielo e il mattino d’autunno
come un grande fantasma n’è intorno.

Dove e a che move questa, che affrettasi
a’ carri foschi, ravvolta e tacita
gente a che ignoti dolori
o tormenti di speme lontana?

Tu pur pensosa, Lidia, la tessera
al secco taglio dài de la guardia,
e al tempo incalzante i begli anni
dài, gl’istanti gioiti e i ricordi.

Van lungo il nero convoglio e vengono
incappucciati di nero i vigili ,
com’ombre; una fioca lanterna
hanno, e mazze di ferro: ed i ferrei

freni tentati rendono un lugubre
rintócco lungo: di fondo a l’anima
un’eco di tedio risponde
doloroso, che spasimo pare.

E gli sportelli sbattuti al chiudere
paion oltraggi: scherno par l’ultimo
appello che rapido suona:
grossa scroscia su’ vetri la pioggia.

Già il mostro, conscio di sua metallica
anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei
occhi sbarra; immane pe ’l buio
gitta il fischio che sfida lo spazio.

Va l’empio mostro; con traino orribile
sbattendo l’ale gli amor miei portasi.
Ahi, la bianca faccia e ’l bel velo
salutando scompar ne la tenebra.

O viso dolce di pallor roseo,
o stellanti occhi di pace, o candida
tra’ floridi ricci inchinata
pura fronte con atto soave!

Fremea la vita nel tepid’aere,
fremea l’estate quando mi arrisero:
e il giovine sole di giugno
si piacea di baciar luminoso

in tra i riflessi del crin castanei
la molle guancia: come un’aureola
piú belli del sole i miei sogni
ricingean la persona gentile.

Sotto la pioggia, tra la caligine
torno ora, e ad esse vorrei confondermi;
barcollo com’ebro, e mi tócco,
non anch’io fossi dunque un fantasma .
Oh qual caduta di foglie, gelida,
continua, muta, greve, su l’anima!
io credo che solo, che eterno,
che per tutto nel mondo è novembre.

Meglio a chi ’l senso smarrì de l’essere,
meglio quest’ombra, questa caligine:
io voglio io voglio adagiarmi
in un tedio che duri infinito.

 

Un fatto al giorno

30 maggio 1635: viene stipulata la Pace di Praga, durante la Guerra dei Trent'anni, tra l'imperatore del Sacro Romano Impero Ferdinando II d'Asburgo e gli stati protestanti dell'Impero. Essa pose termine alla guerra civile tra gli stati tedeschi anche se quest'ultima, nei fatti, proseguì a causa dei successivi interventi francese e svedese che avrebbero turbato nuovamente l'impero, solo temporaneamente pacificato dal trattato. Giovanni Giorgio di Sassonia e Ferdinando II, principali artefici dell'accordo, vennero tanto da parte cattolica, quanto da parte protestante, fortemente biasimati. I protestanti lamentavano il fatto che la loro condizione fosse stata limitata, anche in considerazione della mancata concessione delle libertà religiose agli stati austriaci, mentre i cattolici contestarono il fatto che i soggetti protestanti fossero stati trattati, a parer loro, in modo troppo indulgente e riguardoso. Ma, la condanna dei cattolici riguardava il significato della pace in sé, la quale avrebbe nuociuto agli interessi della Chiesa di Roma perché concedeva il possesso dei beni ecclesiastici ai protestanti per un periodo di quarant'anni. Giovanni Giorgio fu fortemente accusato di fare offesa alle libertà protestanti.

 

Una frase al giorno

“Contro la stupidità gli stessi dei lottano invano”

(Friedrich Schiller)

Friedrich Schiller

 

Un brano al giorno

Drive By”, dei Train.

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org