“L’amico del popolo”, 31 maggio 2021

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno V. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

AMBUSH AT CIMARRON PASS (L'urlo di guerra degli Apaches, US, 1958), regia di Jodie Copelan. Prodotto da Herbert E. Mendelson. Scritto da John K. Butler, Richard G. Taylor. Basato sulla storia di Robert A. Reeds, Robert E. Woods. Musica di Paul Sawtell, Bert Shefter. Fotografia John M. Nickolaus Jr.

Cast: Scott Brady nel ruolo del sergente Matt Blake. Margia Dean come Teresa Santos. Clint Eastwood come Keith Williams. Irving Bacon come giudice Stanfield. Frank Gerstle come Capt. Sam Prescott. Ray Boyle come Johnny Willows (annunciato come Dirk London). Baynes Barron come Corbin il Gunrunner. William Vaughn come Henry l'Esploratore. Ken Mayer come caporale Schwitzer. John Damler come privato Zach. Keith Richards come privato Lasky. John Frederick come privato Nathan (fatturato come John Merrick).

Nel territorio popolato dagli Apaches un pugno di uomini cerca di raggiungere il forte più vicino, rischiando cento volte la pelle. Li comanda un duro sergente che ha un carico d'armi da portare a destinazione. Tuttavia le distruggerà per non farle cadere nelle mani dei pellirosse.

La guerra di secessione è finita da due anni. Un drappello di soldati a cavallo sta attraversando il territorio Apache, diretto a Fort Waverly. Devono scortare un prigioniero, un trafficante di armi, e consegnarlo alla Giustizia. Stanno trasportando anche le armi sequestrate al prigioniero, ben 36 fucili a ripetizione Henry; tuttavia gli Apaches sono sulle loro tracce perché interessati alle nuove armi. Lungo la strada incontrano un gruppo di mandriani texani a cui gli indiani hanno rubato il bestiame. I mandriani sono ex-soldati sudisti e inevitabilmente scoppiano dei litigi, in particolare con un giovane molto “focoso” (Clint Eastwood). Messi da parte i contrasti, decidono per motivi di sicurezza, di proseguire insieme il viaggio verso Fort Wavely.

Durante la notte, due indiani si avvicinano al bivacco e liberano una prigioniera bianca. Tutto questo però, fa parte di un piano: quando i soldati si distraggono e si avvicinano per soccorrere la donna, gli Apaches rubano loro tutti i cavalli.

Adesso si trovano in una brutta situazione: senza cavalli, lontani 7-8 giorni dal Forte, senza cibo né acqua e con il fardello dei fucili che non devono essere abbandonati agli indiani. Non resta loro che proseguire il lungo e pericoloso cammino, respingendo i continui assalti degli Apaches usando i fucili sequestrati.

Questo film fu importante per la carriera del giovane Clint Eastwood perché gli procurò la prima notorietà e le prime recensioni favorevoli. Clint lo considerò "il peggior film mai fatto".

 

 

Un regista attore: Clint Eastwood

“Clinton Eastwood Jr. (San Francisco, 31 maggio 1930) è un attore, regista, produttore cinematografico e compositore statunitense. Vincitore due volte del Premio Oscar per la miglior regia, uno alla memoria Irving G. Thalberg e due come miglior film, 1 Premio César, 6 Golden Globe e 4 David di Donatello, Eastwood è una delle figure più celebri e rappresentative della cinematografia mondiale.

Debutta sul grande schermo nel 1955 partecipando in ruoli secondari a numerose pellicole, mentre il primo ruolo da protagonista assoluto arriverà nel 1959 sul set della serie televisiva Gli uomini della prateria; la vera popolarità tuttavia nascerà anni dopo in Italia, quando Sergio Leone lo scelse come protagonista della trilogia del dollaro con le pellicole Per un pugno di dollari (1964), Per qualche dollaro in più (1965) e Il buono, il brutto, il cattivo (1966), capostipite del genere spaghetti-western di cui Eastwood divenne l'interprete principale, col ruolo del freddo Uomo senza nome.

Al ritorno in patria, ha proseguito la carriera nel genere western con film come Impiccalo più in alto, Lo straniero senza nome, Il texano dagli occhi di ghiaccio, Il cavaliere pallido, mentre la definitiva consacrazione giungerà nel 1971 col poliziesco Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!, primo capitolo della saga dedicata a Harry Callaghan, proseguita con altri quattro capitoli nel 1973, 1976, 1983, 1988; con questo film Eastwood si consacrò all'ambiente hollywoodiano col personaggio dell'antieroe duro, burbero scontroso, costantemente inviso per i suoi metodi spicci ai suoi superiori, che tentano continuamente di declassarlo o licenziarlo, che riprenderà con molte similitudini anche in pellicole successive come L'uomo nel mirino, Gunny e Nel centro del mirino.

Spesso sottovalutato dalla critica cinematografica, che ne deprimeva le doti recitative, una prima rivalutazione avverrà in seguito con pellicole più impegnate come Fuga da Alcatraz, e in definitiva nel 1992 col celebre Gli spietati, western diverso dai canoni che lo resero famoso negli anni Sessanta, e vincitore di 4 Oscar. Parallelamente all'attività attoriale, fa eco quella di regista, iniziata nel 1971 con Brivido nella notte, e proseguita con successo negli anni successivi; a partire dagli anni duemila la carriera di regista ha preso il sopravvento su quella d'attore, con pellicole pluripremiate come Million Dollar Baby, Mystic River, American Sniper e che si è fatta sempre più personale col passare degli anni, in particolare con opere come Gran Torino e Hereafter.

Il suo interesse per il cinema biografico, iniziato già nel 1988 con il film Bird, dove raccontava la vita del famoso sassofonista Jazz Charlie "Bird" Parker, è ripreso dal 2011 con i film J. Edgar, incentrato sulla figura dell'ex capo dell'FBI John Edgar Hoover, Jersey Boys, basato sulla vera storia del gruppo blues The Four Seasons, American Sniper, incentrato sull'autobiografia del militare Chris Kyle, Sully, basato sull'autobiografia del pilota Chesley Sullenberger, Il corriere - The Mule, basato sugli ultimi anni di vita di Leo Sharp, corriere per il cartello di Sinaloa e Richard Jewell, incentrato sulla vera storia dell'omonima guardia di sicurezza…

Gli anni duemiladieci

Dopo questo grande periodo di successo, vive un periodo di gloria grazie ai successi come critica e botteghino, sia dai film da lui interpretati che da quelli solamente diretti.

Nel 2010 dirige Hereafter che ha nuovamente Matt Damon fra i protagonisti, ed è incentrato sul tema della morte e rappresenta il primo thriller soprannaturale facente parte della filmografia del cineasta. Il film ebbe un budget di 50 milioni di dollari guadagnando al botteghino poco più di 100 milioni ed è stato candidato agli Oscar 2011, nella categoria migliori effetti speciali, ed Eastwood vince per la terza volta il David di Donatello per il miglior film straniero.

Pur di avere nel cast Damon (al tempo impegnato con le riprese di I guardiani del destino), modificò il piano di produzione in modo che l'attore fosse libero per girare Hereafter. Inoltre, a causa dello tsunami abbattutosi in Giappone, venne ritirato dalle sale cinematografiche del paese, dato che la scena iniziale si apriva appunto con uno tsunami.

L'anno seguente collabora con Dustin Lance Black, lo sceneggiatore vincitore del premio Oscar alla migliore sceneggiatura originale nel 2009 per Milk, alla realizzazione di J. Edgar, film biografico dedicato al direttore dell'FBI John Edgar Hoover. La pellicola affronta le fasi più importanti di come Hoover, interpretato da Leonardo DiCaprio, modifica radicalmente il metodo e i mezzi investigativi dell'FBI, a partire dagli attentati attentati di matrice anarco-comunista nel 1919. L'intero film presenta continui flashback, che danno vita alla narrazione dell'anziano Hoover. Il personaggio è descritto come un giovane il cui unico scopo della vita è fare carriera, mettendo tutto il resto in secondo piano, inclusa la sua vita privata e la relazione affettiva con Clyde Tolson, interpretato da Armie Hammer, che gli sarà accanto fino al giorno della sua morte nel 1972.

Nel 2012, all'età di 82 anni, torna davanti alla macchina da presa, nel film Di nuovo in gioco, diretto dall'amico e suo storico produttore Robert Lorenz. È anche il primo film in cui recita senza dirigere fin da Nel centro del mirino (1993), pur occupandosi comunque della produzione. Il 20 giugno 2014 esce nelle sale Jersey Boys, di cui firma la regia, basato sulla storia del gruppo musicale The Four Seasons e del suo esponente principale Frankie Valli. Il film ha ottenuto un buon successo al botteghino ed è stato accolto molto bene dalla critica nazionale e internazionale.

Il 25 dicembre 2014 è uscito il suo 38° film da regista: American Sniper, basato sulla vita dell'ex membro delle Navy SEAL Chris Kyle, che presenta tra i protagonisti Bradley Cooper e Sienna Miller. Il film è stato candidato a sette Premi Oscar, vincendone uno per il miglior montaggio sonoro. Nel 2016, dirige il film Sully, con protagonista Tom Hanks. La pellicola narra la storia del capitano del volo US Airways 1549 Chesley Sullenberger che, il 15 gennaio 2009, fu costretto ad effettuare un eroico ammaraggio sul fiume Hudson, a causa di uno scontro con uno stormo di uccelli che causò la rottura di due motori, con il quale salvò la vita a 150 passeggeri e ai 5 membri dell'equipaggio.

Nel 2018 dirige Ore 15:17 - Attacco al treno che racconta la storia dell'attacco terroristico al treno Thalys del 21 agosto 2015. A recitare nel film non ha scelto attori professionisti, ma gli stessi militari che hanno sventato l'attacco. Nello stesso anno, torna a lavorare davanti alla macchina da presa con il film Il corriere - The Mule, da lui diretto e prodotto. Nella pellicola interpreta l'ottantenne Earl Stone, un uomo che accetta la proposta di lavoro di guidare un'auto fino in Messico, ma aprendo il bagagliaio vi trova, a sua insaputa, un carico di droga. L'anno successivo dirige Richard Jewell, storia vera tratta dall'articolo American Nightmare: The Ballad of Richard Jewell di Marie Brenner. Narra le vicende di una guardia di sicurezza che evitò l'esplosione di una bomba durante le olimpiadi di Atlanta nel 1996, ma fu sospettato dall'FBI come presunto terrorista e fu diffamato dalla stampa e dall'opinione pubblica, fatti che cambiarono per sempre la sua vita professionale e privata.”

(Articolo completo in wikipedia.org)

 

Una poesia al giorno

Legend, di Judith Wright

The blacksmith's boy went out with a rifle
and a black dog running behind.
Cobwebs snatched at his feet,
rivers hindered him,
thorn-branches caught at his eyes to make him blind
and the sky turned into an unlucky opal,
and he didn't mind.
I can break branches, I can swim rivers, I can stare out any
spider I meet,
said he to his dog and his rifle.

The blacksmith's boy went over the paddocks
with his old black hat on his head.
Mountains jumped in his way,
rocks rolled down on him,
and the old crow cried, «You'll soon be dead.»
And the rain came down like mattocks.
But he only said
I can climb mountains, I can dodge rocks, I can shoot an old
crow any day,
and he went on over the paddocks.

When he came to the end of the day the sun began falling.
Up came the night ready to swallow him,
like the barrel of a gun,
like an old black hat,
like a black dog hungry to follow him.
Then the pigeon, the magpie and the dove began wailing
and the grass lay down to pillow him.
His rifle broke, his hat blew away and his dog was gone
and the sun was falling.

But in front of the night the rainbow stood on the mountain,
just as his heart foretold.
He ran like a hare,
he climbed like a fox;
he caught it in his hands, the colours and the cold -
like a bar of ice, like the column of a fountain,
like a ring of gold.
The pigeon, the magpie and the dove flew up to stare,
and the grass flew up again on the mountain.

The blacksmith's boy hung the rainbow on his shoulder
instead of his broken gun.
Lizards ran out to see,
snakes made way for him,
and the rainbow shone as brightly as the sun.
All the world said, Nobody is braver, nobody is bolder,
nobody else has done
anything to equal it. He went home as bold as he could be
with the swinging rainbow on his shoulder.

 

Leggenda (traduzione in lapoesiaritrovata.wordpress.com)

Il garzone del fabbro uscì con una carabina
e con un cane nero che gli correva dietro.
Ragnatele gli invischiarono i piedi,
fiumi l’ostacolarono,
rami spinosi gli si avventarono agli occhi per accecarlo,
e il cielo diventò un infausto opale,
ma lui non ci badò.
«I rami li so rompere, so passare i fiumi a nuoto, neutralizzare
con lo sguardo qualunque ragno sulla mia strada»,
disse al cane e al fucile.

Il garzone del fabbro si diresse verso i recinti
con il vecchio cappello nero in testa.
Montagne gli sbarrarono il cammino,
rocce gli franarono addosso,
e il vecchio corvo gracchiò: «Presto morirai».
E la pioggia venne giù a barili.
Ma lui disse soltanto:
«Le montagne le so scalare, le rocce le so scansare, so sparare
a un vecchio corvo in qualunque momento»,
e proseguì verso i recinti.

Come fu giunto alla fine del giorno, il sole cominciò a tramontare,
la notte scaturì, pronta a ingoiarlo,
come una canna di fucile,
come un vecchio cappello nero,
come un avido cane nero alle sue calcagna.
Poi il piccione, la gazza, la colomba cominciarono a gemere,
e l’erba si piegò per fargli da cuscino.
Gli si spezzò il fucile, gli volò via il cappello, il cane era sparito,
e il sole tramontava.

Ma davanti alla notte si stagliò l’arcobaleno sulla montagna,
proprio come il suo cuore presentiva.
Corse come una lepre,
si arrampicò come una volpe;
lo prese con le mani, coi suoi colori e il freddo -
come una sbarra di ghiaccio, un getto di fontana,
come un anello d’oro.
Il piccione, la gazza e la colomba si alzarono in volo a
contemplarlo,
e l’erba si rialzò sulla montagna.

Il garzone del fabbro si mise in spalla l’arcobaleno
al posto del fucile rotto.
Le lucertole uscirono a vedere,
i serpenti gli fecero largo, e l’arcobaleno
rifulse risplendente come il sole.
E il mondo disse: «Nessuno è più prode, nessuno più baldo,
nessun altro ha fatto
nulla di simile». Lui tornò a casa al colmo della baldanza,
con l’oscillante arcobaleno in spalla.
 

Judith Arundell Wright (31 maggio 1915 - 25 giugno 2000) poetessa, ambientalista e attivista australiana per i diritti fondiari degli aborigeni. Ha ricevuto il Christopher Brennan Award. Ha ricevuto l'Australian National Living Treasure Award nel 1998.

Judith Wright è nata ad Armidale, nel Nuovo Galles del Sud. Figlia maggiore di Phillip Wright e della sua prima moglie, Ethel, ha trascorso la maggior parte dei suoi anni formativi a Brisbane e Sydney. Wright era originaria della Cornovaglia. Dopo la morte prematura di sua madre, visse con sua zia e poi si iscrisse alla New England Girls' School dopo il nuovo matrimonio di suo padre nel 1929. Dopo la laurea, Wright studiò filosofia, inglese, psicologia e storia all'Università di Sydney. All'inizio della seconda guerra mondiale, lavorò con suo padre per aiutare durante la carenza di manodopera causata dalla guerra.

Il primo libro di poesie di Wright, The Moving Image, fu pubblicato nel 1946 mentre lavorava all'Università del Queensland come addetta alla ricerca. In seguito, ha anche lavorato con Clem Christesen alla rivista letteraria Meanjin, la cui prima edizione fu pubblicata alla fine del 1947. Nel 1950 si trasferì a Mount Tamborine, nel Queensland, con il romanziere e filosofo astratto Jack McKinney. Nello stesso anno nacque la loro figlia Meredith. Si sposarono nel 1962, ma Jack vivrà solo fino al 1966.

Nel 1966 pubblicò The Nature of Love, la sua prima raccolta di racconti, per Sun Press, Melbourne. Ambientati principalmente nel Queensland, includono "The Ant-lion", "The Vineyard Woman", "Eighty Acres", "The Dugong", "The Weeping Fig" e "The Nature of Love", tutti pubblicati per la prima volta su The Bulletin. Wright è stata nominata per il Premio Nobel per la letteratura 1967.

Con David Fleay, Kathleen McArthur e Brian Clouston, Wright è stata un membro fondatore e, dal 1964 al 1976, presidente della Wildlife Preservation Society of Queensland. È stata la seconda australiana a ricevere la Queen's Gold Medal for Poetry, nel 1991. 

Fece parte dell'Unione dei Poeti. Negli ultimi tre decenni della sua vita, ha vissuto vicino alla città di Braidwood, nel New South Wales. Si è trasferita nell'area di Braidwood per essere più vicina a H. C. "Nugget" Coombs, suo amante per 25 anni, che viveva a Canberra. Ha iniziato a perdere l'udito verso i vent'anni ed è diventata completamente sorda nel 1992. Judith Wright è morta a Canberra il 25 giugno 2000, all'età di 85 anni.

Judith Wright è stata autrice di diverse raccolte di poesie, tra cui The Moving Image, Woman to Man, The Gateway, The Two Fires, Birds, The Other Half, Magpies, Shadow, Hunting Snake, tra gli altri.

Il suo lavoro è noto per una forte attenzione all'ambiente australiano, che ha iniziato a guadagnare importanza nell'arte australiana negli anni successivi alla seconda guerra mondiale. Si occupa del rapporto tra coloni, indigeni australiani e la boscaglia, tra gli altri temi. L'estetica di Wright è incentrata sul rapporto tra l'uomo e l'ambiente, che lei vede come il catalizzatore della creazione poetica. Le sue immagini attingono caratteristicamente alla flora e alla fauna australiane, ma contengono un substrato mitico che sonda il processo poetico, i limiti del linguaggio e la corrispondenza tra esistenza interiore e realtà oggettiva.

Le sue poesie sono state tradotte in diverse lingue, tra cui italiano, giapponese e russo Insieme a Brendan Kennelly, è la poetessa più rappresentata in The Green Book of Poetry, una grande antologia di Ecopoetry di Ivo Mosley (Frontier Publishing 1993), che è stata pubblicata da Harper San Francisco nel 1996 come Earth Poems: Poems from Around the World Onora la Terra.

Nel 2003, la National Library of Australia ha pubblicato un'edizione ampliata della collezione di Wright intitolata Birds. La maggior parte di queste poesie sono state scritte negli anni '50 quando viveva a Tamborine Mountain nel sud-est del Queensland.

Meredith McKinney, la figlia di Wright, scrive che sono stati scritti in "un tempo prezioso e caro, di calore e generosità, per controbilanciare finalmente i suoi primi anni, fatti di gelida penuria e difficoltà". McKinney continua dicendo che "molte di queste poesie hanno un tono e un ritmo rilassati, quasi colloquiali, una disinvoltura spesso umoristica e un'intimità di voce che sicuramente riflette le nuove intimità e le gioie della sua vita". Nonostante la gioia riflessa nelle poesie, tuttavia, esse esprimono anche "le esperienze di crudeltà, dolore e morte che sono inseparabili dalla vita degli uccelli come degli umani ... e [rivolgono] uno sguardo addolorato e chiaroveggente sul terribile danno che abbiamo fatto e continuiamo a fare al nostro mondo, anche se lo amiamo".

Wright era ben nota per la sua campagna a sostegno della conservazione della Grande Barriera Corallina e di Fraser Island. Con alcuni amici, ha contribuito a fondare uno dei primi movimenti per la conservazione della natura. Wright era anche una appassionata sostenitrice del movimento per i diritti fondiari aborigeni. Tom Shapcott, recensendo With Love and Fury, la sua raccolta postuma di lettere selezionate pubblicata nel 2007, commenta che la sua lettera su questo argomento al primo ministro australiano John Howard era "quasi brutale nel suo disprezzo". Poco prima della sua morte, ha partecipato a una marcia a Canberra per la riconciliazione tra gli australiani non indigeni e gli aborigeni.”

(Traduzione di Ugo Brusaporco da wikipedia.org)

 

Un fatto al giorno

31 maggio 1962: si dissolve la Federazione delle Indie Occidentali.

“La Federazione delle Indie Occidentali, nota anche come Indie Occidentali, era un’unione politica che ebbe breve durata, dal 3 gennaio 1958 al 31 maggio 1962.

La Federazione delle Indie Occidentali è stata una federazione tra colonie della corona britannica esistita dal 3 gennaio 1958 al 31 maggio 1962. Nota anche come Federazione delle Indie Occidentali Britanniche, comprendeva varie isole caraibiche.

Entrarono a far parte della Federazione:

  • le Isole Sopravento britanniche (ad eccezione delle Isole Vergini britanniche):
    • Dominica;
    • Grenada;
    • Grenadines;
    • Santa Lucia;
    • Saint Vincent;
  • Isole Sottovento britanniche:
    • Anguilla;
    • Antigua;
    • Barbuda;
    • Montserrat;
    • Nevis;
    • Saint Kitts.
  • Barbados;
  • Giamaica (a cui erano unite le Isole Cayman e le Isole Turks e Caicos);
  • Trinidad e Tobago. 

L'intenzione espressa della Federazione era quella di creare un'unità politica che sarebbe diventata indipendente dalla Gran Bretagna come un unico Stato, forse simile alla Confederazione canadese, al Commonwealth australiano o alla Federazione centrafricana. Prima che ciò potesse accadere, la Federazione è crollata a causa di conflitti politici interni su come sarebbe stata governata o avrebbe funzionato in modo sostenibile. La formazione di una Federazione delle Indie Occidentali è stata incoraggiata dal Regno Unito, ma richiesta anche dai nazionalisti delle Indie Occidentali.

I territori che sarebbero diventati parte della Federazione alla fine divennero i nove stati sovrani contemporanei di Antigua e Barbuda, Barbados, Dominica, Grenada, Giamaica, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, Saint Vincent e Grenadine e Trinidad e Tobago; con Anguilla, Montserrat, le Isole Cayman e le Isole Turks e Caicos che diventano territori britannici d'oltremare. La Guyana britannica (Guyana) e l'Honduras britannico (Belize) detenevano lo status di osservatori all'interno della Federazione delle Indie occidentali.

La popolazione totale della Federazione delle Indie Occidentali era compresa tra 3 e 4 milioni di persone, la maggior parte di origine nera dell'Africa occidentale. Le minoranze includevano indiani del subcontinente indiano (chiamati indiani orientali), europei, cinesi, arabi e caraibici. C'era anche una grande popolazione di discendenza mista (principalmente mulatti, ma anche afro-indiani, euro-indiani e misti-cinesi).

In termini di religione, la maggior parte della popolazione era protestante, con un numero significativo di cattolici e alcuni indù e musulmani (entrambi quasi esclusivamente della popolazione dell'India orientale).

La Federazione delle Indie Occidentali consisteva in circa 24 isole abitate principali e circa 220-230 isole minori al largo e isolotti (alcuni abitati, altri disabitati). L'isola più grande era la Giamaica, situata nell'estremo nord-ovest della Federazione. A sud-est si trova la seconda isola più grande, Trinidad, seguita da Barbados (in termini di popolazione), situata all'estremità orientale della Federazione.

La Federazione abbracciava tutti i gruppi di isole dei Caraibi:

  • Le Grandi Antille, con Giamaica, Isole Cayman, Isole Turks e Caicos
  • Le Piccole Antille, con Barbados, a est delle Isole Sopravvento
  • Isole Sottovento, con Antigua e Barbuda, Saint Christopher-Nevis-Anguilla e Montserrat
  • Isole Sopravento, con Dominica, Santa Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Grenada, Trinidad e Tobago.

Nel suo punto più ampio (da ovest a est), dalle Isole Cayman alle Barbados si estendeva per circa 2.425 chilometri (e su circa 22 gradi di longitudine) e dalle Isole Turks e Caicos a nord, fino a Icacos Point, Trinidad nel sud si estendeva per 1.700 chilometri (e su 12 gradi di latitudine).

Tuttavia, la maggior parte dell'area lungo una di queste distanze era occupata dal mare aperto (con l'eccezione di alcune delle altre isole che si trovano nel mezzo). In confronto, la Gran Bretagna si estende per quasi 10 gradi di latitudine e la Spagna si estende per quasi 20 gradi di longitudine. Anche se le Indie Occidentali erano sparse in un'area così vasta, la maggior parte delle sue province erano per lo più contigue e raggruppate abbastanza vicine tra loro nei Caraibi orientali, con le ovvie eccezioni della Giamaica, delle Isole Cayman e delle Isole Turks e Caicos.

La maggior parte delle isole ha interni montuosi circondati da strette pianure costiere. Le eccezioni erano Anguilla, Antigua, Barbuda, le Isole Cayman, le Isole Turks e Caicos (che sono tutte abbastanza piatte) e Trinidad (che ha una vasta catena montuosa a nord e una piccola catena montuosa centrale all'interno dell'altrimenti isola piatta). Le strette pianure costiere e il commercio storico sono la ragione principale per cui quasi tutti i principali insediamenti (città e paesi) della Federazione erano situati sulla costa. Le città principali includevano Kingston, Port of Spain, Bridgetown, Spanish Town, Montego Bay, Mandeville, Castries, Roseau, St. George's, Kingstown, St. John's e Basseterre.

Il clima in tutte le isole è tropicale, con clima caldo e umido, anche se le regioni interne delle isole maggiori hanno climi più temperati. Le regioni che si trovano all'interno delle ombre della pioggia (costa meridionali della Giamaica e Trinidad e coste orientali delle Piccole Antille) sono relativamente più secche. Ci sono due stagioni all'anno: la stagione secca per i primi sei mesi dell'anno e la stagione delle piogge (nota anche come stagione degli uragani) nella seconda metà dell'anno. Molte delle isole rientrano nella tradizionale fascia degli uragani, con l'eccezione di Trinidad (anche se occasionalmente si verificano uragani a bassa latitudine) e quindi sono a rischio di potenziali danni da vento e alluvioni.

La Gran Bretagna classificò la Federazione come parte della sua regione "Caraibi e Territori del Nord Atlantico" che era condivisa insieme ad altri possedimenti come le Bermuda.

La Federazione oggi è geograficamente considerata parte del continente nordamericano poiché tutte le sue isole si trovano all'interno e intorno ai Caraibi, anche se Trinidad si trova appena al largo del Sud America e si trova sulla stessa piattaforma continentale.

Storicamente nazioni "indiane occidentali" Le Bahamas, le Bermuda, il Belize, le Isole Vergini britanniche e la Guyana hanno scelto di non aderire perché credevano che il loro futuro fosse legato all'associazione con il Nord America (sia per le Bahamas che per le Bermuda), l'America centrale e il Isole Vergini americane.

La Guyana ha scelto di non aderire in quel momento a causa delle sue continue lotte politiche e interne per l'indipendenza dal Regno Unito, iniziate negli anni '50. In discussione c'era il neonato partito politico con inclinazioni socialiste, al culmine della guerra fredda. Aveva sperato di unirsi alla federazione una volta risolti i problemi.

Le Bahamas parteciparono ai Giochi della Federazione delle Indie Occidentali del 1960, con un futuro primo ministro delle Bahamas, Perry Christie, come atleta.

La Federazione era uno stato federale autogovernato internamente composto da dieci province, tutti possedimenti coloniali britannici. La federazione è stata creata dal Regno Unito nel 1958 dalla maggior parte delle Indie occidentali britanniche. La Gran Bretagna intendeva che la Federazione sarebbe presto diventata uno stato completamente indipendente, soddisfacendo così simultaneamente le richieste di indipendenza da tutte le colonie della regione. Tuttavia, il progetto fu condannato da litigi politici tra le province e la Federazione non raggiunse mai la piena sovranità.

La base legale per la federazione era il British Caribbean Federation Act 1956, e la data di formazione - 3 gennaio 1958 - è stata fissata da un Order in Council proclamato nel 1957.

Come per tutte le colonie britanniche del periodo, la regina Elisabetta II era il Capo di Stato e la Corona era investita dell'autorità legislativa per le questioni relative agli affari esecutivi, alla difesa e al finanziamento della Federazione. Il suo rappresentante, il primo barone Hailes, ricevette il titolo di Governatore generale piuttosto che quello di governatore più tipico di una colonia britannica. Il titolo potrebbe aver rispecchiato la natura federale dello stato o indicato le aspettative che la Federazione sarebbe presto diventata indipendente. Il Governatore generale aveva anche il pieno potere del governo britannico di porre il veto a qualsiasi legge approvata dalla Federazione.

Il Parlamento federale della Federazione delle Indie Occidentali era bicamerale, composto da un Senato nominato e da una Camera dei rappresentanti eletta dal popolo. Il Senato era composto da diciannove membri. Questi membri sono stati nominati dal Governatore generale, sentiti i rispettivi governi territoriali. Due membri rappresentavano ciascuna unità (con un solo di Montserrat). La Camera dei rappresentanti aveva 45 membri eletti in totale: la Giamaica aveva diciassette seggi, Trinidad e Tobago dieci seggi, Barbados cinque seggi, Montserrat un seggio e le restanti isole due seggi ciascuna. Il governo (esecutivo) era presieduto dal Governatore generale e composto dal Primo Ministro e da altri dieci funzionari.

La Federazione delle Indie Occidentali non aveva fonti di reddito indipendenti (basandosi invece su un prelievo obbligatorio sulle isole) e non stabilì alcun accordo su un'unione doganale, libero scambio e libera circolazione.

(…)

Molte ragioni sono state addotte per spiegare la fine della Federazione. Questi includono la mancanza di sostegno popolare locale, nazionalismo insulare in competizione, la debolezza del governo federale, divieti di tassazione federale e libertà di movimento, inadeguatezze nella costituzione federale, modifiche fondamentali apportate alla costituzione molto presto nella sua esistenza, faide politiche tra i leader influenti, la decisione dei tre politici più influenti di non partecipare alle elezioni federali, attrito tra questi leader e il governo federale, la schiacciante concentrazione di popolazione e risorse nelle due unità più grandi, distanza geografica e culturale tra le unità, la mancanza di una storia di amministrazione comune e l'impatto del periodo di autogoverno che seguì la promozione dal sistema delle colonie della corona.

Tuttavia, il catalizzatore immediato per lo scioglimento della Federazione fu il malcontento giamaicano. Nel 1961, c'erano una serie di ragioni per l'insoddisfazione della Giamaica per lo stato delle cose. Ad esempio, la quota dei seggi della Giamaica nel Parlamento Federale era inferiore alla sua quota della popolazione totale della Federazione. Si credeva che le isole minori sarebbero state un salasso per la ricchezza della Giamaica: i guadagni finanziari della bauxite dell'isola stavano iniziando ad arrivare, poi la Giamaica era piuttosto isolata in lontananza dalle altre isole. Inoltre, molti giamaicani erano scontenti per il fatto che Kingston non fosse stata scelta come capitale federale.

La ragione più importante dell'insoddisfazione giamaicana era il perdurare dello status coloniale della Federazione. La Giamaica si era unita alla Federazione perché i suoi leader avevano creduto che alle Indie Occidentali sarebbe stata concessa rapidamente l'indipendenza. A quasi tre anni dalla costituzione della Federazione ciò non era avvenuto; nel frattempo, colonie britanniche più piccole, come Cipro e Sierra Leone, avevano ottenuto l'indipendenza. Pertanto, molti giamaicani credevano che l'isola potesse e dovesse cercare l'indipendenza a pieno titolo.

C'erano anche problemi con la capitale proposta dalla Federazione a Chaguaramas, a quel tempo ancora nelle mani degli Stati Uniti (avendola affittata come base navale dal Regno Unito durante la seconda guerra mondiale). Molti dei leader provinciali dei Caraibi volevano che Chaguaramas fosse la capitale della Federazione. I leader provinciali come Norman Manley della Giamaica ed Eric Williams hanno spinto per la consegna di Chaguaramas alla Federazione dagli Stati Uniti. Tuttavia, gli Stati Uniti e il Regno Unito non erano d'accordo e il primo ministro della Federazione Grantley Adams ha impedito ai leader provinciali di ottenere Chaguaramas. Per molti giamaicani sembrava che la Federazione avrebbe quindi ostacolato il loro sviluppo e il movimento verso l'indipendenza.

Di conseguenza, il Jamaica Labor Party guidato da Bustamante (la componente locale del DLP delle Indie Occidentali) costrinse con successo Manley a tenere un referendum nel settembre 1961 sulla secessione politica dalla Federazione. È stato approvato, con il 54% dei voti, nonostante l'opposizione di Manley, all'epoca Primo Ministro della provincia. Lo stesso Manley perse le successive elezioni isolane nell'aprile 1962 e Bustamante divenne il primo Primo Ministro di una Giamaica indipendente il 6 agosto 1962.

Dopo la partenza della Giamaica, ci fu un tentativo di salvare una nuova federazione dalle macerie della vecchia. Molto è dipeso dal Premier Williams di Trinidad e Tobago, che in precedenza aveva dichiarato di volere una "federazione forte". In realtà, questi decise di portare Trinidad e Tobago all'indipendenza e fu incoraggiato a farlo dalla sua rielezione a leader di Trinidad il 4 dicembre 1961. Il 14 gennaio 1962, il Movimento nazionale del popolo (la componente Trinidad guidata da Williams del WIFLP) approvò una risoluzione che rifiutava qualsiasi ulteriore coinvolgimento con la Federazione. Trinidad e Tobago divennero indipendenti il 31 agosto 1962.

Senza Trinidad e Giamaica, i restanti "Little Eight" tentarono di salvare una qualche forma di Federazione delle Indie Occidentali, questa volta incentrata sulle Barbados. Tuttavia, questi negoziati alla fine si sono rivelati infruttuosi. Senza i suoi due stati più grandi, la Federazione era destinata all'insolvenza finanziaria. Barbados ora si rifiutava di assumersi l'onere finanziario, e Antigua e Grenada iniziarono a giocherellare con l'idea di fondersi rispettivamente con la Giamaica e Trinidad.

La Federazione delle Indie Occidentali è stata legalmente sciolta con un documento del 1962. Le restanti province "Little Eight" divennero ancora una volta colonie separate supervisionate direttamente da Londra, la maggior parte delle quali divenne indipendente in seguito, come segue:

  • Barbados nel 1966
  • Grenada 1974
  • Dominica 1978
  • Santa Lucia 1979
  • St Vincent e Grenadine 1979
  • Antigua e Barbuda 1981
  • Saint Kitts e Nevis 1983

Montserrat rimane un territorio d'oltremare del Regno Unito. Le Isole Cayman e le Isole Turks e Caicos erano state separate dalla Giamaica dopo l'indipendenza di quest'ultima nel 1962; Anguilla è stata separata da Saint Kitts e Nevis nel 1980. Tutti e tre rimangono anche territori del Regno Unito.”

(Traduzione di Ugo Brusaporco dall’articolo completo in wikipedia.org)

 

Una frase al giorno

“We are a feelingless people. If we could really feel, the pain would be so great that we would stop all the suffering. If we could feel that one person every six seconds dies of starvation... we would stop it. ... If we could really feel it in the bowels, the groin, in the throat, in the breast, we would go into the streets and stop the war, stop slavery, stop the prisons, stop the killing, stop destruction.”

(Siamo un popolo senza sentimenti. Se potessimo davvero sentire, il dolore sarebbe così grande che smetteremmo di soffrire. Se potessimo sentire che una persona ogni sei secondi muore di fame... lo fermeremmo. ... Se potessimo davvero sentirlo nelle viscere, nell'inguine, nella gola, nel petto, andremmo nelle strade e fermeremmo la guerra, fermeremmo la schiavitù, fermeremmo le prigioni, fermeremmo le uccisioni, fermeremmo la distruzione.)

Julian Beck (New York, 31 maggio 1925 - New York, 14 settembre 1985) attore, regista teatrale, poeta, pittore, saggista, attivista e anarchico statunitense.
 

“Perché vai a teatro?

Questa è la prima domanda che Julian Beck pone al pubblico durante Sette meditazioni sul sadomasochismo politico, spettacolo teatrale del 1973, ideato dal gruppo anarco-pacifista The Living Theatre, che si occupa di indagare i rapporti sociali di potere vittima-carnefice, sottomesso-dominatore.  Un teatro attivo, propulsivo e, come d’altronde lo stesso nome suggerisce, vivo; in grado di scuotere gli animi e attivare nell’individuo la necessità della bella rivoluzione anarchica non violenta.

Il Living Theatre, fondato da Julian Beck e Judith Malina, è uno dei più importanti esempi di teatro di ricerca 900esco. Attivo a New York dalla fine degli anni ’40 in poi, fonda la propria politica teatrale sull’idealismo anarchico non-violento. L’eredità di Caino, ciclo di spettacoli pensati per la strada o per luoghi extra-teatrali, di cui Sette Meditazioni fa parte, nasce dopo il periodo di carcere in Brasile dove il gruppo era stato condannato a seguito di alcune azioni teatrali nate in opposizione alla dittatura militare del tempo.

Ogni relazione umana, secondo Beck e Malina, vive di questa logica: la famiglia, il mercato, la guerra vengono smascherati e analizzati sotto l’ottica del potere, mosso e perpetuato, in ogni rapporto, dai più forti sui più deboli. Il sadomasochismo come organizzazione introiettata dall’individuo e agito in termini di struttura sociale. Attraverso sette dichiarazioni (meditazioni) viene creato un caleidoscopio di comprensione: i rapporti sessuali e la dinamica di sottomissione che ne sta alla base, l’autoritarismo di governo, la proprietà privata, il denaro, la violenza delle forze dell’ordine, il capitalismo e il cambiamento rivoluzionario.

Gli attori, seduti in cerchio, vestiti di rosso e nero (i colori dell’anarchia), dopo varie azioni, avviano un dialogo con il pubblico, che è disposto ad anello intorno a loro, suggerendo nuovi modi, meno gerarchici e autoritari, di concepire la realtà. “Tutti gli interpreti pronunciano le loro dichiarazioni simultaneamente senza abbandonare le loro posizioni. Quando parlano simultaneamente il suono è poco chiaro. Col muoversi tra il pubblico essi cominciano a dirigere le dichiarazioni direttamente verso piccoli gruppi o singoli individui. […] quando un membro del pubblico dà una risposta che può condurre a un dialogo fruttuoso, l’interprete si ferma a parlare con quella persona.” L’interazione attore-spettatore, fondamentale nella poetica del Living, non viene limitata al mezzo teatrale, alla volontà di creare nuove modalità di ricerca artistica, ma si salda indissolubilmente alla necessità di finalizzare il mezzo al cambiamento politico: il pubblico non come entità indifferenziata ma come individualità su cui operare, per il Living il rapporto agire-vedere agire è l’unica via verso la rivoluzione. La domanda sul perché si va a teatro interseca perfettamente questa logica, lasciando al destinatario il compito di pensare, non da solo, ma nella comunità creata dall’incontro, la responsabilità di una possibile risposta. “[…] nel teatro ci saranno sempre un individuo, un gruppo di persone e una massa di spettatori […] Cioè c’è il pubblico, c’è il gruppo e c’è l’individuo.”

Momenti di pacifica ma intensa comunicazione vengono sostituiti da altri in cui la violenza viene rappresentata attraverso immagini esplicite e dirette. Esempio di quanto appena detto è la famosa scena in cui un attore nudo (l’unico di colore del gruppo) viene legato e appeso a testa in giù ad una sbarra metallica, con un elettrodo inserito nell’ano che, controllato da un generatore telefonico, emette scosse elettriche. La scena ovviamente è riprodotta, ma il metodo di tortura è realmente utilizzato nelle prigioni sui carcerati: “La scena mostrava una parte del trattamento al quale erano sottoposti i prigionieri politici, e quello fu il nostro sforzo per portare la loro voce, il loro urlo nelle orecchie di mezzo mondo, per sensibilizzare le coscienze rispetto a quanto accadeva in Brasile e, ovviamente, in tanti altri paesi.” Durante questo momento, un altro interprete leggeva le statistiche di Amnesty International sui metodi di tortura utilizzati in diversi stati, allacciando alla finzione spettacolare un indissolubile collegamento con il reale. Quello a cui assistono gli spettatori negli anni ’70 è simulazione solo nei termini ma non nell’essenza: i rapporti sadomasochisti si reggono sulle logiche mostrate, sulla sodomia e l’umiliazione, che, governati dai principi di piacere e dolore, continuano incessabilmente a perpetrarsi, auto-nutrendosi.

È riuscito il Living Theatre ad abbattere il capitalismo e compiere la bella rivoluzione anarchica non violenta? No, non c’è riuscito. Significa che questi tipi di ideali e modalità artistiche vadano etichettate come inefficaci e anacronistiche? Non del tutto, le modalità risultano anacronistiche perché non ricollegabili strettamente alla realtà odierna che, abbandonate le ideologie, si trova a fare i conti con una materia politica inorganica e continuamente cangiante. Ciò che però resiste ai cambiamenti del tempo sono le questioni che emergono dalle riflessioni del Living: può esistere un mondo senza violenza? è pensabile trovare nuove forma di convivenza che tengano conto delle necessità di tutti? Il punto focale, come già detto precedentemente, è il potere e le dinamiche ad esso collegate che, resilienti, si adattano torcendosi.

Sette meditazioni sul sadomasochismo politico, così come tutto il repertorio del gruppo americano, esercitano ancora un potente fascino perché, nel buio della nostra incapacità ad orientarsi, forniscono un orizzonte di riferimento tangibile, un’utopia non realizzabile in sé e per sé ma capace di farci andare avanti, compiendo dei passi verso un possibile cambiamento.”

(Francesca Lombardi in nido.treccani.it)
 

Seven Meditations è stato scritto dopo che la co-fondatrice Judith Malina e i membri della compagnia sono stati imprigionati a Belo Horizonte, in Brasile, quello stesso anno.

Un film con lui:

 

Un brano musicale al giorno

Ida Presti e Alexandre Lagoya suonano il Concerto per due chitarre e orchestra opus 201 di Mario Castelnuovo-Tedesco.

“Nata come Yvette Ida Montagnon, Ida Presti (Suresnes, 31 maggio 1924 - Rochester, 24 aprile 1967) è considerata dai suoi estimatori la più grande chitarrista di tutti i tempi.

Anche suo padre era un appassionato amante della musica, che nel tempo libero si affrettava di festival in festival per suonare per il ballo. Una sera, quando ha assistito a un concerto di A. Segovia, è rimasto talmente scioccato dal suo modo di suonare che ha deciso di fare di suo figlio anche un “grande chitarrista”. Così, ancora prima che Ida nascesse, cominciò ad insegnare a se stesso a suonare la chitarra, per poter poi insegnare a suo figlio. Già da piccola mise Ida al pianoforte e iniziò ad allenarla sistematicamente alla chitarra, utilizzando principalmente i dischi di A. Segovia. Così facendo, è stato particolarmente attento ad addestrarla ad essere una virtuosa, incoraggiandola ad esercitarsi per ore e ore.

Un calvario che più tardi mi ha portato a dire: “Non ho mai avuto un’infanzia”.

Ma nonostante tutto, sembrava che avesse amato molto suo padre e che avesse imparato così tanto da lui da non avere avuto altri insegnanti fino alla fine. Oltre a questa dura formazione, sembrava avere un talento naturale per la chitarra, poiché ha fatto così rapidi progressi che ha dato il suo primo concerto all’età di dieci anni ed è stata l’unica artista che ha suonato nella “Société des Concerts du Conservatoire” e “Les Concerts Pasdeloup” da bambina.

I critici erano traboccanti di entusiasmo.

“A dieci anni ha già una tecnica sicura … il suo tono pieno e la varietà di timbri possibili è estremamente incantevole …” (“Le Figaro”, 1935).

“Un sentimento innato per la musica, uno straordinario senso del ritmo”. (“Aux Ecoutes”, 1935).

“La Presse” ha dichiarato: “Ida Presti è attualmente la più giovane, sorprendente e promettente giovane virtuosa della chitarra”.

Anche Emilio Pujol nel 1935 lo definì un “miracolo di abilità e grazia”.

A tredici anni ha suonato per l’allora già famoso Andres Segovia. La sua opinione succinta è stata: “Non posso insegnarle niente di più… non dovrebbe più accettare consigli da un chitarrista”.

Ma nello stesso anno ha anche dovuto superare la crisi più grave della sua vita. Suo padre morì e da quel momento in poi fu l’unica responsabile della sua famiglia. Così è stata costretta a comparire più e più volte e a tenere a galla se stessa e i suoi parenti con il magro reddito.

Anche gli anni della guerra e quelli successivi furono pieni di difficoltà. Tuttavia, non ci sono quasi più documenti di questo periodo, perché Ida Presti ha preferito rimanere in silenzio su questa parte della sua vita.

Nel 1938, l’anno del suo primo disco, apparve sulla rivista “Rhythm” un articolo intitolato “A Miracle Guitarist”, in cui A. P. Sharpe si chiedeva se da qualche parte in Spagna ci fosse un chitarrista migliore di Segovia. La sua conclusione è stata: “Ecco il chitarrista migliore. È una bambina di quattordici anni”. In questa registrazione ha suonato il consueto repertorio standard del suo tempo: opere di Robert de Visée, vari movimenti dalle suite di J. S. Bach, una parte della Sonatina di F. Moreno-Torroba e simili.

Particolarmente notevole è la registrazione della “Serenata Espanola” di Joaquín Malats. Oggi il pezzo viene eseguito raramente, perché è diventato fuori moda occuparsi di musica da salotto. Ma fortunatamente, importanti interpreti come J. Bream o A. Diaz hanno ripreso il pezzo ed è disponibile anche una registrazione del compositore stesso.

Ida Presti ha suonato il pezzo completamente nello spirito del suo modo fresco e imparziale. Naturalmente non si è liberata dello spirito del tempo e ha interpretato l’opera con il pathos e un eccesso di glissandi e di distorsioni agogiche comuni all’epoca. Ma il suo modo di suonare non sembra comunque artificiale o artificioso. Soprattutto, nessuno si aspetterebbe che questa interpretazione matura sia nelle mani di una quattordicenne.

A diciannove anni sposa Henry Rigaud e un anno dopo nasce sua figlia Elizabeth. Insieme hanno vissuto nel sud della Francia, vicino a Marsiglia, dove Ida si è occupata della figlia e della sorella minore e ha tenuto numerosi concerti.

Durante questo tempo ha cominciato lentamente a liberarsi dal rigido corsetto in cui il padre l’aveva costretta. La sua natura innata diventava sempre più evidente e amava sedersi a improvvisare con la chitarra e cantare per i suoi amici fino a tarda notte. Sono state queste esperienze con il canto e la voce umana che in seguito ha sempre avuto in mente come ideale del fraseggio.

A vent’anni, la “Mozart femmina”, come la chiamavano i critici nel frattempo, stupisce costantemente il pubblico con il suo meraviglioso modo di suonare e il suo carisma giovanile. Non solo si è esibita nelle grandi sale da concerto, ma ha anche viaggiato in numerose piccole città di provincia, soprattutto in Francia.

Nel 1948 fu selezionata per la prima francese del “Concierto de Aranjuez” e fu trasmessa in diretta radiofonica per la prima volta. Il successo è stato così travolgente che ha ottenuto una sua trasmissione radiofonica, “Notes sur la Guitare”, che ha aperto una nuova cerchia di ammiratori per la chitarra.

Dopo la seconda guerra mondiale, quando il suo matrimonio è ormai finito, è stata una gradita ospite nella casa di André Verdier, un amante della chitarra la cui casa era il luogo d’incontro de “Les Amis de la Guitare” (Amici della Chitarra).

Molti amanti della musica vi si sono recati in pellegrinaggio solo per ascoltare Ida Presti. Tra loro c’era un nuovo ammiratore di Prestis, il chitarrista italo-greco Alexandre Lagoya. Lagoya è cresciuto in Egitto e ha fatto la sua prima apparizione pubblica all’età di 13 anni. Più tardi andò in Europa, dove diede centinaia di concerti. Una sera Ida Presti l’ha sentito dire: “È il miglior chitarrista che abbia mai sentito”. È interessante notare che i due avevano sviluppato una tecnica simile in circostanze completamente diverse. Dopo il loro primo contatto a casa di Verdiers, il loro comune interesse per la musica li ha portati presto ad un profondo affetto e così sono diventati la coppia da sogno della scena chitarristica.

Dopo aver sposato Alexandre Lagoya e avuto il secondo figlio Sylvain, Ida ha deciso di abbandonare la carriera da solista e di esibirsi solo insieme al marito.

Il frutto del loro lavoro comune è stato il più importante duo chitarristico della storia dello strumento, che è diventato un modello per tutte le generazioni successive. Anche i fratelli Assad hanno dovuto ammettere di aver originariamente basato il loro repertorio su quello di Presti / Lagoya.

Uno dei primi concerti congiunti ebbe luogo il 24 luglio 1956 al festival musicale di Aix-en-Provence. E’ stato trasmesso alla radio in vari paesi europei e ha riscosso un successo così clamoroso che hanno deciso di conquistare i palcoscenici del mondo per la chitarra.

Presto hanno avuto un numero ingestibile di ammiratori e hanno suonato nelle più importanti sale da concerto d’Europa e d’America.

La stampa è stata unanime nel suo elogio: “notevole” (Washington Post), “dinamico” (New York Times), “uno shock” (San Francisco Chronicle), “una delle meraviglie del mondo” (Le Combat, Parigi).

Negli ultimi anni Ida ha iniziato a insegnare all’Academie International d’Été di Nizza insieme al marito. Eppure, secondo il parere unanime dei suoi studenti, è stata una grande insegnante. Il chitarrista Aaron Skitri ci dà la seguente motivazione: “Ogni volta che ha insegnato a uno studente dotato di una personalità musicale distinta, gli ha lasciato fare quello che voleva fare e lo ha incoraggiato nelle sue idee musicali”, dice: “È sempre stata una buona insegnante.

Quanto era avanti rispetto al suo tempo! Presti non era un’insegnante della “vecchia scuola” che diceva all’alunno come interpretare un brano musicale, ma era contenta di poterlo assistere e accompagnare nel suo cammino.

Il 24 aprile 1967, Presti morì di un tumore ai polmoni all’età di soli 42 anni. La sua morte inaspettata ha scioccato gli amanti della musica in tutto il mondo e ha derubato la scena chitarristica di uno dei suoi membri più importanti. I suoi necrologi ci danno solo un’idea di ciò che abbiamo perso a causa della sua prematura scomparsa.

“Mi ha insegnato che la chitarra può esprimere la musica, solo la musica”. (Pierre Petit)

“Grande, puro, meraviglioso artista”. (Daniel Lesur)

“Per un breve periodo abbiamo avuto un genio tra noi ed è quasi impossibile incontrare un altro di questo tipo nella nostra vita”. (John W. Duarte)

Alexandre Lagoya ha detto di lei: “Sensibile, sensibile, appassionata, con estrema serietà - era un genio. Nessun chitarrista in tutta la mia vita mi ha mai commosso come lei. Lei era la musica in persona. Credo che sia stata la migliore chitarrista del nostro secolo. Era qualcosa di inspiegabile”.

(In www.blog.der-leiermann.com)

 


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

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Ugo Brusaporco

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