“L’amico del popolo”, 5 aprile 2018

L'amico del popolo
Grandezza Carattere

L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

VYNÁLEZ SKÁZY (La diabolica invenzione, Cecoslovacchia, 1958), regia di Karel Zeman. Sceneggiatura: František Hrubín, Jiří Brdečka, Karel Zeman, Milan Vacha. Fotografia: Antonín Horák, Bohuslav Pikhart, Jiří Tarantík. Montaggio: Zdeněk Stehlík. Musica: Zdeněk Liška. Con: Arnošt Navrátil (prof. Roch), František Šlégr (Capitano), František Černý (Spade), Jana Zatloukalová (Jana), Lubor Tokoš (Simon Hart), Miloslav Holub (Artigas), Václav Kyzlink (Serke) Con: Arnost Navrátil, Frantisek Cerný, Frantisek Slégr, Jana Zatloukalová, Lubor Tokos, Miroslav Holub.

“L'inventore Roch e il suo assistente Hart sviluppano un esplosivo così potente da sostituire l'energia ottenuta da petrolio e carbone. Il conte Artigas cerca di impadronirsi del materiale e rapisce i due rinchiudendoli all'interno di un'isola vulcanica”.

VYNÁLEZ SKÁZY (La diabolica invenzione, Cecoslovacchia, 1958), regia di Karel Zeman

“È il primo film di Zeman tratto da un’opera di Verne. L’autore qui tenta una nuova via stilistica, animando in bianco e nero le opere realizzate da Éduard Riou e Léon Benette, che per primi illustrarono i libri di Verne. Questo stile fu poi perfezionato da Zeman nel corso della sua carriera, grazie ad un'immaginazione visionaria. La futuristica avventura di Verne sull’abuso delle scoperte scientifiche, che nelle mani di un criminale possono minacciare il mondo intero, unito a coulisse di carta e ad una marcata stilizzazione, diede vita ad un'inimitabile forma visiva dall'atmosfera unica. Il mondo sommerso de La diabolica invenzione fu creato negli studi di Zlín. Per le riprese del mondo sottomarino Zeman montò un acquario davanti alla telecamera; nell’acqua, poi, aggiunse riproduzioni di paesaggi sottomarini, alghe, pesci, ecc. Riprese poi attraverso l’acquario le singole scene del film, sia recitate che animate. L’illusione del movimento d’acqua fu ottenuta ponendo un particolare vetro ondulato davanti alla telecamera. Per le riprese della superficie marina fu allestito lo scenario in studio con un cartone su cui erano disegnate delle scie in prospettiva. In seguito vennero copiate delle immagini di superfici d’acqua reali girate a Fryšták. Così fu ricreata l’illusione del mare mosso e venne introdotto uno stile artistico unico.”

(www.circolodelcinema.it)

“La vicenda narrata si svolge alla fine del diciannovesimo secolo: l'inventore Roch e il suo assistente Hart sviluppano un esplosivo così potente da sostituire l'energia ottenuta da petrolio e carbone. Il conte Artigas cerca di impadronirsi del materiale e rapisce i due rinchiudendoli all'interno di un'isola vulcanica.
Karel Zeman, regista cecoslovacco e massimo esponente del genere d'animazione europeo negli anni Quaranta e Cinquanta, crea un film visionario ispirato a un romanzo di Jules Verne, "Face au Drapeau" scritto nel 1896. La diabolica invenzione costituisce una prova di grande tecnica cinematografica, nella quale attori in carne e ossa si muovono all'interno di scenografie ispirate alle incisioni di Rion e Benett, illustratori delle prime edizioni dell'autore francese. Retini e filtri sono adoperati per rendere le immagini granulate e per suggerire l'impressione di zincografie. L'effetto è quello di una patina antica e preziosa che va a stendersi su uomini, oggetti e ambienti, restituendo l'aspetto favolistico del racconto. I personaggi sono tratteggiati con tocchi essenziali: un mite scienziato che paradossalmente realizza un'arma distruttiva, un cattivo mascherato da buone intenzioni, un giovane eroe idealista e romantico. Protagonisti, che si ritrovano coinvolti all'improvviso in un avventuroso viaggio all'interno di un piccolo regno. La stessa esperienza per certi versi, onirica e sensoriale, che cattura piacevolmente lo spettatore”.

(Manuel Paolino in www.mymovies.it)

“Un famoso inventore e il suo assistente vengono rapiti da una banda di pirati, il cui capo mira alla conquista del mondo. Trasportati in una città, sommersa nel mezzo dell’oceano, i due scienziati riescono, dopo aver fatto saltare la città con la loro stessa invenzione (un potentissimo esplosivo), a fuggire. Realizzato magistralmente con un’originale e composita tecnica che utilizza insieme attori reali, disegni e cartoni animati, La diabolica invenzione è importante, oltre che per i valori figurativi, per la presa di posizione, contro i pericoli della scienza quando è utilizzata per antiumani fini di potere”.

(Claudio Bertieri)

VYNÁLEZ SKÁZY (La diabolica invenzione, Cecoslovacchia, 1958), regia di Karel Zeman

Il film:

Karel Zeman (Ostroměř, 3 novembre 1910 - Gottwaldov, 5 aprile 1989), fu regista, artista, scenografo e animatore ceco.

VYNÁLEZ SKÁZY (La diabolica invenzione, Cecoslovacchia, 1958), regia di Karel Zeman

 

Una poesia al giorno

La Larme et la perle, di Parvîn E'tesami, poetessa iraniana.

N'avez-vous pas entendu dire qu'une larme un matin
tomba de l'oeil d'un orphelin?
Elle fit un voyage inégal et pénible,
tantôt courant tantôt tombant sur le chemin,
Tantôt obscure et tantôt pleine de lumière,
tantôt cachée, tantôt visible à tous les yeux.
Le sol enfin la recueillant,
elle rencontra sur la route une pierre précieuse.
«Quel est ton nom, dit-elle, et quel est ton état?
- Qu'ai-je à faire, dit la gemme, de causer avec toi?
Je suis un pur joyau, fait de substance immarcescible;
toi tu n'es qu'un peu d'eau, tu es impure et vile.
Il n'est point d'amitié entre les riches et les pauvres,
point de société des heureux et des misérables. »
La larme dit en souriant: « Ne te détourne point;
nul ne doit sans raison tourner le dos aux gens.
Car celui qui créa les perles et les larmes
à chaque être a donné quelque vertu, quelque rayon.
Je suis une perle limpide qui sortit du trésor d'un coeur;
les clés et les verrous sont sans pouvoir sur moi...
Du coeur aux yeux j'ai fait, moi, ce voyage,
que nul autre ne saurait faire.
Des soupirs brûlant m'ont fait naître;
je ne suis qu'un peu d'eau, mais j'ai surgi du feu.
Je parais n'être qu'une goutte, mais je suis une mer,
et des tempêtes qui m'agitent nul oeil n'est à l'abri.
Je me suis unie une nuit au désir,
j'ai fait route un matin avec l'espérance.
Les souffrances subies dans le sombre royaume du corps
ont tari mes couleurs;
Mon éclat cependant est plus vif que le tien;
pâle comme je suis, si rouge que tu sois,
Car dans mon teint une âme se reflète,
ma lumière est celle d'un coeur...

Parvin E'tesami, traslitterata anche come Parvin Etesami, è stata uno dei poeti persiani più importanti del ventesimo secolo.
Parvin era la figlia di Yusuf E’tesami Ashtiani (a.k.a E’tesam ol-Molk). Era nata nel 1906 a Tabriz, aveva studiato in un'università americana destinata alle ragazze dell'Iran. Anche se ha avuto una vita breve, è diventata famosa dopo che le sue opere sono state pubblicate. È morta nel 1941, a causa del tifo, all'età di 35 anni ed è stata sepolta a Qom, in Iran. Ha cambiato il suo ultimo nome per riflettere la posizione di suo padre come E'tesami o governatore.
Nella sua breve vita, è riuscita ad ottenere una fama notevole fra gli Iraniani. Era apprezzata in tutti i circoli culturali, non tanto per i suoi lavori brillanti e rivoluzionari, ma soprattutto per i suoi modi raffinati e per il suo spirito libero.
Parvin ha iniziato la sua carriera di poetessa da bambina, componendo i primi versi a soli nove anni. Ha sviluppato in seguito uno poetica adatta ad esprimere il dolore della sua gente, riflesso e trasfigurato negli eventi naturali. Gli eventi politici dell'Iran hanno avuto un'influenza rilevante sul suo modo di scrivere. Una delle sue opere, intitolata Drunk but Aware (Mast vali Hoshyar) ha ottenuto l’ammirazione di tutti coloro che apprezzano la poesia romantica iraniana.
Parvin è considerata perciò tra i poeti persiani più grandi nell’ambito dello stile classico. Solitudine e senso di esclusione dalle attività sociali - la lotta di quasi tutte le donne iraniane dell’epoca - aggiunte alle esperienze tristi di un'anima sensibile e tenera l’hanno trasformata, infatti, nella voce più sincera nel racconto delle ingiustizie politiche e sociali del suo tempo.
Il suo stile riflette la formazione classica, che ha avuto, soprattutto attraverso il padre. Anche se i suoi testi affrontano temi sociali, la sua è stata una vita semplice e protetta, fino al matrimonio e al trasferimento in un’altra città. Il suo matrimonio è durato però per soli due anni e si è concluso con un divorzio. Poco tempo dopo la poetessa è morta.”

(In www.mahmag.org)

5 aprile 1941 muore Parvin E'tesami, poetessa persiana (nata nel 1907)

 

Un fatto al giorno

5 aprile 1242: durante la battaglia sul ghiaccio del lago Peipus, le forze russe, guidate da Alexander Nevsky, respingono un tentativo di invasione dei Cavalieri Teutonici.

5 aprile 1242: durante la battaglia sul ghiaccio del lago Peipus, le forze russe, guidate da Alexander Nevsky, respingono un tentativo di invasione dei Cavalieri Teutonici

“La battaglia del lago ghiacciato, detta anche battaglia del ghiaccio o battaglia sul ghiaccio, conosciuta anche col nome di battaglia del lago Peipus, si tenne il 5 aprile 1242 sul Lago dei Ciudi, presso l'attuale confine fra Russia ed Estonia.
La sconfitta di crociati e danesi ad opera delle forze di Novgorod guidate da Aleksandr Nevskij pose fine alla fase delle Crociate del Nord in cui forze cattoliche tentarono di soggiogare attorno al 1240 i territori abitati da slavi ortodossi e pagani a oriente dell'Estonia, da essi appena conquistata, sia per scopi di conversione religiosa sia di mero sfruttamento economico.
Storiograficamente si trattò di un fatto d'arme relativamente minore, ma assurse ben presto a simbolo del nazionalismo russo, come il suo protagonista, il principe Nevskij, che venne canonizzato nel 1547. La fama di cui gode in epoca moderna è dovuta in buona parte all'omonimo film di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn. Di poco antecedente il secondo conflitto mondiale, l'opera aderisce ai canoni della propaganda sovietica: i cavalieri vi vengono raffigurati come crudeli invasori tedeschi e le forze slave come una massa di proletari che lotta per la libertà”.

(Wikipedia)

Un film:

 

Una frase al giorno

“Molti collocano siffatta unità nel popolo italiano; il quale, al parer mio, è un desiderio e non un fatto, un presupposto e non una realtà, un nome e non una cosa, e non so pur se si trovi nel nostro vocabolario”.

(Vincenzo Gioberti)

Vincenzo GiobertiVincenzo Gioberti (Torino, 5 aprile 1801 - Parigi, 26 ottobre 1852) è stato un presbitero, patriota e filosofo italiano e il primo Presidente della Camera dei deputati del Regno di Sardegna, esponente di primo piano del Risorgimento italiano.
“Nessun pensatore probabilmente esercitò in Italia, alla metà dell’Ottocento, un’influenza politico-culturale più vasta di Vincenzo Gioberti. Ciò fu determinato non solo dal fatto che in quel periodo venne eletto per due volte presidente della Camera del Regno di Sardegna e per breve tempo divenne anche primo ministro: quegli incarichi, in realtà, erano l’indizio più significativo dell’influenza carismatica delle sue idee relativamente al ruolo storico svolto dall’Italia nel processo di incivilimento dei popoli e al progetto neoguelfo (che fu dominante nella prima fase del Risorgimento) di una confederazione dei maggiori Stati della penisola sotto la presidenza moderatrice del pontefice quale risposta al secolare problema dell’unificazione nazionale”.

(Paolo Marangon, Il Contributo italiano alla storia del Pensiero: Storia e Politica, 2013)

5 aprile 1801 nasce Vincenzo Gioberti, filosofo, pubblicista e politico italiano (morto nel 1852)

 

Un brano musicale al giorno

Pasquale Anfossi (1727-1797), Sinfonia Venezia, ovvero ouverture da Il geloso in cimento con la Naples Chamber Orchestra, diretta da Enzo Amato.

L'Opera buffa della Scuola musicale napoletana

Pasquale Anfossi (Taggia, 5 aprile 1727 - Roma, febbraio 1797) è stato un compositore e violinista italiano che si cimentò con successo in tutti i generi musicali del suo tempo.
Fu acclamato e grande operista, la sua produzione dal 1774 al 1789 conta circa 40 opere, sia serie sia comiche, rappresentate nei maggiori teatri dell'epoca: Napoli, Roma, Pistoia, Venezia, Milano, Bologna, Firenze, Pisa, Prato, Torino, Reggio Emilia e, all'estero, Parigi, Vienna, Dresda, Londra e Praga, solo per citare alcune città che lo accolsero.
Anfossi fu tra i protagonisti della Scuola musicale napoletana, insieme a Pietro Alessandro Guglielmi, Niccolò Piccinni e Tommaso Traetta, e ai più giovani Giovanni Paisiello e Domenico Cimarosa condurrà l'Opera buffa ai massimi splendori. Pasquale Anfossi nelle sue Opere riesce a sviluppare una tenera e aggraziata vena lirica che è in grado di balzare facilmente al comico utilizzando procedimenti che saranno ripresi successivamente anche da Paisiello.

Scuola musicale napoletana

Mozart era un sincero estimatore del compositore italiano tanto da definirlo in una sua lettera come "molto cognito Napoletano".
Nell'Opera seria la produzione dell'Anfossi è rivolta con decisione nel senso della riforma di Gluck e Traetta. La sua originalità pur svoltasi su binari consueti è improntata a una musicalità di grande potenza drammatica.
Il suo felice contributo alla Musica sacra vede una buona produzione di Messe, Antifonie, Oratori ecc. Nell'Oratorio il suo lavoro più apprezzato fu La betulla liberata, altri oratori Sant'Elena al Calvario, Giuseppe riconosciuto (su testo del Metastasio), Ester ed Il Sacrificio di Noè.
Inoltre Anfossi fece parte della nutrita schiera di cultori della Sinfonia, Forma musicale che la Scuola musicale napoletana, con l'enorme numero di musicisti che qui si formarono a partire da Alessandro Scarlatti, consolidò e sviluppò. Tra le sinfonie più celebri si può annoverare l'ouverture da Il geloso in cimento (J. D22), catalogata da Joyce L. Johnson nel 1983 e conosciuta sotto il falso nome di Sinfonia Venezia in una registrazione a cura di Enzo Amato».

5 aprile 1727: nasce Pasquale Anfossi, violinista e compositore italiano (morto nel 1797).

 


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k