“L’amico del popolo”, 6 agosto 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

TO VLEMMA TOU ODYSSEA (Lo sguardo di Ulisse, 1995), regia di Theo Angelopoulos. Sceneggiatura: Theo Angelopoulos, Tonino Guerra, Petros Markarīs, Giorgio Silvagni. Fotografia: Yorgos Arvanitis. Montaggio: Yannis Tsitsopoulos. Musica: Eleni Karaindrou. Con: Harvey Keitel, Erland Josephson, Maia Morgenstern, Thanassis Vengos, Ghiorgos Michalakopoulos, Mania Papadimitriou, Dora Volanaki.

A., regista di origine greca esule negli Stati Uniti, torna nella città natale, Florina, per la proiezione di uno dei suoi controversi film. In realtà è tornato per trovare alcune bobine di un documentario girato all'inizio del secolo sui Balcani dai mitici fratelli Manakias, la cui pellicola non è stata ancora sviluppata. Sulle labili tracce di questo documento, unico di una realtà perduta per sempre, A. si dirige in taxi verso la frontiera con l'Albania, dove incontra gruppi di profughi. Prosegue il viaggio verso Skopje in Macedonia, e quindi raggiunge Monastir, dove visita il rudere incendiato del vecchio cinema dei Manakias e dove un'impiegata della cineteca lo avvisa che le bobine sono a Bucarest. Alla frontiera A. ricorda l'arresto, l'interrogatorio e la fucilazione come sovversivo di Yannakis Manakias. In Romania, A. rivive il periodo trascorso con la famiglia a Costanza; il padre che torna da Mathausen nel 1945, le perquisizioni, gli arresti, le confische. Ad ogni ricordo del passato ecco sorgere il fantasma di un amore perduto. A. è ora su una chiatta che discende il Danubio verso le Porte di ferro con a bordo un'enorme statua di Lenin. A Belgrado A. ha un incontro con Nikos, un amico giornalista, conosciuto a Parigi, che lo avvisa che le bobine sono a Sarajevo. Dopo un viaggio notturno sul fiume, giunge nella città semidistrutta: qui incontra Ivo Levi, il conservatore delle cineteca, che tenta di sviluppare la pellicola contenuta nelle bobine. Nella passeggiata nella nebbia per festeggiare la riuscita dell'operazione assiste allo sterminio, ad opera di un cecchino, di tutta la famiglia di Levi.

"Non tutto, però, a differenza di quanto accadeva, narrativamente e visivamente, nel "Passo sospeso della cicogna", è della stessa alta qualità: certi snodi anche drammatici, o si inceppano o si giustificano a fatica, la nobiltà dell'assunto è a tratti svilita da occasioni eccessivamente comuni e quotidiane (al limite del banale), non tutti i dialoghi rispondono alla severità del contesto e questa stessa severità, per essere troppo insistita e voluta, rischia in più momenti di spegnere il calore e le tensioni che quel viaggio vorrebbe invece suscitare sia nei momenti intimi sia in quelli corali, stemperandoli in cifre di solo freddo intellettualismo. Di solido prestigio, comunque gli interpreti, da Harvey Keitel, protagonista, forse più opaco di quello che serviva, ma non di rado efficace, alla rumena Maia Morgenstern, intenta a dar vita da sola alle tre donne del passato di A., a Erland Josephson, chiamato per il personaggio del curatore della cineteca, a sostituire Gian Maria Volonté morto durante il film. Un incontro tra due Grandi."

(Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 24/10/95)

"Al pari del Wenders di 'Lisbon Story', Anghelopulos cerca l'innocenza perduta di un cinema che non sa più "vedere". Ma si direbbe che l'impianto teorico del film si ammorbidisca in una cognizione del dolore che riflette i grandi temi dell'esistenza. Ci sono pagine molto intense, specialmente laddove il simbolismo programmatico alla Tonino Guerra (quei pazzi che escono dal manicomio all'alba...) lascia il campo alla severità morale, intrisa di motivi mitologici, di Anghelopulos. Intonati all'austera messa in scena gli interpreti, dallo scorticato Harvey Keitel alla dolente Maia Morgenstern, che fa le quattro donne di questo moderno Ulisse senza pace.

(Michele Anselmi, 'L'Unità', 29/10/95)

“Scoppia un applauso nella sala buia all'apparire della dedica a Gian Maria Volonté del nuovo film molto bello di Theo Anghelopoulos, Lo sguardo di Ulisse (To vlemma tou Odyssea). Poi, fantastico. Al porto, sollevata dalla gru, un'immensa testa di Lenin di marmo bianco s'innalza oscillando appena nel cielo grigio: “Roba da collezionisti destinata alla Germania”, spiega il capitano della nave, e Harvey Keitel piange stringendosi alla ragazza Maia Morgenstern che piange con lui. Più tardi lo sterminato Lenin marmoreo dal corpo smembrato disteso, legato con le corde all'imbarcazione, scivola solenne nel meraviglioso paesaggio acquatico del delta del Danubio: sulla riva, ragazzi e bambini lo salutano correndo, sorpresi, vitali, festosi, mentre i vecchi s'inginocchiano sgomenti e si segnano come per un'apparizione sovrannaturale”.

(Lietta Tornabuoni, La Stampa)

«Ogni sforzo ricostruttore della memoria è, [...], in modo primordiale, una sequenza cinematografica.» Così scrive Pier Paolo Pasolini. E forse si può sostenere anche: ogni sequenza, ogni inquadratura cinematografica è immagine ricostruita nella memoria, riemersione di uno sguardo lontano. Questo, certo, vale per Thodoros Anghelopulos e per il suo cinema della nostalgia. Lo sguardo di Ulisse si apre appunto con uno "sguardo", fissato sulla celluloide nel 1905. Sullo schermo rivive il gesto antico di donne intente a filare: rappresentazione, probabilmente involontaria quando fu girata, della nostalgia.

(Roberto Escobar, Il Sole-24 Ore)

 

Una poesia al giorno

“Aspettando I Barbari”, di Konstantinos (Costantinos) Kavafis, 1908, traduzione di Filippo Maria Pontani. Κωνσταντῖνος Καβάϕης nacque a Alessandria d’Egitto il 29 aprile 1863 e morì nell’ospedale greco San Saba di Alessandria d’Egitto il 29 aprile 1933. Trascorse ad Alessandria la maggior parte della sua vita, visitando la Grecia solo tre volte (nel 1901, 1903 e 1932). Il greco, la sua lingua poetica, lo dovette reimparare durante l’adolescenza.

Che aspettiamo, raccolti nella piazza?
Oggi arrivano i barbari.
Perché mai tanta inerzia nel Senato?
E perché i senatori siedono e non fan leggi?
Oggi arrivano i barbari
Che leggi devon fare i senatori?
Quando verranno le faranno i barbari.
Perché l’imperatore s’è levato
così per tempo e sta, solenne, in trono,
alla porta maggiore, incoronato?
Oggi arrivano i barbari.
L’imperatore aspetta di ricevere
il loro capo. E anzi ha già disposto
l’offerta d’una pergamena. E là
gli ha scritto molti titoli ed epiteti.
Perché i nostri due consoli e i pretori
sono usciti stamani in toga rossa?
Perché i bracciali con tante ametiste,
gli anelli con gli splendidi smeraldi luccicanti?
Perché brandire le preziose mazze
coi bei caselli tutti d’oro e argento?
Oggi arrivano i barbari,
e questa roba fa impressione ai barbari.
Perché i valenti oratori non vengono
a snocciolare i loro discorsi, come sempre?
Oggi arrivano i barbari:
sdegnano la retorica e le arringhe.
Perché d’un tratto questo smarrimento
ansioso? (I volti come si son fatti seri)
Perché rapidamente e strade e piazze
si svuotano, e ritornano tutti a casa perplessi?
S’è fatta notte, e i barbari non sono più venuti.
Taluni sono giunti dai confini,
han detto che di barbari non ce ne sono più.
E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi?
Era una soluzione, quella gente.

 

Un fatto al giorno

6 agosto 1945: Seconda Guerra Mondiale, bombardamento atomico di Hiroshima. Una bomba atomica, chiamata in codice Little Boy, viene sganciata dal B-29 statunitense Enola Gay sulla città di Hiroshima in Giappone alle 8:16 di mattina (ora locale). Esplose a un'altitudine di 576 metri con una potenza pari a 12.500 tonnellate di TNT, uccidendo all'istante 80.000 persone (altre 60.000 moriranno entro la fine dell'anno a causa delle malattie causate dal fallout nucleare) e distruggendo circa l'80% dell'area edificata della città.

6 agosto 1945: Seconda Guerra Mondiale, bombardamento atomico di Hiroshima

Scrisse Primo Levi questa poesia:

Nulla rimane della scolara di Hiroshima
Poiché l'angoscia di ciascuno è la nostra
ancora riviviamo la tua, fanciulla scarna
che ti sei stretta convulsamente a tua madre
quasi volessi ripenetrare in lei
quando al meriggio il cielo si è fatto nero.

Invano, perché l'aria volta in veleno
è filtrata a cercarti per le finestre serrate
della tua casa tranquilla dalle robuste pareti
lieta già del tuo canto e del tuo timido riso.

Sono passati i secoli, la cenere si è pietrificata
a incarcerare per sempre codeste membra gentili.

Così tu rimani fra noi, contorto calco di gesso,
agonia senza fine, terribile testimonianza
di quanto importi agli dei l'orgoglioso nostro seme.

Ma nulla rimane fra noi della tua lontana sorella,
della fanciulla d'Olanda murata fra quattro mura
che pure scrisse la sua giovinezza senza domani:
la sua cenere muta è stata dispersa dal vento,
la sua breve vita rinchiusa in un quaderno sgualcito.

Nulla rimane della scolara di Hiroshima,
ombra confitta nel muro dalla luce di mille soli.

Vittima sacrificata sull'altare della paura.

Potenti della terra padroni di nuovi veleni,
tristi custodi segreti del tuono definitivo,
ci bastano d'assai le afflizioni donate dal cielo.

Prima di premere il dito, fermatevi e considerate.

 

Una frase al giorno

"Venendo subito al punto, che chiamo lingua volgare quella che i bambini apprendono da chi sta loro intorno dal momento che cominciano ad articolare i suoni; oppure per esser più brevi, la lingua volgare è quella che, senza bisogno di regole, impariamo imitando la nostra nutrice."

(da “De vulgari eloquentia”, Milano, Garzanti, 2009, p. 3. Il De vulgari eloquentia - L'eloquenza in lingua volgare - è un trattato in lingua latina scritto da Dante Alighieri tra il 1303 ed i primi mesi del 1305.)

 

Un brano al giorno

Luigi Nono, Canti di vita e d'amore (I-II) 

È stato eseguito da Sarah Leonard, Thomas Randle e il Symphoniker Bamberger, diretti da Ingo Metzmacher.

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org