“L’amico del popolo”, 8 agosto 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

NOTRE MUSIQUE (La nostra musica, Francia, Svizzera, 2004), scritto, diretto e montato da Jean-Luc Godard. Fotografia: Jean-Christophe Beauvallet, Julien Hirsch. Con: Nade Dieu - Olga Brodsky, Rony Kramer - Ramos Garcia, Sarah Adler - Judith Lerner, Jean-Christophe Bouvet - C. Maillard, Simon Eine - Olivier Naville, Jean-Luc Godard - Jlc, Juan Goytisolo, Aline Schulmann - Traduttrice, Lana Baric, Pierre Bergounioux, Jean-Paul Curnier, Mahmoud Darwich.

Il film consiste di tre episodi, ispirato alla Divina Commedia di Dante:

  • Regno 1 - "Inferno". Immagini di guerre diverse senza ordine storico o cronologico.
  • Regno 2 - "Purgatorio". Conferenze e semplici conversazioni su temi vari durante gli 'Incontri europei del libro' nella città di Sarajevo.
  • Regno 3 - "Paradiso". Una giovane donna trova finalmente la pace su una piccola spiaggia controllata da Marines americani.

"Non c'è cinema più impuro e composito di quello di Jean-Luc Godard. Non c'è impresa più solitaria e insieme produttiva della sua. Il festival lo omaggia riproponendo ogni giorno prima dei titoli in concorso sequenze celebri dai suoi film anni 60, 'Bande a part', 'Fino all'ultimo respiro', 'Il disprezzo'. Però 'Notre musique' è confinato fuori gara, in sale minori, e questo nell'anno della grande apertura al documentario è un po' una vigliaccata. Perché Godard è il contrario esatto di Michael Moore. Meglio: il suo controcampo ideale. (...) Godard usa il cinema contro le armi, contro le idee usate come armi. Lavorando in una terra di confine, né finzione né documentario, con personaggi veri e altri creati di sana pianta. Mettendosi in scena in prima persona per parlare di Cinema e di Storia, e di ciò che li unisce: l'immaginario. Creando cortocircuiti fra mondi che sembrano lontani e non lo sono. Pitture sacre e foto di guerra. Profughi del Kosovo e una Fuga in Egitto. Pellerossa a cavallo sotto il ponte di Mostar in rovina, perché ogni guerra distrugge il legame fra passato e futuro, ogni ponte ricongiunge l'uno e l'altro. (...) Il risultato è un viaggio tra i fantasmi di oggi e di ieri. Dieci minuti per l'Inferno, solo immagini di guerra, di tutte le guerre, di ogni tempo, vere o ricreate dal cinema, in bianco e nero o a colori. Un'ora per il Purgatorio, la condizione più comune. Altri dieci minuti per il Paradiso, con molta ironia. Acque, boschi, ragazzi che cantano e giocano, un Adamo e un'Eva guardati a vista da un drappello di militari americani. E questa non è un'invenzione, è l'inno dei marines a parlare di Paradiso."

(Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 19 maggio 2004)

NOTRE MUSIQUE non inizia: deflagra, supera i propri confini “naturali” (il cartello indicante il numero del visto ottenuto dal film) con immagini brillanti e insanguinate. Una voce infantile e un ossessivo martellato pianistico ci guidano attraverso un’orgia audiovisiva in cui frammenti eterogenei (archivio, reportage, film di guerra, western, fantascientifici) scorrono frenetici: gli uomini, accomunati solamente dalla violenza, rifiutano ogni tentativo di dialogo. Un vento barbarico (la prima frase che ascoltiamo è di Montesquieu, a proposito della caduta dell’Impero romano) sconvolge il Pianeta. Stragi di massa e masse di stragi, grappoli di rappresaglie (accompagnati da rivisitati riferimenti evangelici): la morte si configura come l’unico modo di esistenza (ancora) possibile. Lampi sublimi(nali), momenti di buio totale in cui l’occhio resta spalancato in attesa del peggio (e non viene mai smentito). Ma la follia sembra spegnersi per un istante. Una fotografia, una scritta: do you remember Sarajevo? I volti di tre giovani. Un dialogo è finalmente possibile?
 Sarajevo, gli Incontri Europei del Libro: persone di diverse nazionalità incrociano le loro esistenze. Spiccano JLG, invitato per una conferenza (credevo che lei facesse dei film, gli dice il suo interprete), e Olga, una giovane giornalista cosmopolita (Egitto, Francia, Stati Uniti) di origini ebraiche, ossessionata dal conflitto palestinese. Una biblioteca sventrata dalla guerra, un tempio di simboli viventi in cui i confini fra osservatori e osservati si fanno sempre più labili, in cui la voce degli oppressi risuona nella lingua dei vincitori: solo Euripide ha potuto cantare il destino dei vinti di Troia (e gli “Indiani” parlano in inglese). Legami spezzati (il ponte di Mostar), separazioni fatali (campo/controcampo, realtà/fantasia, vittime/boia), il sapere umano incenerito, tramutato in una polvere facile preda del vento. La guerra fra il testo e l’immagine: la disfatta dell’immagine, divorata dal testo. Ciononostante, il trionfo divino dell’icona: nessuna profondità, nessun movimento. L’immagine pura. Una lampada ondeggia nel buio. È il principio del cinema: andare alla luce e indirizzarla sulla nostra notte. La nostra musica. La fotografia (mobile o immobile, sospesa tra fiction e documentario) diviene un sogno fuori fuoco, una persona in frantumi. Il dialogo è un dolore privo di catarsi: come per Fedra, la confessione produce soltanto un più acuto senso di colpa. Siamo tutti colpevoli, di tutto. Una lacerazione (in)sanabile: per abbordare (il mondo del)l’altro, solo l’altro mondo. Olga è pronta.
 Una spiaggia sorvegliata da marine statunitensi. Un orizzonte rasserenato, un’oasi di verde e azzurro in cui regna il silenzio quasi assoluto: l’Eden ricostruito (dal cinema) a una distanza siderale (e incolmabile) dalla Terra. Il trionfo, la sconfitta.
 Conversazione non per, ma fra immagini sull’orlo di un(a messa in) abisso, diamante tagliente e perfetto, ragnatela audiovisiva e onnicomprensiva in cui la parola umana si perde fatalmente, NOTRE MUSIQUE è un vertice teorico e pratico (ammesso che un simile distinguo abbia senso, in questo caso) del cinema. La lucidità con cui il regista riflette sulla propria opera nel momento stesso in cui la crea non ha nulla di pedante o dimostrativo: gli indizi metalinguistici, le citazioni, le meticolose glosse debordano di passione, sono fiamme di pura luce su uno schermo nudo. Trasparente ed enigmatico, infinitamente stratificato, meravigliosamente semplice, il film di Godard è soprattutto assoluta gioia dei sensi: alle colonne d’Ercole del testo, l’irraggiungibile (d’abitudine) oceano delle immagini”.

(Stefano Selleri)

 

Una poesia al giorno

Preghiera alla Vergine”, Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso: Canto 33

“Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d'etterno consiglio,

tu se' colei che l'umana natura
nobilitasti sì, che 'l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si raccese l'amore,
per lo cui caldo ne l'etterna pace
così è germinato questo fiore.

Qui se' a noi meridïana face
di caritate, e giuso, intra ' mortali,
se' di speranza fontana vivace.

Donna, se' tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar sanz' ali.

La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s'aduna
quantunque in creatura è di bontate.

Or questi, che da l'infima lacuna
de l'universo infin qui ha vedute
le vite spiritali ad una ad una,

supplica a te, per grazia, di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l'ultima salute.

E io, che mai per mio veder non arsi
più ch'i' fo per lo suo, tutti miei prieghi
ti porgo, e priego che non sieno scarsi,

perché tu ogne nube li disleghi
di sua mortalità co' prieghi tuoi,
sì che 'l sommo piacer li si dispieghi.

Ancor ti priego, regina, che puoi
ciò che tu vuoli, che conservi sani,
dopo tanto veder, li affetti suoi.

Vinca tua guardia i movimenti umani:
vedi Beatrice con quanti beati
per li miei prieghi ti chiudon le mani!”

  • La Divina Commedia - Paradiso Canto XXXIII: La preghiera di san Bernardo alla Vergine: www.youtube.com
  • Gassman legge Dante - Paradiso, Canto XXXIII www.youtube.com

Un fatto al giorno

8 agosto 1786: il Monte Bianco viene scalato per la prima volta da Michel Gabriel Paccard e Jacques Balmat.
“La prima ascensione del Monte Bianco avvenne 231 anni fa, l’8 agosto 1786: i primi ad arrivare in cima furono il cercatore di cristalli Jaques Balmat e il medico Michel Gabriel Paccard, alle 18,23, e ci rimasero per poco meno di quaranta minuti, durante i quali effettuarono delle misurazioni scientifiche. Con i suoi 4810 metri il Monte Bianco è la montagna più alta delle Alpi e dell’Europa eccetto il Caucaso, La spedizione era stata organizzata dal famoso scienziato Horace-Bénédict de Saussure, che secondo certe ricostruzioni aveva perfino promesso una ricompensa a chi sarebbe salito per primo sul Monte Bianco. De Saussure era specializzato soprattutto nello studio dei ghiacciai, e per questo da anni studiava il massiccio del Monte Bianco, progettando di compiere delle misurazioni di persona.
Paccard si era laureato a Torino e aveva già tentato la salita nel 1783. Balmat invece era un esperto conoscitore delle montagne attorno a Chamonix, ed era dotato di grande prestanza fisica. Decisero di organizzare una spedizione insieme per convenienza, nonostante non andassero troppo d’accordo: l’idea di Paccard era di non percorrere la tradizionale via con la quale era stata tentata l’ascesa in precedenza, quella dei Grands Mullets, ma di deviare prima di raggiungere il Dôme du Goûter, passando per il Grand Plateau, sotto la parete nord del Monte Bianco. I due rischiarono di tornare indietro, anche perché la figlia di Balmat era malata e il cercatore di cristalli voleva tornare indietro (morì quel giorno stesso). Dopo aver raggiunto la vetta ed effettuato le misurazioni, Balmat e Paccard iniziarono la discesa: si fece buio in fretta, ma i due avevano scelto una notte di luna piena, e riuscirono a bivaccare...”

  • Articolo completo in: www.ilpost.it
  • Si può guardare online la salita al Monte Bianco per la via normale francese del Gouter (agosto 2015): www.youtube.com

 

Una frase al giorno

“Come è brutta, Roma. Brutta di questa sua accecante bellezza, su cui risaltano i segni dello sfacelo come una voglia di barbabietola su un volto purissimo”.

(Vittorio Gassman, 1922-2000, attore, regista)

 

Un brano al giorno

Dalida: “Piccolo ragazzo

Little Man (Piccolo ragazzo) è uno dei brani più famosi del duo Sonny & Cher, inciso nel 1967, raggiunse la 21ª posizione nella Bilboard Hot 100. La cover in italiano è stata portata al successo da Milva nel 1967, raggiungendo la 15ª posizione della Hit Parade.

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org