“L’amico del popolo”, 9 febbraio 2018

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

WIZARD OF OZ (Il mago di Oz, USA, 1925), regia di Larry Semon. Sceneggiatura: Larry Semon, Frank Joslyn Baum, Leon Lee dal romanzo Il meraviglioso mago di Oz di L. Frank Baum. Fotografia: Frank B. Good, H.F. Koenekamp, Leonard Smith. Montaggio: Sam S. Zimbalist. Con: Larry Semon, Bryant Washburn, Dorothy Dwan, Virginia Pearson, Oliver Hardy, Charles Murray.

Un fabbricante di giocattoli costruisce una bambola spaventapasseri per sua nipote, che gli chiede di raccontarle la storia di Oz. Il nonno racconta così che il Paese di Oz è guidato dal primo ministro Kruel, dopo che la giovane principessa Dorothea di Oz, erede al trono e promessa sposa al principe, è stata misteriosamente rapita dalla sua culla. Nel frattempo in Kansas la giovane Dorothy apprende dalla sua gentile zia Emma e da una lettera che attendeva i suoi diciott’anni per esserle consegnata di essere proprio lei la principessa. Un tornado trasporterà lei, lo zio Henry e due braccianti proprio a Oz, dove li attende una mirabolante avventura.

WIZARD OF OZ (Il mago di Oz, USA, 1925), regia di Larry Semon

Il mago di Oz (Wizard of Oz) è un film muto del 1925, per la regia di Larry Semon, tratto dai libri di L. Frank Baum. Fra gli interpreti Oliver Hardy (famoso Ollio del duo Stanlio & Ollio) nel ruolo del boscaiolo di latta oltre a Semon che interpreta il giocattolaio che racconta la storia e all'uomo di paglia. Il film fu uno degli ultimi e più felici del regista, sceneggiatore e attore Larry Semon (West Point, 16 luglio 1889 - Victorville, 8 ottobre 1928), più conosciuto come la maschera comica di Ridolini. Infatti egli morirà tre anni dopo, a soli 39 anni, per una polmonite, dopo essere caduto in disgrazia.
Nel marzo del 1928 Larry Semon dichiarò bancarotta e ciò lo porterà ad andare incontro verso un rapido declino fisico che lo condurrà prima al ricovero in sanatorio per la cura di una grave polmonite, accompagnata ad uno stato di profondo esaurimento nervoso, e successivamente in ottobre a morire in circostanze che non furono mai ben chiarite. Nessuno, neppure la vedova, poté vedere la salma, che fu rapidamente sottoposta a cremazione, in rispetto, si asserì, alle ultime volontà del defunto. Alcuni sostennero potesse essere un'uscita di scena per sfuggire i creditori che lo assillavano; di fatto a 39 anni su Larry Semon calò definitivamente il sipario.

Il film:

WIZARD OF OZ (Il mago di Oz, USA, 1925), regia di Larry Semon

 

Una poesia al giorno

In morte di Ugo Foscolo, di Dionysios Solomos

Pianse Tua patria, o splendidissim’alma,
Il dì che ‘l Tuo partir da lei le spiacque;
E pianse poscia, e invidiò la palma,
Che italica, e non sua, tanto Ti piacque.

Ed or più piange, e batte palma a palma,
E nullo accento di dolor si tacque,
Gridando: Ahi che m’è tolta anche la salma,
Che già famosa in terre stranie, e giacque!

Deh! per quei, che Tu avesti, incliti fregi
D’ingegno e di virtù, che fur di tempre
Che intellette saran sol dagli egregi,

Se non vuoi che Tua patria si consigli
Col dolor del suo danno, e pianga sempre,
Fa che nasca per lei chi Ti somigli.

Dionysios Solomos (Zante, 8 aprile 1798 - Corfù, 9 febbraio 1857)

“Solomos ritiene che l’Italia è stata una patria “ingrata” e deplora il fatto che le spoglie di Foscolo riposino in un paese straniero. Effettivamente all’epoca era così, perché solo dopo l’unità d’Italia le spoglie di Foscolo furono trasferite nella chiesa di S. Croce a Firenze”.

(In viadellebelledonne.wordpress.com)

Dionysios Solomos (Zante, 8 aprile 1798 - Corfù, 9 febbraio 1857) è stato un poeta greco. Uno dei massimi se non il maggiore dei poeti in lingua greca moderna, sostenitore dell'indipendenza greca e autore dell'attuale inno nazionale. Nato da nobile famiglia, dal 1809 al 1818 visse in Italia stabilendosi a Cremona, Venezia (dove studiò per un anno presso l'allora Liceo di Santa Caterina, oggi Liceo M. Foscarini) e Pavia, dove iniziò a comporre le sue prime opere in cui si sente l'influenza artistica del conterraneo Ugo Foscolo.
Tornato nell'isola natale, Zacinto, venne affascinato dall'ideale della "rivoluzione ellenica" e di conseguenza cominciò a comporre nella sua lingua materna. La sua opera più famosa è il Dialogo sulla lingua serrata, testo in forma dialogica in cui un poeta ed un pedante difendono rispettivamente la lingua parlata (demotica) e la lingua pura (variante colta).
Celebre è anche L'inno alla libertà, che limitatamente alle prime due strofe divenne l'inno nazionale greco. Altre opere importanti sono I liberi assediati (dedicato alla eroica resistenza della città di Messolongi), L'ode a Byron e L'Elogio del Foscolo, che costituiscono il suo trittico autobiografico e romantico.
Perfezionista, fortemente autocritico, rifiutò di portar a termine la maggioranza delle sue composizione perché le giudicava insoddisfacenti. Dopo la sua morte, avvenuta a causa dell'apoplessia, alcune di esse furono date alle stampe dall'amico Iakovos Polylas”.

(Wikipedia)

 

Un fatto al giorno

Di questo si è parlato poco in Italia. 9 febbraio 1951: massacro di Geochang condotto dal terzo battaglione del 9° reggimento dell'11a Divisione dell'esercito sudcoreano tra il 9 febbraio 1951 e l'11 febbraio 1951 su 719 cittadini disarmati a Geochang, nel distretto sud di Gyeongsang, nella Corea del Sud. Le vittime includevano 385 bambini. L'undicesima divisione ha anche condotto il massacro di Sancheong-Hamyang due giorni prima. Il generale che comandava la divisione era Choe Deok-sin.

Nel mese di marzo 1951, Shin Jung-Mok, un deputato di Geochang, ha parlato del massacro durante un incontro nationale. Una commissione investigativa ha cercato di indagare ma è stata fermata dall'esercito. Nel maggio 1951, una seconda commissione riuscì a dimostrare il coinvolgimento dell'esercito. A seguito di questa ricerca, il maggiore Han Dong-seok e il colonnello Oh Ik-gyun sono stati condannati all'ergastolo da un tribunale militare. Poco dopo, sono stati graziati dal presidente Syngman Rhee.
Questo massacro non fu un caso unico durante la guerra di Corea; ciò che lo rende unico è che è stato il solo caso in cui i membri del governo hanno cercato di scoprire la verità e una dichiarazione è stata pronunciata. Durante gli anni di dittatura che seguirono, i sopravvissuti non poterono chiedere riparazioni o chiarimenti. Solo nel 1996 l'assemblea di governo ha promulgato una legge speciale riguardante gli eventi di Geochang per facilitare il lavoro della memoria.
Nel 2001 il tribunale locale ha chiesto al governo di risarcire le vittime; tuttavia, i tribunali superiori hanno dichiarato che il periodo di prescrizione è stato superato, il che è stato confermato dalla Corte Suprema il 5 giugno 2008. Un parco commemorativo è stato aperto nell'aprile 2004 nel comune di Sinw”.

(Wikipedia)

 

Una frase al giorno

“Il tuo amore è sceso su di me come un dono divino, inatteso, improvviso, dopo tanta stanchezza e disperazione”.

(Fëdor Michajlovič Dostoevskij, Mosca, 11 novembre 1821 - San Pietroburgo, 9 febbraio 1881)

L'idiota - Fëdor Dostoevskij (1, 2, 3 di 6), di Giacomo Vaccari con Giorgio Abertazzi, Sergio Tofano, Gianmaria Volontè, Anna Proclemer, ecc. Produzione RAI)L'idiota - Fëdor Dostoevskij (1, 2, 3 di 6), di Giacomo Vaccari con Giorgio Abertazzi, Sergio Tofano, Gianmaria Volontè, Anna Proclemer, ecc. Produzione RAI)

Immagini: L'idiota - Fëdor Dostoevskij (1, 2, 3 di 6), di Giacomo Vaccari con Giorgio Abertazzi, Sergio Tofano, Gianmaria Volontè, Anna Proclemer, ecc. Produzione RAI)

 

Un brano musicale al giorno

Alban Berg (1885-1935): Three Pieces for Orchestra, op.6 (1914/1915). The Hungarian State Symphony Orchestra diretta da Claudio Abbado. Registrazione Live, Erkel Theatre Budapest, 30 Settembre 1969.

Alban Berg (1885-1935)

Alban Marie Johannes Berg (Vienna, 9 febbraio 1885 - Vienna, 24 dicembre 1935) è stato un compositore austriaco. È stato tra i protagonisti della vita musicale del primo Novecento. Fece parte della cosiddetta seconda scuola di Vienna assieme al suo maestro Arnold Schönberg e ad Anton Webern. I suoi lavori tendono all'emancipazione della tonalità prima attraverso l'uso della tonalità allargata, poi dell'atonalità e infine delle tecniche dodecafoniche, anche se i critici assegnano alle composizioni di Berg una funzione più conservatrice rispetto a quella dei suoi due colleghi”.

(Wikipedia)

Berg, Alban. - Musicista (Vienna 1885 - ivi 1935). Dapprima autodidatta, dal 1904 al 1910 studiò regolarmente con A. Schönberg, divenendo uno dei suoi più insigni allievi e uno dei principali rappresentanti della nuova scuola viennese. Compose musica teatrale, orchestrale, vocale-orchestrale e da camera. Particolarmente notevoli sono le sue opere teatrali Wozzeck (1925) e Lulu (rappresentata postuma nel 1937 con la revisione di A. Schönberg e completata nelle parti strumentali da Fr. Cerha, 1979), la Suite lirica per quartetto d'archi (1926), l'aria da concerto per soprano e orchestra Der Wein (1929), il Concerto per violino e orchestra (1935), varî Lieder. Dopo aver esordito con lavori concepiti nell'ambito della musica dei tardo romanticismo, dal 1909 B. adottò l'atonalità e anche il Wozzeck è scritto in un libero linguaggio atonale: quest'opera sollevò al suo apparire grande scalpore, sia per la novità del suo linguaggio, sia per il fatto di essere costruita secondo forme chiuse tipiche della musica strumentale anziché di quella operistica; oggi essa è considerata uno dei capolavori del teatro musicale del nostro secolo. A partire dal Concerto da camera (1925) e dalla Suite lirica, Berg si valse dei procedimenti dodecafonici, ma egli, fra gli esponenti della scuola viennese, fu quello che maggiormente sentì i legami con il passato e cercò di conciliare la dodecafonia con alcune esigenze armoniche derivate dalla concezione tonale. Nella musica di B. si constata comunque un efficace superamento d'ogni tecnica in vera e commossa ispirazione lirica, soprattutto nei momenti di struggente desolazione e d'incubo.”

(Treccani)


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org

 

 

 

 

 

UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k