“L’amico del popolo”, 9 novembre 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

INTOLERANCE (USA 1916, colorato/bianco e nero, 210m a 16 fps); regia: David Wark Griffith; produzione: David Wark Griffith per Wark Producing Corporation; sceneggiatura: David Wark Griffith; fotografia: George William 'Billy' Bitzer, Karl Brown; montaggio: David Wark Griffith, James Smith, Rose Smith; scenografia: Walter L. Hall, Frank 'Huck' Wortman; coreografie: Ruth St. Denis; musica: Joseph Carl Breil, David Wark Griffith. The Woman Who Rocks the Cradle: Lillian Gish. The Fall of Babilonia: Costance Talmadge (la fanciulla dei monti), Elmer Clifton (il rapsodo), Alfred Paget (principe Belshazzar), Seena Owen (Attarea, la principessa adorata), Tully Marshall (il gran sacerdote), Douglas Fairbanks, Jewel Carmen, Mildred Harris, Carol Dempster, Pauline Starke, Oween Moore, Donald Crisp. The Passion of Christ: Howard Gaye (Gesù), George Walsh (lo sposo), Bessie Love (la sposa), Olga Grey (Maria Maddalena), Lillian Langdon (Maria), Erich von Stroheim (fariseo). The St. Bartholomew Night: Margery Wilson (Brown Eyes), Spottiswoode Aitkne (suo padre), Eugene Pallette (Prosper Latour), Josephine Crowell (Caterina de' Medici), Frank Bennett (Carlo IX). The Mother and the Law: Mae Marsh (the Dear One), Robert Harron (il giovane), Sam de Grasse (Jenkins), Miriam Cooper, Walter Long, Marguerite Marsh, Lloyd Ingraham (giudice), Tod Browning (proprietario della macchina da corsa), Edward Dillon, Monte Blue.

“Il film intreccia quattro episodi della Storia nell'intento di dimostrare le nefaste conseguenze dell'intolleranza. Tra un episodio e l'altro appare l'immagine di una giovane madre che dondola la culla del suo bambino. The Fall of Babilonia: respinto l'esercito persiano, Belshazzar e i babilonesi festeggiano il trionfo. Ma il tradimento dei sacerdoti di Baal consente a Ciro di espugnare la città sguarnita, nonostante la strenua resistenza di alcuni valorosi e della fanciulla dei monti. The Passion of Christ: tre momenti, ossia le Nozze di Cana, i farisei contro Gesù, Maddalena. The St. Bartholomew Night: nella Parigi del sedicesimo secolo, Brown Eyes si fidanza con Prosper Latour, mentre un editto della cattolica Caterina de' Medici ordina il massacro della popolazione di fede protestante. I soldati irrompono nelle case degli Ugonotti, anche i due giovani perdono la vita. The Mother and the Law: un industriale riduce i salari degli operai per finanziare un gruppo di suffragette e reprime duramente lo sciopero che ne consegue. In miseria, uno degli operai entra in contatto con la malavita. Accusato dell'uccisione del capo della banda, solo la confessione della vera colpevole e un 'salvataggio all'ultimo minuto' gli eviteranno il patibolo.

Tra i più ambiziosi progetti della storia del cinema, Intolerance, girato da David Wark Griffith grazie agli strepitosi incassi del discusso The Birth of a Nation e in risposta alle accuse di razzismo che quel film aveva suscitato, rispecchia la convinzione del regista che il cinema possa sostituirsi ai libri di storia. Dal racconto epico della storia americana, Griffith passa con Intolerance alla Storia dell'intera umanità, condensandola in quattro episodi che, al tempo stesso, rappresentano una sintesi dello sviluppo dell'istituzione cinematografica e dei suoi generi: il film storico italiano (alle cui scenografie il regista si ispira per l'episodio babilonese), il ciclo delle Passioni, il Film d'Art per l'episodio francese e il melodramma popolare per The Mother and the Law. Quest'ultimo era stato girato subito dopo The Birth of a Nation e circolerà in un'edizione separata dopo l'insuccesso di Intolerance (lo stesso avverrà anche per The Fall of Babilonia). Gli incassi del film, proiettato per la prima volta al Liberty Theater di New York il 5 settembre 1916, furono di gran lunga inferiori alle aspettative e lo stesso Griffith pagò le spese di un fallimento dovuto anche al clima tutt'altro che pacifista creatosi a seguito dell'entrata in guerra degli Stati Uniti nel 1917. L'ammontare dei costi (due milioni di dollari) e il numero delle sue voci erano inusitati per l'epoca: centomila metri di pellicola impressionata, cinque mila comparse, scenografie estese per chilometri, imponenti strutture di servizio, campagne pubblicitarie.

Le strategie che Griffith ha sviluppato negli anni della Biograph e nei lungometraggi precedenti, divenendo una figura chiave nel processo di transizione verso le forme di rappresentazione poi divenute consuete nel cinema hollywoodiano 'classico' (un processo che Noël Burch ha definito come passaggio dal Modo di Rappresentazione Primitivo al Modo di Rappresentazione Istituzionale), confluiscono in un'opera di grande complessità. La struttura narrativa, costruita sull'intersecarsi delle storie, trova nel montaggio parallelo il proprio principio di organizzazione, nelle didascalie e nei simboli una soluzione unificante a livello tematico. Anche i movimenti della macchina da presa contribuiscono a indirizzare le emozioni: le carrellate, che il regista ha ammirato in Cabiria di Giovanni Pastrone, il pallone aerostatico che usa per sorvolare le scenografie di Babilonia, i piani inclinati per le riprese in picchiata. Ma sono i ritmi crescenti del montaggio (parallelo e alternato) a guidare il film, fino alla parte finale in cui il passaggio da una storia all'altra avviene bruscamente (dai cavalli di Babilonia al treno in corsa agli inizi del 20° secolo). Avvalendosi di collaboratori come Allan Dwan, Erich von Stroheim, W.S. Van Dyke, Tod Browning, Victor Fleming e Jack Conway, attingendo a modelli letterari, pittorici e cinematografici di cultura alta e popolare, oltre che al metodo biografico di Ralph Waldo Emerson, Griffith ambisce a una 'immunità' che lo protegga dalle accuse di razzismo e a un'autenticità che gli consenta di riscrivere il passato.

Secondo il filosofo Gilles Deleuze, la 'scoperta' di Griffith è nell'aver concepito la composizione come una "grande unità organica", come un insieme di parti differenziate comprese in rapporti binari (uomini e donne, ricchi e poveri, Bene e Male), attraverso un montaggio che lavora col ritmo, i cambi di dimensione, l'alternarsi di azioni di opposizione o convergenti (come l'inseguimento e il salvataggio): una forma che coglie la temporalità ciclica di una Storia destinata a ripetersi. Se la visione del film influenzerà notevolmente i cineasti francesi e soprattutto i registi della scuola sovietica, è Sergej M. Ejzenštejn a rimanere maggiormente colpito dal tentativo di Intolerance di inglobare le civiltà e a mettere in luce il debito consapevole di Griffith nei confronti di Dickens - il suo raccontare per immagini, la sua capacità di esporre i particolari e di collegarli al tutto attraverso i meccanismi del montaggio, la caratterizzazione dei personaggi - ma anche i limiti della concezione griffithiana, quel dualismo che dispone ricchi e poveri su due linee parallele che corrono verso un'ipotetica riconciliazione, ignorando le cause della loro opposizione. Del film esistono più copie di diverse lunghezze (il negativo originale è andato perduto), alcune rimaneggiate dallo stesso Griffith negli anni successivi”.

(Giulia Fanara, Enciclopedia del Cinema (2004) Treccani)

Intolerance ha un soggetto apparente (che si manifesta nella metafora della intolleranza) e un soggetto reale (la rappresentazione della lotta per la vita). Racconta quattro storie “esemplari” di epoche abissalmente lontane fra loro: la caduta di Babilonia (gli intrighi del Gran Sacerdote e del Rapsodo ottengono che i persiani di Ciro attacchino in forze la città dove regna la gioia di vivere. L'attacco fallisce. Il principe Baldassarre indice grandi festeggiamenti, sguarnendo le difese e consentendo a Ciro di sferrare a tradimento un secondo assalto, che si concluderà con la strage); la Passione di Cristo (che si sofferma in particolare su tre episodi: le nozze di Cana, i farisei al Tempio, la Maddalena); la notte di San Bartolomeo (mentre Caterina decide lo sterminio degli Ugonotti, una ragazza giunge a Parigi e si fidanza con Prospero Latour. La vita scorre normale quando i soldati scendono per le strade e irrompono nelle case, massacrando gli inermi); la madre e la legge (una città americana, oggi. Per finanziare le opere di beneficenza della sorella, un industriale riduce il salario dei suoi operai, che proclamano lo sciopero. Intervengono le guardie private e uccidono a man salva. Un operaio costretto alla disoccupazione si incanaglisce nei bassifondi e va in galera. La moglie subisce l'aggressione delle suffragette finanziate dall'industriale che, con il pretesto di proteggerla, le sottraggono il bambino. Disperata, la donna si rivolge per aiuto al capo della gang di cui il marito faceva parte. Questi una sera s'introduce in camera sua per sedurla. In quel momento arriva il marito uscito dal carcere. Lo affronta. Un colpo di pistola stende l'intruso: ha sparato la sua amante, che di nascosto l'aveva seguito. Il marito è arrestato e condannato a morte. Presa dai rimorsi, la donna che ha ucciso confessa. L'uomo si avvia al patibolo. La moglie insegue il governatore per implorare la grazia, lo raggiunge sul treno su cui era in viaggio. Nell'istante in cui il boia stringe il cappio al collo del condannato, giunge la grazia).
Il film (14 rulli, 4500 metri) alterna le fasi dei quattro episodi, facendoli procedere insieme verso le rispettive soluzioni, in un crescendo vieppiù rapido. In principio, come inquadratura-cardine, appare una donna che dondola una culla, mentre un raggio di luce taglia diagonalmente la composizione: il simbolo della vita che testimonia “le stesse passioni umane, le stesse gioie, gli stessi dolori”, come recita una didascalia, citando Walt Whitman. L'inquadratura tornerà più volte, in funzione di esteriore (e superfluo) leit motiv.

Simbolismi a parte (ricorrono anche nei nomi “evocativi” dei personaggi: la Principessa Adorata, la Diletta Numero Uno, Occhi Neri, ed eludendo inconsapevolmente - ma sistematicamente - la metafora dell'intolleranza, il regista costruisce a poco a poco il suo vero tema ed espone, con il piglio autorevole di chi ha maturato a lungo una convinzione, la sua rude e disincantata concezione della vita: la lotta che oppone gli uomini gli uni agli altri non ha tregue, e gli uomini non si dividono in buoni e in cattivi (anche i “cattivi” meritano rispetto se affrontano con coraggio l'esistenza, nessuno merita una condanna senza appello: significativo e splendido, in questo senso, l'incontro di Gesù con la Maddalena), tutti sono vincolati al rapporto drammatico con il mondo e le contingenze sociali. Il film è immerso nel ritmo di una rappresentazione ampia, a volte concitata, priva di pause e (facendo astrazione dagli ingenui simbolismi) di errori. Il tono è severo, nella cornice delle grandi prospettive che alludono allo spazio del futuro dell'umanità, alla fiducia - religiosa - in un utopico ma realizzabile “paradiso”, non arcadico ma pienamente umano. Dentro questa struttura polifonica, nel dinamismo interno delle sequenze e delle inquadrature - i movimenti di gru e di carrello, le panoramiche, gli stacchi Il sui primi piani (memorabile il “gioco” degli spazi intorno e sopra la scalinata di Babilonia prende corpo l'ideologia del film: si sviluppa su cadenze epiche e culmina nelle azioni parallele che concludono la storia contemporanea. È l'ideologia dell'individualismo aggressivo e vitale della borghesia capitalistica, in un periodo di fervore, al momento della svolta espansiva che la guerra (in cui l'America stava per entrare) avrebbe provocato. Il film esce al Liberty Theatre di New York, il 5 settembre 1916. Dopo qualche settimana l'insuccesso è già una certezza. Intolerance non interessa, è giudicato troppo astruso, enfatico, meschino. Griffith aveva gettato nell'impresa quasi due milioni di dollari, quasi tutti suoi, per edificare scenari giganteschi, muovere migliaia di comparse, impressionare 100.000 metri di pellicola. Una piccola personale apocalisse. All'Apocalisse di Giovanni il regista aveva pensato scrivendo il primo episodio: “Cadde Babilonia la grande, essa che ha abbeverato tutte le genti del vino del furore della sua prostituzione” (14,8). Per lui, il furore di una dissennata ma generosa presunzione”.

(Fernaldo Di Giammatteo)

 

Una poesia al giorno

Una poesia di 'Abd al-Rahmân Jâmî (Jām, 1414 - Herat, 1492 poeta persiano. Traduzione di Iman Mansub Basiri e Carla De Bellis)

مانجا حا
د
به کنج نیستی عالم نهان بود
وجودي بود از نقش دوئی دور
زگفتگوي مائی و توئی دور
جمالیمطلق از قید مظاهر
به نور خویشتن بر خویش ظاهر
دلارا شاهدي در حجله غیب
مبرا دامنش از تهمت عیب
نه با آئینه رویش در میانه
نه زلفش را کشیده دست شانه
صبا از طره اش نگسسته تاري
ندیده چشمش از سرمه غباري
نگشته با گلش همسایه سنبل
نبسته سبزه اش پیرایۀ گل
رخش ساده زهر خطی و خالی
ندیده هیچ چشمی زو خیالی
نواي دلبري با خویش می ساخت
قمار عاشقی با خویش می باخت
ولی زان جا که حکم خوبروئی است
ز پرده خوبرودر تنگ خوئی است
نکو رو تاب مستوري ندارد
چ

In quella quiete altissima
dove non abitava traccia alcuna
dell’esistere e dove il mondo ancora
si nascondeva all’angolo del Nulla,
un Essere era: immune
dalle ferite del duale
ed eccelso sul dialogo diviso
del “noi” e del “tu”.
Somma bellezza ancora irrivelata
perché ancora libera dal vincolo
dell’atto che creando sé disvela,
chiara sé contemplava nel suo lume.
Specchio il suo volto non aveva ancora
né le sue trecce tocco di carezza.
Ancora Zefiro non le scioglieva
il nodo dei capelli e ancora
non le scuriva l’angolo degli occhi
nessun segno di polvere di kohl.
Nessun giacinto che aprisse i suoi petali
nei colori dei divini attributi
s’accostava a quella Rosa bellissima
che solo nel Nulla era assorta,
e nessun fiore ancora si adornava
del suo segreto e fervido rigoglio.
Non aveva il suo volto tratti visibili
né le ombre della visibile materia.
Nessun occhio mirava la sua immagine,
ed Ella andava musicando Amore
da sé e per sé stessa solamente.
Nel gioco d’azzardo dell’amore
sé stessa soltanto Ella sfidava.
Ma come sempre avviene a ogni bellezza,
la bella non vuol mai restar celata.
Quella che ha volto di fata nascondersi
non vuole, e se la sua porta le chiudi
è dalla sua finestra che s’affaccia.

 

Un fatto al giorno

9 novembre 1520:Il bagno di sangue di Stoccolma”, conosciuto anche come il massacro di Stoccolma (in svedese: Stockholms blodbad ed in danese: Det stockholmske blodbad), è uno dei fatti culminanti della occupazione danese della Svezia. Il massacro è il nome dato ad una serie di fatti accaduti tra il 7 ed il 10 novembre del 1520 da parte delle truppe danesi sotto il comando di Cristiano II. L'episodio culminante è datato 8 novembre quando circa 100 persone, per la maggior parte nobili e religiosi facenti parte della fazione di Sture, furono giustiziati sebbene il re danese ne avesse promesso l'amnistia. Con il massacro di Stoccolma e la conseguente insurrezione svedese prendono distanza le due nazioni danese e svedese mettendo fine alla partecipazione svedese all'unione di Kalmar”.

(Wikipedia)

“Nel 1520, dopo la conquista della città da parte di re Cristiano II di Danimarca, vi ebbe luogo il massacro dei fautori del reggente Sten Sture il Giovane, noto come bagno di sangue di Stoccolma; dopo le rivolte guidate da Gustavo Vasa, respinti i Danesi, dal 16° sec. Stoccolma può essere considerata la capitale della Svezia; la dinastia dei Vasa diede grande impulso al suo sviluppo. Nel 17° sec. l’alta aristocrazia latifondista, trasferitasi a Stoccolma, vi costruì grandi palazzi gentilizi; sotto la regina Cristina Stoccolma divenne uno dei grandi centri culturali d’Europa. A metà del 18° sec. la città contava circa 70.000 abitanti, poi la popolazione crebbe lentamente e solo in relazione allo sviluppo industriale di metà 19° sec. Stoccolma si trasformò in una grande città”.

(Treccani)

Immagini: Stockholms blodbad

 

Una frase al giorno

“Ogni umiliazione inflitta al suo onore, alla sua indipendenza, alla sua unità provocherebbe non il crollo di una Nazione, ma il tramonto di una civiltà: se ne ricordino Coloro che sono oggi gli arbitri dei suoi destini”.

(Enrico De Nicola, 1877-1959, politico italiano, Capo provvisorio dello Stato, 1º Presidente della Repubblica Italiana).

 

Un brano al giorno

Johann Speth, Magnificat sexti toni

Johann (Johannes) Speth (9 novembre 1664 - dopo il 1719) è stato un organista tedesco e compositore. È nato a Speinshart, a circa 150 km da Norimberga, ma ha trascorso la maggior parte della sua vita ad Augsburg, dove ha lavorato come organista della cattedrale per due anni. La sua unica musica sopravvissuta è una collezione del 1693, Ars Magna Consoni et Dissoni, che include toccate, versi Magnificat e variazioni nello stile in uso nella Germania meridionale.

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org