L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...
Un film al giorno
DUE SOLDI DI SPERANZA (Italia, 1951), regia di Renato Castellani. Sceneggiatura: Renato Castellani, Titina De Filippo. Fotografia: Arturo Gallea. Montaggio: Jolanda Benvenuti. Musiche: Alessandro Cicognini. Con: Luigi Astarita, Andrea Alfano, Luigi Barone, Antonio Balzano.
Ritornato al suo paese dopo il servizio militare, Antonio Catalano vi trova una numerosa famiglia, di cui è il solo sostegno, mentre non gli riesce di trovare un'occupazione stabile. Solo ogni tanto dei lavoretti occasionali gli fruttano qualche soldo. Carmela, figlia del pirotecnico del paese, lo circuisce in tutti i modi; ma il padre di lei è contrario alla loro unione. Accade intanto che Giuliana, una sorella d'Antonio, viene sedotta da un possidente. Il parroco s'interpone per accomodare le cose: per render possibile il matrimonio della ragazza è necessario farle un po' di corredo. Il buon parroco ingaggia Antonio come aiuto sacrestano: così guadagnerà qualche soldo e potrà provvedere alla sorella. Ma mentre di giorno lavora in chiesa per poter sposare Giuliana, di notte Antonio va a Napoli ad attaccare i manifesti del PCI, per poter al più presto impalmare Carmela. La stravaganza di questa fa scoprire il doppio gioco e Antonio viene licenziato dal parroco, mentre il padre di Carmela non vuol dargli lavoro, né concedergli la figliola. Antonio tenta tutte le vie, ma non vuole abusare di Carmela, che, spinta dalla passione, gli si offre. Quando però la ragazza viene cacciata di casa, Antonio s'avvia con lei alla chiesa per sposarla, malgrado tutto, col plauso e i doni augurali dei compaesani commossi.
“Nel giro di dieci anni, dal 1947 al 1957, Castellani gira quattro film eccellenti. Da Sotto il sole di Roma (1947) ed È primavera... (1949) fino a I sogni nel cassetto (1957), Castellani fu grande (ma anche prima era bravo). Il migliore è per me - ma tutti mi sembrano divertenti, emozionanti, commoventi - Due soldi di speranza (1951), sintesi esplosiva e quasi miracolosa di una possibile evoluzione ‘naturale’ del neorealismo nella direzione di storie meno melodrammatiche e ‘socialmente rilevanti’, con protagonisti giovani (e questo è forse il motivo della sua intatta freschezza), e che anticipa l’insolita ‘opera prima’ di Jacques Rozier, Adieu Philippine (1962). Come spesso accade in film dall’aria improvvisata, molto liberi e interpretati da attori non professionisti, buona parte dell’attrattiva deriva dal successo nella scelta di questi ultimi. La scoperta di Maria Fiore, che sarebbe diventata una grande attrice, senza però più raggiungere l’incanto e l’intensità mostrati in questo film, è decisiva, perché la macchina da presa è rapita dal suo fascino e lei non pare frapporre alcun ‘metodo’ tra sé e l’obiettivo. Due soldi di speranza si distingue anche per il suo sguardo affettuosamente critico e commosso su personaggi la cui innocenza non è mai ingenua o prefabbricata, che si sentono dei sopravvissuti ansiosi di vivere, in un contesto che non permette loro di farlo secondo i propri desideri, ma all’interno d’un orizzonte modesto e grazie a una certa astuzia. Due soldi di speranza anticipa la prima nouvelle vague francese (Godard nel 1963 dichiarò di essere un grande ammiratore di questo film) e mostra quello che vuole ricordare quel passaggio sublime delle Histoire(s) du Cinéma in cui Godard usa la canzone di Riccardo Cocciante Nostra lingua italiana per rendere il suo più caloroso omaggio a quel cinema”.
(Miguel Marías, Il Cinema Ritrovato)
“Due soldi di speranza racconta un rustico idillio napoletano che non sarebbe dispiaciuto a Salvatore Di Giacomo. In un borgo sulle falde del Vesuvio il giovane Antonio cerca invano lavoro per far campare se stesso, la madre e quattro sorelle. Carmela, figlia di un piccolo possidente danaroso e avaro, si innamora di lui e con la caparbietà passionale delle donne meridionali, si ficca in testa di diventarne la moglie. Ma la disperata povertà di Antonio impedisce le nozze: il padre di Carmela non vuol sentirne parlare. Siamo ad un passo davvero dalla pittura di genere e dal fondale per macchiette partenopee, ma non vi cadiamo mai. Castellani [si impadronisce] di alcuni dei caratteri distintivi dell’incantevole civiltà del golfo di Napoli: la castità idilliaca dei rapporti d’amore, l’ingegnosa e spensierata filosofia dell’ ‘arrangiarsi’, il gusto teatrale e quasi greco per la vita in piazza e nella strada, la ricchezza del cuore rigogliosa nonostante la miseria del vivere quotidiano.”
(Alberto Moravia)
“Mentre era alla ricerca del protagonista di È primavera... (1950), Renato Castellani conobbe un giovane napoletano, Antonio Celentano, che stava facendo il servizio militare a Roma. È attraverso questo ragazzo che il regista scoprì un'umanità meridionale la cui unica speranza era quella di 'sopravvivere', senza alcuna ambizione e grazie a una vitalità elementare, fatta di noncuranza nei confronti del futuro e tesa alla soddisfazione delle necessità immediate. L'idea di realizzare Due soldi di speranza nacque da questo incontro. Lavorando a partire dalle testimonianze del giovane, Castellani elaborò una prima sceneggiatura che venne progressivamente arricchita concedendo sempre più spazio a una figura femminile complementare a quella del protagonista: Carmela rappresenta il desiderio quasi fisiologico di andare avanti, di procreare, di affrontare le difficoltà con un'innata abilità nel superarle, senza alcuna prospettiva storica né istinto di gruppo, ma con un atteggiamento individualista che esclude ogni spirito di rivendicazione politica. Per interpretare i ruoli di Antonio e di Carmela, Castellani scelse due attori non professionisti: Vincenzo Musolino faceva il pescatore a Napoli, mentre Jolanda di Fiore - che diventerà poi Maria Fiore - viveva con i genitori al Quarticciolo, quartiere popolare di Roma. Parlando dell'atmosfera in cui avvenne la ricerca dei due non-attori, Marie-Claire Solleville, assistente di Castellani, ricorda: "Abbiamo visitato tutte le scuole, tutte le botteghe, tutti i campi di sfollati. Abbiamo passato le domeniche alle porte delle chiese per vedere le ragazze che entravano. Abbiamo frequentato i mercati, le fiere, i luna-park. Davanti ai nostri occhi sono passati migliaia di volti". Due soldi di speranza esplora il filone populista spostando i criteri del neorealismo - ambientazioni reali, attori non professionisti, sceneggiatura ispirata alla cronaca quotidiana - verso una commedia di costume piena di tenerezza: Antonio e Carmela sono i commoventi e divertenti protagonisti di un'avventura sentimentale che per freschezza e spontaneità avrebbe fatto scuola. Pane amore e fantasia (1953) e Pane amore e gelosia (1954) di Luigi Comencini - ai quali collabora anche Ettore M. Margadonna - uscirono sulla scia del film di Castellani.
Con Due soldi di speranza irrompe sugli schermi una sorta di esuberante vitalità meridionale, di cui il film sottolinea la qualità spettacolare grazie anche ai racconti di Antonio Celentano e al contributo di Titina De Filippo (che ne revisionò i dialoghi in 'napoletano universale'). I numerosi lavori di Antonio - addetto al trasporto da una cabina all'altra delle bobine di un film proiettato simultaneamente in tre sale (gag che verrà ripresa in Nuovo Cinema Paradiso), donatore di sangue, autista d'autobus, carrettiere occasionale per aiutare gli animali da tiro a inerpicarsi per i sentieri troppo ripidi, attacchino, aiuto sacrestano - così come le strategie amorose di Carmela, che vuole attirare l'attenzione di un ragazzo che all'inizio non la guarda nemmeno, tanto sembra una bambina, forniscono materiale per nuovi sviluppi della vicenda e sono occasioni di confronto con una società di adulti dominata dalla miseria o dall'avidità. Così, nonostante la ricerca di un ritmo brioso tipico della commedia, Due soldi di speranza è un'opera amara, che non elude nessuno dei problemi di un mondo contrassegnato dal sottosviluppo sociale e culturale. Palma d'oro al Festival di Cannes nel 1952”.
(Jean A. Gili, in Treccani)
- Da vedere in: www.youtube.com
Una poesia al giorno
Quanno vuò bene, di Titina De Filippo (Napoli, 27 marzo 1898 - Roma, 26 dicembre 1963),
Nun se po' dì sì mia
senza suffrì pe' n'ora 'e gelusia
che quannno cchiù vuò bene
e ammore è forte
vulisse 'a vita
e pienze pure 'a morte.
Ma 'a morte nun arriva
se soffre sulamente 'e gelusia
ch' è comme 'o ffuoco
quanno ammore è fforte
vulisse 'a vita ma
nun campe cchiù
e piense pure 'a morte,
nun campe cchiù
e pienze pure 'a morte.
Ammore fa suffrì
ma spisso 'o core soffre assaie 'e cchiù
turmiente e cchiù turture
quanno nun soffre cchiù
è pecché è fernuto ammore
ammore ammore ammore ammore
ammore è ammore e fa suffrì.
- Fiorella Mannoia - Quanne vuò bene (YouTube)
Un fatto al giorno
17 maggio 1973. Le udienze tenute dal Comitato senatoriale sul Watergate, in cui il consigliere della Casa Bianca John Dean era il principale testimone e in cui molti altri ex impiegati in posti chiave dell'amministrazione diedero una testimonianza drammatica, furono messe in onda dal 17 maggio 1973 al 7 agosto, causando un danno politico devastante a Nixon. Fu stimato che l'85% degli americani possessori di tv si sintonizzò almeno per una porzione delle udienze.
Una frase al giorno
“A lunga scadenza, è del tutto impossibile credere di poter lasciare per sempre la Cina fuori della comunità delle nazioni, a rimuginare sulle sue fantasie, coltivare i suoi odi e minacciare i suoi vicini. Sul nostro piccolo pianeta non ha senso che un miliardo dei suoi abitanti potenzialmente più solerti sia lasciato in irato isolamento”.
(Richard Nixon)
Un brano al giorno
Children of The Revolution, T-Rex
Children Of The Revolution
Yeah!
Well you can bump and grind
If it's good for your mind
Well you can twist and shout
Let it all hang out
[Chorus:]
But you won't fool the children of the revolution
No you won't fool the children of the revolution
No no no
Well you can tear a plane
In the falling rain
I drive a Rolls Royce
'Cos its good for my voice
[Chorus]
Yeah!
But you won't fool the children of the revolution
No you won't fool the children of the revolution
No you won't fool the children of the revolution
No you won't fool the children of the revolution
No way!
Hey
Wow
Ugo Brusaporco
Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.
INFORMAZIONI
Ugo Brusaporco
e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org