L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...
Un film al giorno
DAS BLAUE LICHT (La bella maledetta, 1932, Germania) regia di Leni Riefenstahl, Béla Balázs. Sceneggiatura: Leni Riefenstahl, Béla Balázs, Carl Mayer, liberamente basato sul romanzo “Bergkristall” (1930) di Gustav Renker. Cinematografia: Walter Riml, Hans Schneeberger, Heinz von Jaworsky. Fotografia: Hans Schneeberger. Montaggio: Leni Riefenstahl. Musica: Giuseppe Becce. Con: Leni Riefenstahl, Mathias Wieman, Max Holzboer, Beni Führer, Franz Maldacea, Martha Mair.
“1932: una giovane coppia giunge in una locanda dell'Ampezzano, con l'intento di spingersi sulla vetta del Monte Cristallo l'indomani mattina (dalle immagini si nota che il monte è inserito nel gruppo del Brenta e le foto chiaramente riprendono il Crozzon di Brenta). La donna nota subito il ritratto di una bellissima ragazza, e chiede all'albergatore quale sia il suo nome. L'uomo, dopo un breve tentennamento, le porta un grosso libro, nel quale è trascritta per intero la storia di Junta, colei che portò floridezza al paese con la sua sventura.
Nell'anno 1800, in un fiabesco villaggio, l'intera comunità emargina la bella Junta, fanciulla poverissima e selvaggia, colpevole di essere l'unica creatura umana in grado di raggiungere la vetta del Monte Cristallo: tutti coloro che si sono cimentati nell'ardua impresa, infatti, attirati dalla misteriosa luce blu emanata dalla montagna durante le notti di luna piena, hanno perso la vita - incapaci di aver ragione delle asperità rocciose. Per questo motivo, l'invidia e l'ignoranza dei paesani li porta all'assurdo convincimento che Junta sia nientemeno che una strega diabolica, e che abbia scagliato una maledizione sull'intero villaggio.
La ragazza, invece, ha solo il dono di saper vivere in piena simbiosi con la natura, e di accettarne i misteri: anch'ella inspiegabilmente attirata dall'inquietante luce blu del maestoso picco, nelle notti di plenilunio ne risale abilmente la china e si addentra negli anfratti più reconditi, restando in estasi di fronte ai meravigliosi cristalli colorati custoditi dalla montagna, come in un grembo materno di cui lei stessa si sente figlia.
Dopo l'ennesimo lutto (il giovane Silvio cade nel tentativo di arrampicarsi sulla montagna illuminata dalla luna piena), i paesani inseguono l'infelice Junta con la volontà di lapidarla, credendola responsabile di tanta sfortuna: solo il pronto intervento di un coraggioso forestiero (Vigo, pittore di paesaggi ammaliato dalla bellezza dei luoghi ed affascinato dalla ragazza), permetterà alla selvatica fanciulla di sfuggire alla furia dei valligiani. Vigo seguirà poi Junta sino oltre la valle - dove la ragazza si è rifugiata a vivere in compagnia di un giovanissimo pastorello - e ne saprà conquistare la fiducia: nonostante l'incomunicabilità fra i due (lui parla solo tedesco, lei un rozzo italiano), si accende un dolce e puro sentimento d'amore. Vigo decide di fermarsi a vivere con Junta ed il pastorello, un bambinetto di nome Guzzi (un poco geloso della presenza dell'uomo, sentendosi sottratto all'affetto di Junta).
Durante un plenilunio, Vigo segue Junta sin nel ventre del Monte Cristallo, dimostrandosi egli stesso altrettanto agile nella scalata, e scopre l'immenso giacimento di cristalli: stupefatto, scorge la ragazza cadere in un'estasi quasi mistica di fronte alla luce riflessa dalla luna sulle preziose concrezioni cristalline, e si convince della necessità di riconciliare Junta con la comunità paesana - che potrebbe finalmente benvolerla, se solo gli abitanti del villaggio comprendessero a quale favolosa ricchezza ella potrebbe condurli. Disceso a valle, Vigo convince i paesani e, svelando loro il percorso seguito da Junta ed i modi con i quali superare gli aspri crepacci, organizza una spedizione verso il Monte Cristallo: equipaggiati di ceste e picconi, gli uomini del gruppo salgono sino alla grotta di Junta ed asportano tutti i cristalli, dei quali faranno poi ricco commercio. Il paesello diventa così un'amena località, nella quale l'idea della maledizione è del tutto fugata, e dove il plenilunio è motivo di grandi festeggiamenti...
Ma quando Junta tornerà nella grotta del Monte Cristallo e troverà solo le pareti nude, ormai spoglie dei lucenti cristalli blu, presa dallo sgomento si abbandonerà nel vuoto. Solo quando avrà trovato il cadavere della sua piccola Junta e lo stringerà fra le braccia, Vigo capirà di averle sottratto l'unica sua ragione di vita: quell'essenza misteriosa della natura che era la sua vera ricchezza”.
(Wikipedia)
“Helene Bertha Amalie Riefenstahl detta Leni, nata a Berlino nel 1902, dopo essere stata un’affermata ballerina classica fu attrice in importanti film, divenendo una stella del cinema muto e poi sonoro. In molte pellicole ambientate in montagna impersonava una giovane atletica e avventurosa. Essendo di bell’aspetto, si presentò per il film “L’angelo azzurro” che venne poi assegnato a Marlene Dietrich. La chiamarono a Hollywood ma preferì restare in Germania, dove non solo divenne regista ma anche produttrice con la propria casa cinematografica, Leni Riefenstahl Productions. Dopo un breve praticantato, che incluse le riprese della seconda edizione dei Giochi olimpici invernali di St. Moritz, si dedicò con successo alla regia. Nel 1932, in Val Bavona, girò e interpretò il suo primo film, “La bella maledetta” (Das blaue Licht), che fu menzionato tra i migliori film stranieri dell’anno (1934) dal National Board of Review of Motion Pictures.... La Val Bavona, impervia e solitaria, può vantare di essere stata teatro di un pezzo di storia del cinema europeo per merito di questa artista che, a 34 anni, il Time mise in copertina per l’indiscusso valore e l’abilità tecnica e narrativa dimostrata con le sue opere concepite in Europa e in Africa. Una carriera straordinaria anche per la durata, infatti, realizzò il suo ultimo film “Meraviglie d’acqua” quando aveva ben 100 anni.
Come si presenta la Valle Bavona ai nostri giorni? Come ieri. E per questo, amatissima da coloro che rifuggono dal turismo di massa. Il paradiso di chi cerca un luogo naturale fuori del comune, sottomesso alle altissime pareti rocciose delle Alpi Svizzere del Canton Ticino. Un luogo fatto di silenzio e semplicità, anzi di rusticità: niente hotel, moderni ristoranti o centri di benessere, bensì case e casette in pietra viva con i loro orticelli a formare un paesaggio che, nonostante l’aspra cornice di rocce, sassi e ripide pareti, infonde un senso di autentica armonia.
Gli alberi secolari dei boschi della Val Bavona, valle di origine glaciale, sono attorniati da massi scivolati giù con remote gigantesche frane. Il territorio ha subìto numerose alluvioni e scoscendimenti. Il fiume Bavona nasce da un ghiacciaio e percorre in libertà tutta la stretta Valle incontrando piccoli nuclei abitati, alcuni dei quali presentano case in legno prive dei energia elettrica e dove si usano anche le turbine ad acqua come se il tempo si fosse fermato (a parte qualche abitante che ha optato per i pannelli solari). Il villaggio di Foroglio colpisce per la sua incombente, rumorosa, spumosa cascata di quasi 100 metri.
E quando la cascata si unisce al fiume Bavona, ecco generarsi schizzi e vaporose nubi sotto le quali i visitatori prendono il sole ammirati da questo gioco della natura. Queste nubi acquose sono ben visibili nelle sequenze del film “La bella maledetta” girato da Leni Riefenstahl...”
(Articolo completo in gazzettasvizzera.org)
- Il film Das Blaue Licht, 1932
- La bella maledetta (Das blaue Licht) di e con Leni Riefenstahl, 1932
Il 22 agosto 1902 nasce Leni Riefenstahl, ballerina, attrice, regista, fotografa, documentarista e propagandista tedesca (morta nel 2003). Centodue anni di vita, spesi a sorprendere e sorprendersi del mondo.
Una poesia al giorno
Sur la carte du tendre, di Jean Regnault de Segrais
Estimez-vous cette carte nouvelle
Qui veut de
Tendre enseigner le chemin ?
Pour adoucir une beauté cruelle,
Je m'en servais encore ce matin ;
Mais croyez-moi, ce n'est que bagatelle,
Ces longs détours n'ont souvent point de fin
Le grand chemin, et le plus droit de tous,
C'est par
Bijoux.
Sur cette carte on marque un certain fleuve,
Le premier but d'un désir amoureux ;
Mais par
Bijoux aisément il se treuve,
Et c'est par là qu'il n'est point dangereux ;
Demandez-vous une plus forte preuve
Pour faire voir que de ce
Tendre heureux
Le grand chemin, et le plus sûr de tous,
C'est par
Bijoux?
Si quelquefois sur
Estime on s'avance,
C'est quand on peut faire estimer ses dons :
Car
Petits-Soins ne va qu'à
Révérence,
Et
Jolis-Vers, pris souvent pour chansons,
Malaisément mène à
Reconnaissance,
Et va plus droit aux petites-maisons ;
Le grand chemin, et le plus court de tous,
C'est par
Bijoux.
Oubliez donc cette trop longue route,
Ne retenez que le nom de
Bijoux;
Avec lui seul vous parviendrez sans doute :
Car si d'abord
Tendre ne s'offre à vous,
Séjournez-là, quoi que le séjour coûte,
Tendre viendra jusques au rendez-vous.
Le grand chemin, et le meilleur de tous,
C'est par
Bijoux.
“Jean Regnault de SEGRAIS fu un poeta francese, nato a Caen nel 1624, ivi morto nel 1701. I gesuiti, suoi maestri, lo destinarono alla carriera ecclesiastica; egli preferì quella delle lettere. Fu per cinque lustri segretario di Mademoiselle de Montpensier, di cui condivise l'esilio al castello di Saint-Fargeau; guastatosi con lei, passò ai servigi di Madame de La Fayette. E poiché le dame illustri non solevano ancora apparire in pubblico quali autrici, come egli aveva apposto il proprio nome a due romanzi della Montpensier, La Relation de l'île imaginaire e la Princesse de Paphlagonie, così fece coadiuvando nella composizione e firmando egli stesso un romanzo della La Fayette, Zaïde, e prestandole forse mano anche nella preparazione del suo capolavoro, La Princesse de Clèves. Frequentatore assiduo dell'Hotel de Rambouillet, fu della schiera dei poeti raffinati e leziosi cari alle "précieuses"; nel 1662 entrò all'Académie française; nel 1676, ritiratosi a Caen, sposò una ricca parente, e condusse giorni sereni tutto dedito alla poesia.
Traduttore, in versi, dell'Eneide, delle Georgiche, scrisse poesie di vario genere, ispirandosi ai classici; compose un poema pastorale, Athis, elegie, épîtres, ma eccelse nelle egloghe, deliziose e fini, che ottennero la difficile lode del Boileau, e furono pregiate e imitate dallo Chénier. A lui si debbono, inoltre, intere raccolte di quei portraits, che, da svago elegante da salotto, divennero genere letterario in voga; e romanzi e novelle tra cui Les Nouvelles Françaises ou Les Divertissements de la Princesse Aurélie (voll. 2)”.
Il 22 agosto 1624 nasce Jean Regnault de Segrais, autore e poeta francese (morto nel 1701)
Il "preziosismo" fu un fenomeno di costume e di gusto sviluppatosi nel Seicento in Francia ed ebbe la sua massima diffusione nei decenni centrali del secolo (fra il 1640 e il 1660 circa) dove costituì, accanto al genere burlesco e prima del definitivo affermarsi del classicismo, una delle manifestazioni letterarie del barocco. Fin dall'inizio (col famoso salotto di Madame de Rambouillet, aperto nel secondo decennio del XVII secolo e attivo fino al 1648), vi si intrecciò un elemento femminista.
Catherine de Vivonne marchesa de Rambouillet (Roma, 1588 - Parigi, 2 dicembre 1665) fu una nobile francese che nel Seicento aprì il primo celebre salotto letterario parigino nella sua residenza dell'Hôtel de Rambouillet.
Un fatto al giorno
22 agosto 1485: la battaglia di Bosworth Field, la morte di Riccardo III e la fine della casa di Plantageneto.
“La battaglia di Bosworth Field fu un'importante battaglia della guerra delle due rose, la guerra civile inglese che, nel corso della seconda metà del XV secolo, vide contrapporsi due rami della famiglia dei Plantageneti, il casato dei Lancaster contro il casato di York. La battaglia in argomento determinò la definitiva vittoria del casato dei Lancaster, guidato da Enrico Tudor conte di Richmond futuro Enrico VII, sul casato di York, guidato dal re d'Inghilterra Riccardo III, che durante la battaglia perse la vita, ponendo termine alla dinastia dei Plantageneti. Il vincitore Enrico Tudor, conte di Richmond, plantageneto da parte di madre, fu eletto re divenendo Enrico VII, diede inizio alla dinastia dei Tudor, ponendo così termine alla guerra delle due rose”.
(Wikipedia)
- Immagini: [Shakespeare: The Animated Tales] Richard III
- “Riccardo III” film completo. Film di Richard Loncraine, con Ian Mckellen.
Audace e potente adattamento di una delle opere più famose del Bardo. Rimodellando il vizioso Riccardo III come dittatore fascista degli anni '30, è la storia di un principe spietato che verserà sangue per impossessarsi del trono inglese. Quattro persone si frappongono sulla sua strada: i suoi fratelli Clarence e re Edoardo, e i due giovani figli di Edoardo. Uno alla volta, Riccardo li eliminò, cieco a tutto tranne che alla sua ambizione.
Una frase al giorno
“Il popolo deve stare allerta e vigile. Non deve lasciarsi provocare, né lasciarsi massacrare, ma deve anche difendere le sue conquiste. Deve difendere il diritto a costruire con il suo impegno una vita degna e migliore”.
(Salvador Guillermo Allende Gossens, Santiago del Cile, 26 giugno 1908 - Santiago del Cile, 11 settembre 1973)
Salvador Allende è stato un politico cileno, primo Presidente marxista democraticamente eletto nelle Americhe e, secondo alcuni, al mondo. Allende venne eletto il 4 settembre 1970 e fu Presidente del Cile dal 3 novembre 1970 fino alla destituzione violenta a seguito del golpe militare appoggiato dagli Stati Uniti, avvenuta l'11 settembre 1973, giorno della sua morte.
- Parole: Ultimo discorso di Salvador Allende, sottotitolato in italiano (Cile, 11 settembre 1973)
22 agosto 1973: il Congresso del Cile vota a favore di una risoluzione che condanna il governo del Presidente Salvador Allende e chiede che si dimetta o che venga spodestato con la forza e nuove elezioni.
Un brano musicale al giorno
Claude Debussy, Trois Nocturnes pour orchestre (1899). Eseguito dalla Montreal Symphony Orchestra, direttore d'orchestra Charles Dutoit.
00:00 - No. 1 Nuages ("Nuvole")
07:54 - No. 2 Fêtes ("Feste")
14:13 - No. 3 Sirènes ("Sirene")
Debussy: Nuages, Fête, Sirènes (In questo sito si trova un vero tesoro musicale)
I "Trois Nocturnes pour Orchestre", composti nel 1899, costituiscono il primo grande trittico orchestrale di Claude Debussy. Su di essi l'autore scrisse il seguente testo di presentazione: "Il titolo Nocturnes vuole assumere qui un significato più generale e soprattutto più decorativo. Non si tratta dunque della forma abituale del notturno, ma di tutto ciò che la parola contiene di impressioni e di luci particolari. Nuages: è l'aspetto immutabile del cielo con la lenta e malinconica processione delle nuvole, che termina in una grigia agonia dolcemente tinta di bianco. Fêtes: è il movimento, il ritmo danzante dell'atmosfera con bagliori di luce improvvisa, e anche l'episodio di un corteo (visione abbagliante e chimerica) che passa attraverso la festa e vi si confonde; ma il fondo rimane, ostinato, ed e sempre la festa con la sua mescolanza di musica, di polvere luminosa, che partecipa ad un ritmo totale. Sirènes: è il mare e il suo ritmo innumerevole, poi, tra le onde argentate di luna, si ode, ride e passa il canto misterioso delle sirene". Quando furono presentati a Parigi il 27 Ottobre 1901, il critico del "Courier Musícal" Jean d'Udine, autore tra l'altro di alcune ricerche sui rapporti tra suoni e colori ("La correlation des sons et des couleurs en art" del 1897 e "L'orchestration des couleurs" del 1903), scrisse nel suo articolo: "Non si potrebbe immaginare una sinfonia più sottilmente impressionista. Fatta tutta di macchie sonore, essa non si iscrive nella sinuosità di curve melodiche definite, ma i suoi concatenamenti di timbri - la sua armonia, direbbero i pittori - le conservano pur sempre una sorta di omogeneità, rigorosissima, che sostituisce la linea con la bellezza altrettanto plastica di sonorità distribuite sapientemente e sostenute logicamente...”
(Articolo completo in circuitomusica.it)
Il 22 agosto 1862 nasce Claude Debussy, pianista e compositore francese (morto nel 1918)
Un fatto sportivo al giorno
22 agosto 1851: la prima America's Cup è vinta dallo yacht America.
«America era uno yacht da corsa del XIX secolo e fu il primo vincitore del trofeo internazionale della Coppa America. Il 22 agosto 1851, l'America vinse la regata del Royal Yacht Squadron di 53 miglia (85 km) intorno all'Isola di Wight di 18 minuti. La "One Hundred Sovereign Cup" o "£ 100 Cup" dello Squadron, erroneamente conosciuta in America come "One Hundred Guinea Cup", fu in seguito ribattezzata con il nome dello yacht vincitore».
(Wikipedia)
- Immagini: Yacht America, 1851, replica in Chestertown Maryland
Ugo Brusaporco
Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.
INFORMAZIONI
Ugo Brusaporco
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web www.brusaporco.org
UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.
È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.
Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.
“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”
(Wikipedia)
“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”
(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)
“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.
(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)
“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”
(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)
“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”
(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)
“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.
(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)
Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/
Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0
https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs
https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4
https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk
Una poesia al giorno
Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].
Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi
che certo guarderanno male la nostra gioia,
talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?
Andremo allegri e lenti sulla strada modesta
che la speranza addita, senza badare affatto
che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?
Nell'amore isolati come in un bosco nero,
i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,
saranno due usignoli che cantan nella sera.
Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,
non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene
accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.
Uniti dal più forte, dal più caro legame,
e inoltre ricoperti di una dura corazza,
sorrideremo a tutti senza paura alcuna.
Noi ci preoccuperemo di quello che il destino
per noi ha stabilito, cammineremo insieme
la mano nella mano, con l'anima infantile
di quelli che si amano in modo puro, vero?
Nous serons
N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants
Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,
Nous serons fiers parfois et toujours indulgents
N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie
Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,
Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.
Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,
Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,
Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.
Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible
Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,
S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.
Unis par le plus fort et le plus cher lien,
Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,
Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.
Sans nous préoccuper de ce que nous destine
Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,
Et la main dans la main, avec l'âme enfantine
De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?
Un fatto al giorno
17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.
(da Focus)
Una frase al giorno
“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”
(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)
Un brano al giorno
Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k