L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno II. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...
Un film al giorno
BIRD (USA, 1988), regia di Clint Eastwood. Scritto da Joel Oliansky. Fotografia di Jack N. Green. Montaggio di Joel Cox. Musica di Lennie Niehaus. Con: Forest Whitaker, Diane Venora, Michael Zelniker, Samuel E. Wright, Keith David, Michael McGuire, James Handy, Damon Whitaker, Morgan Nagler, Arlen Dean Snyder, Sam Robards, Penelope Windust, Glenn Wright.
“Bird è un film biografico americano del 1988, prodotto e diretto da Clint Eastwood da una sceneggiatura di Joel Oliansky. Il film è un omaggio alla vita e alla musica del sassofonista jazz Charlie "Bird" Parker. È costruito come un montaggio di scene della vita di Parker, dalla sua infanzia a Kansas City, fino alla sua morte prematura all'età di 34 anni. Il film si muove avanti e indietro nella storia di Parker, mescolando momenti per trovare un po'di verità nella sua vita. Gran parte del film ruota attorno a poche relazioni importanti: con la moglie Chan Parker, la trombettista Bebop e il leader della band Dizzy Gillespie, e la sua influenza (sia musicalmente che sotto l’aspetto della dipendenza da eroina) sul trombettista Red Rodney. La performance di Forest Whitaker come Parker gli è valsa il plauso della critica e numerosi premi, tra cui il premio come miglior attore al Festival di Cannes del 1988 e una nomination ai Golden Globe. Clint Eastwood è stato premiato con il Golden Globe come miglior regista. Inoltre, il film ha vinto anche il prestigioso Grand Prix della Belgian Film Critics Association e l'Academy Award per il miglior suono (Les Fresholtz, Dick Alexander, Vern Poore, Willie Burton). Il film è stato tuttavia criticato per il suo uso di personaggi compositi, la sua assenza di qualsiasi rappresentazione delle prime tre mogli di Charlie Parker (tutte a differenza di Chan, erano afroamericane) e per il modo in cui esalta la sua amicizia e il suo lavoro rapporto con Red Rodney (bianco) a spese di Miles Davis (di cui si parla solo di passaggio. Un'altra critica comune del film è che sopravvaluta il livello di fama di Parker (ad esempio, l'immaginario titolo in prima pagina sul suo tentativo di suicidio)”.
(Articolo completo in en.wikipedia.org)
"Bird è un film del 1988 prodotto e diretto da Clint Eastwood, e scritto da Joel Oliansky. Nasce come tributo alla vita e soprattutto alla musica jazz del sassofonista Charlie "Bird" Parker. È costruito come un collage di scene dalla vita di Parker, dalla sua infanzia in Kansas, attraverso il suo matrimonio con Chan Richardson, fino alla sua prematura morte all'età di trentaquattro anni.
Il film racconta la storia di Charlie "Bird" Parker, sassofonista, genio del jazz, con un altro grande come Dizzy Gillespie, iniziatore del be-bop e con il trombettista bianco Red Rodney. Accanto agli amori andati, Parker attraversa fiumi di alcol e droga che lo devasteranno. Morirà a soli trentaquattro anni quasi in miseria, ma verrà ricordato come uno dei più grandi musicisti jazz della storia.
La struttura del film è costituita da una narrazione non lineare, sono presenti continui andirivieni temporali con ampio utilizzo di flashback. A tal proposito, a chi gli faceva notare la forse eccessiva frammentarietà della narrazione che avrebbe reso difficile al pubblico il seguire la storia, Eastwood rispose: «Se avessi dovuto raccontare la storia secondo l'ordine cronologico, il film sarebbe dovuto durare parecchie ore!». Le atmosfere del film sono principalmente notturne, e posseggono una fotografia molto contrastata. Le poche scene girate alla luce del giorno rappresentano momenti cupi della vita di Parker, come il funerale della figlioletta, la degenza al manicomio Camarillo, e infine il suo stesso funerale. Viceversa la notte è rappresentata come l'habitat ideale per il Parker musicista, libero di suonare e di sbizzarrirsi in ardite improvvisazioni suonando nei vari locali jazz. In definitiva Bird non è un film biografico in senso tradizionale, possiede piuttosto una struttura narrativa analogica-poetica più che descrittiva-storica, con personaggi inventati (Buster il sassofonista rivale di Parker), imprecisioni (sembra che al contrario di quanto mostrato nel film, a Parker piacesse il nascente Rhythm and blues, e che lo trovasse divertente piuttosto che scandalizzarsi per l'ascesa del genere stesso) e contiene episodi della vita di Parker abbastanza "romanzati" (vedasi il lancio del sassofono attraverso la vetrata dello studio di registrazione durante le sessioni per Lover Man, in realtà mai avvenuto) anche se non in senso prettamente hollywoodiano. Le maggiori critiche che furono mosse al film, riguardarono comunque la sfera musicale. A Eastwood venne rimproverato di aver fatto isolare in studio il suono del sassofono di Parker eliminando l'accompagnamento delle incisioni originali, per sovraincidervi un nuovo accompagnamento strumentale da parte di musicisti jazz contemporanei. Il regista motivò la scelta adducendo il fatto di voler avere a disposizione nastri della più elevata qualità sonora all'epoca disponibili, ma i fan di jazz più accaniti non gli perdonarono di aver così snaturato l'essenza delle registrazioni originali, eliminando le parti suonate da leggende come Max Roach, Dizzy Gillespie, ecc."
(Wikipedia)
- Il film: BIRD
Una poesia al giorno
La camicia dell'uomo felice, di Giovanni Battista Casti
Arsace a sollevar dalla mortale
Melancolia crudel, che sì l'afflisse,
Senza sapersen la cagion del male,
Che non si fece mai, che non si disse?
Tutta la facoltà medicinale
Pillole, droghe e farmachi prescrisse;
E tutti i venturieri e gl'impostori
Divenuti eran medici e dottori.
S'immaginar spettacoli novelli,
E piacer ricercati e pellegrini;
Ed uno fu dei lor pensier più belli
Di far venir d'Europa i burattini,
E da Napoli i cola e i pulcinelli,
E da Bergamo i zanni e gli arlecchini;
E se altri sono in altre regioni
Più luminosi e celebri buffoni.
Vecchie donne, che in ciò diceansi pratiche,
Tinto in olio pennel (pensier bisbetico!)
Volean passargli lieve in sulle natiche,
Perché stimola al riso un tal solletico;
E il riso per le sue virtù simpatiche
Della melancolia è un grande emetico;
Ma la decenza di quel buon sultano
Ricusò d'espor nudo il deretano.
Ma tutti eran rimedi incerti e vaghi,
E vani espedienti e senza effetto;
Onde per ritrovar cosa che appaghi
Le speranze de' sudditi e l'affetto,
Fu convocata l'assemblea de' maghi,
A cui credeasi risedesse in petto
D'ignote cose la scienza arcana
Superiore a intelligenza umana.
Talor, ma raro assai, quell'adunanza
Soleasi unir con potestà plenaria
In casi di grandissima importanza,
O in qualche occasion straordinaria,
O grave perigliosa circostanza,
Che indispensabil renda e necessaria
Determinazion pronta, e pront'ordine
Per por riparo a qualche gran disordine.
Così i Greci in affar di conseguenza
Consultavan gli oracoli dei numi;
Così i Romani giusta l'occorrenza
Delle Sibille aprivano i volumi;
Così in casi talor di coscienza
Imploriamo anche noi consiglio e lumi
Da paffuti dottor, per lo più frati
Nella teologia laureati...
(Testo completo con altre poesie del Casti in www.liberliber.it)
“Casti, Giovan Battista, letterato (Acquapendente 1724 - Parigi 1803). Studiò e insegnò nel seminario di Montefiascone fino al 1760 o 1761, quando passò a Roma e quindi (1765) a Firenze, ben accolto dal granduca Leopoldo; fu poi (1772) a Vienna presso Giuseppe II. Nel 1777 si trasferì a Pietroburgo, dove frequentò gli ambienti di corte, che descrisse poi nel Poema tartaro, poema satirico in 12 canti (1783, ma pubbl. 1796). Tornato a Vienna, ne fu allontanato quando Giuseppe II seppe del malumore suscitato da questo poema nella corte russa. Ma vi tornò nel 1791 dopo soste a Venezia, a Costantinopoli, a Torino, a Milano, e nel 1792 vi fu nominato, da Francesco II, poeta cesareo. Nel 1796 rientrò in Italia, dove ebbe un canonicato; dal 1798 si stabilì a Parigi. L'abate Casti fu migliore della fama, procuratagli specialmente dalle 48 Novelle galanti, in ottava rima, misto di arguzia, goffaggine e oscenità. Migliore il poema degli Animali parlanti (1802), in 26 canti in sesta rima, che, sotto la facile allegoria di un antidiluviano regno animale, satireggia la società umana, le vecchie e le nuove forme politico-sociali. Scrisse inoltre con originalità parecchi libretti di opere buffe”.
(Treccani)
- Musica: Antonio Salieri, La grotta di Trofonio. Libretto di Casti
Il 29 agosto 1724 nasce Giovanni Battista Casti (Acquapendente, 29 agosto 1724 - Parigi, 5 febbraio 1803), poeta e librettista italiano.
Un fatto al giorno
29 agosto 1842: la firma del trattato di Nanchino termina la prima guerra dell'oppio.
“Il trattato di Nanchino (in cinese 南京條約T, 南京条约S, Nánjīng TiáoyuēP), firmato il 29 agosto 1842, fu una convenzione che segnò la fine della prima guerra dell'oppio (1839-1842) fra l'Impero britannico e l'Impero dei Qing. Sulla scia della sconfitta cinese nella guerra dell'oppio, i rappresentanti dell'Impero britannico e dell'Impero Qing negoziarono un trattato di pace a bordo della nave inglese HMS Cornwallis, ormeggiata a Nanchino. Il 29 agosto 1842 il delegato inglese sir Henry Pottinger e i rappresentanti Qing Qiying, Ilibu e Niujian firmarono il patto, che consisteva in tredici articoli e che venne ratificato dalla regina Vittoria e dall'imperatore Daoguang dieci mesi dopo. ...Il trattato di Nanchino, in sé, non si discostava molto dai trattati di pace contemporanei in Europa; nondimeno esso si rivelò solo il primo di una serie di accordi fra la Cina e le nazioni occidentali nel XIX secolo, e al momento opportuno se ne cominciò a parlare come di un "trattato ineguale". L'intesa diede alla Cina una nuova struttura di rapporti esteri e commerciali marittimi che si sarebbe mantenuta per quasi un secolo. Anche se il paese riottenne poi l'autonomia tariffaria doganale negli anni venti, l'extraterritorialità non venne meno formalmente fino al 1943.
Una delle ripercussioni più durevoli del trattato fu l'esistenza della colonia britannica di Hong Kong. Nel 1860 essa fu estesa alla penisola di Kowloon e, nel 1898, la Seconda convenzione di Pechino la ampliò ulteriormente concedendo in affitto alla Gran Bretagna i Nuovi Territori. Si dovette aspettare il 1984 perché i governi del Regno Unito e della Repubblica Popolare Cinese siglassero la dichiarazione congiunta che previde il ritorno dell'intera regione alla Cina per il 1º luglio 1997.”
(Articolo completo in it.wikipedia.org)
Immagini:
- First Opium War - IV: Conflagration and Surrender - Extra History
- The Opium War: One War, Two Perspectives
Una frase al giorno
”Se tutti si comportassero come me, non si distruggono le aziende, ma gli estorsori, io non sono pazzo a denunciare, io non pago perché non voglio dividere le mie scelte con i mafiosi... Perché io ho fatto semplicemente il mio mestiere di mercante. C’è un mercato? Bene, io non posso cedere le mie decisioni imprenditoriali alla criminalità”.
(Libero Grassi, Catania, 19 luglio 1924 - Palermo, 29 agosto 1991, imprenditore italiano, ucciso da Cosa Nostra dopo essersi opposto a una richiesta di pizzo. È divenuto simbolo della lotta alla criminalità)
“Libero Grassi non portava le insegne delle istituzioni di Piersanti Mattarella, non portava sulle spalle la toga di Rocco Chinnici, di Rosario Livatino, Antonio Saetta, di Antonino Scopelliti e nemmeno la divisa del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e di Ninni Cassarà.
Libero Grassi aveva soltanto la sua dignità di cittadino. E’ morto per quella, il 29 agosto 1991, in una Palermo in cui anche i civili, soprattutto i più civili, erano bersagli di una guerra che aveva alzato il tiro contro le regole, anche se le macerie peggiori quelle di Capaci, Via D’Amelio, del Velabro, dei Georgofili, di via Palestro dovevano ancora venire. Libero Grassi faceva l’imprenditore e al giogo che teneva sotto tanti aveva detto di no: era Libero di nome, pretendeva di esserlo di fatto e davanti a tutti.
Non solo rimandò al mittente la richiesta del pizzo ma rispose pubblicamente in una lettera al Giornale di Sicilia. Così: «Caro estortore, volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere... Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al “Geometra Anzalone” e diremo no a tutti quelli come lui». (Libero Grassi, Giornale di Sicilia del 10-01-1991).
Di lì a poco accettò l’invito di Michele Santoro a Samarcanda, andò a ripetere le cose che vedeva dall’osservatorio della sua azienda a conduzione familiare, la Sigma, un’azienda sana che non voleva dare in mano a chi gliel’avrebbe succhiata a poco a poco con la scusa di un indebito aiuto estorto in favore dei “poveri amici carcerati”, per pagare le spese legali dei “picciotti chiusi all’Ucciardone”. Libero Grassi faceva pigiami, calzini, biancheria. Dava lavoro, onesto. Esportava. Voleva continuare a farlo per rispetto di sé stesso e del nome che portava. Il maxiprocesso era in corso e solo un anno e qualche mese dopo Cosa Nostra, che per troppi e anche per qualche tribunale non esisteva, sarebbe stata scolpita in una sentenza definitiva.
Libero Grassi camminava libero per strada quel mattino del 29 agosto 1991, andava a piedi al lavoro provando a scrollarsi dai sandali lo scirocco dell’estate palermitana, l’ha ucciso una pallottola in Via Alfieri. Erano passati sei mesi e rotti dalla sua denuncia pubblica ed era rimasto, famiglia a parte, solo davvero. C’è voluta la sua morte perché nascessero Fai, Libero Futuro, le associazioni che aiutano gli imprenditori che denunciano e AddioPizzo una rete di commercianti “pizzo free” e di consumatori critici. Perché il velo che aveva squarciato costringesse il mondo a guardarci dentro. Ma la storia insegna che c’è ancora molto da fare”.
(Articolo completo di Elisa Chiari in www.famigliacristiana.it)
- Immagini: Libero Grassi, Intervista a Samarcanda (11/04/1991)
Un brano musicale al giorno
Charlie Parker, All the things you are
“Charles Parker Jr. (29 agosto 1920 - 12 marzo 1955), noto anche come Yardbird and Bird, fu un sassofonista e compositore jazz americano. Parker era un solista jazz molto influente e una figura di spicco nello sviluppo del bebop, una forma di jazz caratterizzata da tempi veloci, tecnica virtuosistica e armonie avanzate. Parker era un virtuoso incredibilmente veloce e introdusse idee armoniche rivoluzionarie inclusi accordi rapidi, nuove varianti di accordi alterati e sostituzioni di accordi. Il suo tono variava da pulito e penetrante a dolce e cupo. Parker ha acquisito il soprannome di "Yardbird" all'inizio della sua carriera on the road con Jay McShann. Questo, e la forma abbreviata "Bird", ha continuato ad essere utilizzato per il resto della sua vita, ispirando i titoli di un certo numero di composizioni di Parker, come come "Yardbird Suite", "Ornithology", "Bird Gets the Worm" e "Bird of Paradise". Parker era un'icona per la sottocultura hipster e più tardi per la Beat Generation, personificando il musicista jazz come artista intransigente e intellettuale e non solo come intrattenitore”.
(Wikipedia)
29 agosto 1920 nasce Charlie Parker, sassofonista e compositore americano (morto nel 1955).
Un fatto sportivo al giorno
29 agosto 1981 nasce Geneviève Jeanson, ciclista canadese.
«Geneviève Jeanson (nata il 29 agosto 1981) è un ex ciclista professionista del Quebec, in Canada. Ha vinto i campionati mondiali di strada e cronometro nel 1999 e il Tour de Snowy nel 2000. In seguito ha vinto la Coppa del Mondo di La Flèche Wallonne. Si è unita alla squadra olimpica canadese quell'anno. Ha riconosciuto in un documentario su Radio-Canada (CBC francese), il 20 settembre 2007, di essere stata amministrata EPO più o meno continuamente da quando aveva 16 anni. Dopo aver risieduto a Phoenix, in Arizona ea San Diego, in California (dove ha studiato sociologia e psicologia), nel 2012 è tornata a Lachine, nel Quebec, per vivere con i suoi genitori una volta estranei e completare la sua istruzione universitaria alla Saint-Anne Collégial International. Nell'autunno 2014 ha frequentato la Concordia University, a Montreal, dove ha studiato neuroscienze. Jeanson attualmente vive con il suo marito di common law e lavora nel settore del fitness».
(Articolo completo in: en.wikipedia.org)
- Immagini: Les avoeux de genevieve Jeanson (septembre 2007)
Ugo Brusaporco
Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.
INFORMAZIONI
Ugo Brusaporco
e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
web www.brusaporco.org
UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.
È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.
Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.
“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”
(Wikipedia)
“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”
(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)
“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.
(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)
“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”
(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)
“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”
(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)
“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.
(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)
Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/
Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0
https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs
https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4
https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk
Una poesia al giorno
Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].
Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi
che certo guarderanno male la nostra gioia,
talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?
Andremo allegri e lenti sulla strada modesta
che la speranza addita, senza badare affatto
che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?
Nell'amore isolati come in un bosco nero,
i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,
saranno due usignoli che cantan nella sera.
Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,
non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene
accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.
Uniti dal più forte, dal più caro legame,
e inoltre ricoperti di una dura corazza,
sorrideremo a tutti senza paura alcuna.
Noi ci preoccuperemo di quello che il destino
per noi ha stabilito, cammineremo insieme
la mano nella mano, con l'anima infantile
di quelli che si amano in modo puro, vero?
Nous serons
N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants
Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,
Nous serons fiers parfois et toujours indulgents
N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie
Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,
Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.
Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,
Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,
Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.
Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible
Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,
S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.
Unis par le plus fort et le plus cher lien,
Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,
Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.
Sans nous préoccuper de ce que nous destine
Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,
Et la main dans la main, avec l'âme enfantine
De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?
Un fatto al giorno
17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.
(da Focus)
Una frase al giorno
“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”
(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)
Un brano al giorno
Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k