L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...
Un film al giorno
THE EFFECT OF GAMMA RAYS ON MAN-IN-THE-MOON MARIGOLDS (Gli effetti dei raggi gamma sui fiori di Matilda, USA, 1972), regia di Paul Newman. Tratto dalla pièce teatrale di Paul Zindel. Sceneggiatura: Alvin Sargent. Fotografia: Adam Holender. Montaggio: Evan Lottman (Evan A. Lottman). Musiche: Maurice Jarre. Con: Joanne Woodward (Beatrice Hunsdorfer), Nell Potts (Matilda Hunsdorfer), Roberta Wallach (Ruth Hunsdorfer), Judith Lowry (Tata), David Spielberg (Sig. Goodman), Richard Venture (Floyd), Carolyn Coates (Sig.ra Mckay), Will Hare (Vagabondo), Estelle Omens (Caroline).
Beatrice Hansdoofer è una donna di mezza età, vedova, molto frustrata per non avere mai raggiunto ciò che desiderava. Forse, però, nemmeno lei sa cosa avrebbe voluto raggiungere... Il suo comportamento, talvolta comico, talvolta esageratamente aspro e drammatico, la porta a consumare un'esistenza assai inconcreta. Vive con la pensione di guerra del marito e, per arrotondare, affitta una stanza a vecchi bisognosi di cure. Beatrice ha due figlie: Ruth, disinibita ed interessata soprattutto a flirtare coi coetanei e Matilda, molto introversa e studiosa. Quando Matilda vince il premio della scuola come miglior rappresentante degli esperimenti scientifici, Beatrice vorrebbe intervenire alla festa in onore della figlia ma, improvvisamente, i fantasmi del passato riemergono: la scuola è tutt'oggi frequentata da insegnanti e impiegati che conoscono la gioventù di Beatrice, piena di comportamenti ridicoli posti in essere, forse, per raggiungere qualche imprecisato sogno di notorietà. Beatrice interviene alla festa mettendo in ridicolo se stessa e le figlie, poi tutto riparte da zero... Come se nulla fosse mai successo.
“Il Paul Newman che non ti aspetti questo della pellicola in oggetto, una delle poche firmate come regista, ma che rimangono significative nella carriera dell’attore statunitense. America anni ’70, Beatrice rimasta priva del marito deve allevare da sola le due figlie Ruth e Matilda, in mezzo alle difficoltà di ogni giorno: la scuola delle ragazze, la casa, la penuria costante di soldi per intraprendere un’attività in proprio che sia più redditizia rispetto all’attività di hospice verso gli anziani che funge da unica fonte di reddito per il nucleo familiare. Ma questa povertà è fatta di dignità, seppure nella disperazione della solitudine e nella mancanza di comprensione con i parenti del marito e con il mondo. Betty è una donna che si è vista negare la realizzazione economica, ma che non ha rinunciato alla propria dignità di madre, orgogliosa delle proprie figlie. Il nome della pellicola è dovuto agli esperimenti che la piccola Matilda compie su dei semi di margherita sottoposti a radiazioni. Matilda è appassionata di esperimenti scientifici e questa passione la porta a imporsi all’attenzione dell’istituto che la premia per questa attività scientifica. Vi è in nuce in questi esperimenti una riflessione sulla civiltà atomica, su quanto l’energia atomica sia di aiuto all’uomo e possa creare anche il bello se usata nella maniera corretta, ma altresì sia capace di morte laddove usata senza raziocinio. Il film girato negli anni ’70 ci dice di un periodo storico in cui la guerra atomica era argomento di discussione quotidiano. Molto toccanti le riflessioni della piccola Matilda laddove presenta il suo esperimento davanti all’uditorio che la premia e, alla fine del film, dove parla dei suo esperimenti come fonte di riflessione sul mondo, sul sole sulle stelle, e motivo di ringraziamento a Dio per quanto fatto per gli uomini: alla fine nonostante tutte le difficoltà della vita Matilda è pronta ad affermare “non odio il mondo, mamma”. In questo senso il film si fa strumento di comprensione del mondo, di una certa epoca e ne vede i lati positivi nonostante la minaccia costante rappresentata dell’energia atomica. Il film ci dà in questo senso uno spaccato dell’America della middle-low class negli anni ’60-70 che nonostante le preoccupazioni e i limiti che le ristrette condizioni economiche impongono alla libertà, tuttavia non smette di vivere il sogno americano e di sperare in una vita migliore per il futuro. La regia essenziale, mai sopra le righe, può contare sulle rilevanti capacità attoriali della moglie di Newman, Joanne Woodward, che riesce a tratteggiare con veridicità il proprio personaggio. La pellicola è stata riportata alla ribalta in occasione del festival di Cannes 2008 dove la sua proiezione ha trovato consensi entusiasti e ha ricordato al mondo il Newman regista”.
(Francesco Carabelli in www.storiadeifilm.it)
Dal dramma di Paul Zindel, vincitore del premio Pulitzer. Paul Newman al servizio della moglie Joanne, in cerca di una buona occasione interpretativa. Qui è una madre che cerca di crescere le figlie, ognuna afflitta da non lievi problemi. Il titolo si riferisce alla speranza che continua a fiorire nonostante tutte le amarezze che ci porta la vita.
Nell Potts era il nome d'arte di Nell Newman, figlia di Joan Woodward (e del regista Paul Newman) anche nella vita, mentre l'altra giovane interprete, Roberta, era la figlia di Eli Wallach. Curiosamente, se nel film il suo personaggio conduce esperimenti coi fiori, da adulta Nell ha davvero intrapreso la carriera di biologa e ambientalista.
Il film, nonostante il premio a Cannes 1973 e la fama della protagonista e del regista, è pressoché inedito in Italia, dove non è mai stato distribuito nei cinema ed è stato programmato in televisione solo di notte o su circuiti minori.
Una poesia al giorno
L'accenno di un canto primaverile, di Aleksandr Aleksandrovič Blok
Il vento portò da lontano
l'accenno di un canto primaverile,
chissà dove, lucido e profondo
si aprì un pezzetto di cielo.
In questo azzurro smisurato,
fra barlumi della vicina primavera
piangevano burrasche invernali,
si libravano sogni stellati.
Timide, cupe e profonde
piangevano le mie corde.
Il vento portò da lontano
le sue squillanti canzoni.
Un fatto al giorno
3 aprile 1922: Joseph Stalin diventa il primo segretario generale del Partito comunista dell'Unione Sovietica. “Il Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS, Kommunističeskaya partija sovetsgogo sojuza, KPSS) è un partito politico russo, continuatore dell’esperienza del Partito operaio socialdemocratico russo e poi del Partito comunista (bolscevico), costituito nel 1925 e sciolto nel 1991. Le origini. Le origini del PCUS sono nel Partito operaio socialdemocratico russo (POSDR), costituito a Minsk nel 1889. Al 2° Congresso (1903) il partito si divise in un’ala maggioritaria (bolscevica) guidata da V.I. Lenin, di orientamento rivoluzionario, e un’ala minoritaria (menscevica), di impostazione gradualista. Nel 1912 la frazione bolscevica si staccò dal POSDR fondando il Partito operaio socialdemocratico russo (bolscevico). Quest’ultimo, sempre sotto la guida di Lenin, nel 1917 fu protagonista della Rivoluzione d’ottobre e nel 1918 prese il nome di Partito comunista russo (bolscevico). Nel 1919 fu il principale promotore dell’Internazionale comunista (Comintern). All’indomani della nascita dell’Unione Sovietica (dicembre 1922) e della scomparsa di Lenin (1924), al 14° Congresso (1925) il partito - ora guidato da Stalin - assunse il nome di Partito comunista (bolscevico) di tutta l’Unione. Frattanto il suo ruolo andava sempre più intrecciandosi con quello dello Stato. Le lotte successive alla morte di Lenin videro la sconfitta delle opposizioni interne, prima di L. Trockij, che aveva rilanciato la linea della «rivoluzione permanente», contrastato da L. Kamenev e N. Bucharin; e poi di G. Zinov’ev, pure scettico sulla possibilità di costruire il socialismo in URSS e propugnatore di uno sviluppo trainato dalle importazioni di prodotti avanzati. Il 14° Congresso vide invece prevalere l’ipotesi - sostenuta con sfumature diverse da Stalin e Bucharin -del «socialismo in un paese solo», ossia del tentativo di costruire il socialismo pur in un Paese arretrato come la Russia sovietica, puntando sullo sviluppo dell’industria pesante e sull’alleanza tra operai e contadini poveri e medi. Nel 1926 la pubblicazione del «testamento di Lenin» provocò una nuova offensiva dell’opposizione, la quale fu accusata di frazionismo, e nel 1927 Trockij e Zinov’ev furono espulsi. Al 15° Congresso Stalin lanciò la linea della pianificazione economica e della collettivizzazione dell’agricoltura. Nel 1929 fu quindi varato il primo piano quinquennale, e stavolta fu Bucharin a trovarsi in minoranza e a essere estromesso dal Politburo. Il partito intanto (1934) assumeva il nome di Partito comunista (bolscevico) dell’Unione Sovietica. Negli anni seguenti le lotte interne si acuirono ulteriormente, dando origine alla fase delle purghe e dei processi staliniani. Al tempo stesso il Partito sovietico restava la forza centrale nel movimento comunista mondiale e nel Comintern. Dopo la vittoria sul nazismo e il graduale formarsi di un «campo socialista» il partito accrebbe il suo prestigio.”
(Enciclopedia Treccani)
I bolscevichi credono in un’organizzazione gerarchica del partito fortemente centralizzata che ha lo scopo di rovesciare lo Zar e di conquistare il potere. Ai fini della lotta rivoluzionaria contro un potere dispotico, e dunque in condizioni di clandestinità, teorizzano un’organizzazione rigorosamente disciplinata, basata su un severo centralismo. Quest’ultimo rimane una costante della loro concezione, ma evolvendosi nel centralismo democratico, secondo il quale dopo ampie discussioni, una volta assunta una decisione essa viene sostenuta e difesa da tutto il partito. I bolscevichi, pur teorizzando la massima duttilità tattica, sono contrari a un’alleanza strategica con i partiti liberali o radicali egemonizzati dalla borghesia. Una unità d’azione fu invece praticata nei confronti delle altre organizzazioni socialiste, in vista della presa del potere e anche nei primi anni del potere sovietico.
Una frase al giorno
“Tu sarai amato, il giorno in cui potrai mostrare la tua debolezza, senza che l'altro se ne serva per affermare la sua forza”.
(Cesare Pavese)
Un brano al giorno
Peaches En Regalia, di Frank Zappa
È la prima traccia dell'album Hot Rats, pubblicato nel 1969. In alcuni album successivi del compositore è presente con diversi arrangiamenti. Si tratta di un brano interamente strumentale con forti influenze jazzistiche. È largamente riconosciuto dagli appassionati di Zappa come una delle sue composizioni più riuscite e più rappresentative del suo complesso genere musicale.
"Frank Zappa, un siciliano di seconda generazione con un’educazione musicale estremamente costosa ed un passato da compositore classico, diviene ben presto una sorta di Pasolini americano, l’uomo che, da sinistra, contesta la contestazione. Frank Zappa, che esplode nel 1967 come una sorta di santone freak, in realtà ha una scoperta antipatia per gli hippie e per il movimento universitario e da subito è stato considerato da molti uno snob. Della musica di quell’estate infinita Zappa disprezzava la semplicità e ripetitività delle linee melodiche ed i testi buonisti o addirittura romantici. Della politica Zappa aveva un’idea tutta sua: nel mondo i governi promulgano leggi sempre più complicate che vanno a colpire comportamenti sempre più minuscoli ed irrilevanti. Lo scopo, diceva Zappa, era la criminalizzazione totale. Chiunque ha commesso un qualche crimine, per quanto piccolo, e quindi prova simpatia per gli altri criminali e per i violenti quindi per i politici americani, che uccidono tramite la loro polizia ed il loro esercito che coprono i soldi ed il potere conquistati con la loro corruzione. Dato che a letto con le donne sono scarsi e non hanno nessun talento, cercano di reprimere le donne e tutti coloro che il talento lo hanno, e per questo usano qualunque mezzo - anche le icone pop. Come Pier Paolo Pasolini e Giorgio Gaber in Italia e tanti altri intellettuali in Europa ed America, venne tacciato di essere controrivoluzionario e piccolo borghese. Il suo successo mostra che fece bene a fregarsene. Diceva: “scrivo musica complessa perché la vita è complessa, ma ho una buona intesa con la mia donna, quindi sul palco magari non suono, perché conosco tantissimi musicisti molto più bravi di me e non ho bisogno di impugnare una chitarra per far vedere che forse ce l’ho lungo e non devo fare il cantante solista per fingere passioni che non ho. Infatti digerisco benissimo”.
Ugo Brusaporco
Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.
INFORMAZIONI
Ugo Brusaporco
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web www.brusaporco.org