“L’amico del popolo”, 4 maggio 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

THIS SPORTING LIFE (Io sono un campione, GB, 1963), regia di Lindsay Anderson. Sceneggiatura: David Storey. Fotografia: Denys Coop. Montaggio: Peter Taylor. Musiche: Roberto Gerhard. Con: Richard Harris, Rachel Roberts, Alan Badel, William Hartnell, Colin Blakely, Vanda Godsell, Anne Cunningham, Jack Watson, Arthur Lowe, Harry Markham, Glenda Jackson.

THIS SPORTING LIFE su youtube

Frank Machin, un minatore inglese, grazie al suo fisico diventa un giocatore di rugby. Il successo sportivo con i relativi guadagni gli permettono facili avventure. Si innamora di una vedova, sua padrona di casa, affezionandosi anche ai bambini di lei. La donna lotta per non lasciarsi sopraffare dalla prepotenza di Frank, ma poi cede alle sue pressioni. Ma la mancanza di affetto da parte della donna che ama lo rende più arrogante con avversari e compagni di gioco e questo sarà la causa del suo declino.

“In una città industriale, un minatore di fondo (Richard Harris) non riesce a vivere con la vedova che ama (Rachel Roberts) e, diventato giocatore di rugby, è per qualche tempo celebre e ricco, prima di ricadere nella miseria. Un quadro più lucido che amaro della "difficoltà d'esistere" per un operaio inglese. Il primo lungometraggio di Lindsay Anderson creatore del "Free cinema" è uno dei migliori prodotti (coi film di Reisz e Richardson) del filone degli angry men”.

(Georges Sadoul)

“Un minatore, nell’ambiente difficile di una città industriale, vive la sua esistenza disadattata, non trovando l’inserimento nel successo, come giocatore di rugby, e nell’amore. Disonestà, corruzione, alienazione e nevrosi finiscono per soffocare ogni sua energia. È una delle opere più complesse del "Free cinema": vi si fondono elementi documentaristici, secondo la tradizione di Grierson e i fermenti culturali inglesi più recenti. Lindsay Anderson costruisce sul suo personaggio una poetica intensamente drammatica, giungendo spesso a toni di una crudezza insolita anche nei giovani registi ‘arrabbiati’ e più vicini al teatro inglese contemporaneo”.

(Alberto Abruzzese)

“Anche This Sporting Life, tratto dall’omonimo romanzo di David Storey che in Italia è apparso col titolo Io sono un campione e che in Francia è stato ribattezzato “Le prix d’un homme” (perdendo in ogni caso l’accento ironico dell’originale) è un film sull’incomunicabilità, ma realizzato con uno stile fortemente realista che lo spoglia di oscuri simbolismi.
È che il suo autore, l’inglese Lindsay Anderson, viene sì, come Antonioni, dal documentario, ma alla sua attività cinematografica ha affiancato, negli ultimi anni, quella di regista teatrale, che lo ha necessariamente costretto a stabilire un diretto contatto col pubblico, e a dare una certa violenza visiva alle proprie intuizioni poetiche. Egli è, infatti, uno dei fondatori del “Free cinema” inglese, che fra il 1955 e il 1959 combatté animosamente contro la tradizione borghese e conformista del cinema commerciale, in favore di un realismo duro e spregiudicato: al quale si deve Sabato sera, domenica mattina e poi opere come Sapore di miele e Una maniera di amare.
Appunto Karel Reisz, regista di Sabato sera, domenica mattina, è ora il produttore di Io sono un campione: e con ciò s’intende che il “Free cinema” discioltosi come movimento, ha seminato bene. Questo di Anderson non è, infatti, un gran film, perché nel romanzo che l’ha ispirato c’è qualcosa di convenzionale, e nella regia qualche concessione al gusto del telaio troppo folto di fili, ma ha il crisma di una scuola che non vuol giocare a nascondino con la verità della vita, e vuole colpire, tagliare, spezzare le finzioni con un linguaggio aspro e virile.
Protagonista del film è il mito antico della caduta dell’eroe: un minatore inglese che, fortissimo di muscoli ma inquieto e scontento nell’animo, è ossessionato dal successo. Crede di trovarlo trasformandosi in giocatore di rugby, pagato profumatamente dall’industriale della cittadina in cui vive, e che volentieri lo ingaggia per la squadra di cui è presidente, ma presto si avvede che il successo sportivo, il denaro, l’occasione di facili avventure, non gli bastano. Egli ama, furiosamente, la vedova che gli ha affittato una camera, una donna che ha il rimorso di non aver reso felice il debole marito, e ora teme di avvicinarsi ad altri uomini. E il suo è un amore commisto di rabbia, di presunzione, e di tenerezza per i due bambini della donna, la quale a sua volta deve lottare con se stessa per non lasciarsi sopraffare dalla presenza, in casa, di un uomo così robusto, apparentemente sicuro di sé, barbaro ma forse schietto.
Col tempo, essa finalmente accetta di divenirne l’amante. La violenza, l’arroganza di lui sono tali, che però fra loro sussiste una barriera di estraneità. E questa è la disperazione del campione: aver piegato, pestandoli, i compagni e gli avversari nel gioco, e avvertire l’inimicizia, che infine trascende nell’odio, della donna che ama. Crescendo l’insicurezza, aumenta la sua brutalità. Più lei resiste al fascino dell’idolo delle folle, più lui si getta con furia nelle mischie. E un giorno ne esce con sei denti rotti. È il principio del suo declino di campione. Accusato di essere troppo duro nel gioco, l’uomo che per lealtà ha rifiutato le grazie della moglie del presidente della squadra, diviene a poco a poco un oggetto fra gli ambiziosi industriali sportivi, la folla lo abbandona, egli si sente come una scimmia che dà spettacolo. Anche la vedova quand’egli ha più bisogno di lei, lo disprezza e si vergogna d’esserne la mantenuta. Costretto a lasciare la casa, ubriaco, ramingo, avvilito, l’uomo torna infine al capezzale della donna morente, per chiederle di continuare a vivere per lui, di dimostrargli che anche un violento può amare. Ma la tenerezza è ormai inutile: essa muore, e il campione si trascina nel fango della mediocrità e nella nausea di se stesso. La linea del romanzo, così essenziale nella progressione drammatica, si frastaglia, nel film, per una serie di episodi minori che non sono necessari al ritratto dei due protagonisti. Ciò gli toglie un po’ di mordente, e lo imparenta coi film in cui l’interesse per la trama prevale sullo studio e lo scontro dei caratteri. Ma dove Anderson prende di petto il tormento del campione e della vedova, che nel vano tentativo di comprendersi si feriscono l’un l’altra, e lo esprime con immagini dure e lucide come una lama, e tuttavia intrise di umana sofferenza, allora l’opera ha l’asciuttezza del ciglio percosso ma ormai senza lacrime. Tersa d’ogni sentimentalismo, la "camera" di Anderson riassume una verità della vita nell’inesorabile solitudine cui sono condannati coloro che non riescono a uscire da se stessi. Notevole, nel film la recitazione di Richard Harris, che già recitò ne Gli ammutinati del Bounty, e si dice abbia avuto una parte importante nella sceneggiatura, e di Rachel Roberts, che ricorderete come protagonista di Sabato sera, domenica mattina: un’attrice non bella, ma che sa esprimere con molta bravura il dramma della donna tentata e respinta dalla forza virile”.

(Giovanni Grazzini. Nota di Brusaporco: il più grande critico cinematografico italiano, ed è importante essere stato suo allievo)

Richard Harris in THIS SPORTING LIFE (Io sono un campione, GB, 1963), regia di Lindsay Anderson

 

Una poesia al giorno

Pool aastat on läbi (La metà dell’anno è passata), di Jaan Kaplinski. Traduzione di Raffaella Marzano.

La metà dell’anno è passata. Nella stanza al pianterreno
la radio trasmette musica rock.
Sono arrivate le vacanze. Per metà dell’anno
ho pensato: in estate scriverò poesie. Ora
sto qui seduto e ancora una volta
una falena bianca mi entra nella mente.
La falena volava intorno alla betulla ieri sera
e io sentii che avrei potuto scriverci su una poesia; sentii
che avrei scritto su questa sera,
questa betulla e questa falena,
sarebbe stata una poesia. Forse la falena
era solo un segno, un segno di qualcosa
lontano, più alto e più profondo,
come un paio di volte prima. Un segno:
qualcuno è fuggito, prende il volo,
vola via.
I rami dondolano nel vento della notte. Una poesia.
Venuta. Andata.

 

Un fatto al giorno

4 maggio 1953: Ernest Hemingway vince il Premio Pulitzer per The old man and the sea. Nel 1954 per The old man and the eea gli sarà assegnato anche il premio Nobel. “Il suo meglio. Il tempo potrà mostrare come sia il miglior pezzo singolo di ognuno di noi, voglio dire il suo e dei miei contemporanei. Questa volta, ha scoperto Dio, un Creatore. Finora, i suoi uomini e le sue donne si erano fatti da soli, si erano formati dalla loro stessa argilla; le loro vittorie e le sconfitte erano nelle loro mani, solo per dimostrare a se stessi o a un altro quanto potevano essere duri. Ma questa volta, ha scritto sul peccato: su qualcosa che da qualche parte ha fatto tutti loro: il vecchio che doveva catturare il pesce e poi l’ha perso, e il pesce che doveva essere catturato ed è stato perso, gli squali che dovevano derubare il vecchio del suo pesce; li ha fatti tutti e li ha amati tutti e ha provato pietà per tutti loro. È tutto giusto. Lode a Dio che qualunque cosa abbia fatto e ama e compatisce Hemingway e io gli abbiamo impedito di toccarla ulteriormente”.

(William Faulkner)

Ernest Hemingway fu scrittore statunitense (n. Oak Park, Illinois, 1899 - m. Sun Valley, Idaho, 1961), romanziere tra i più celebri del Novecento; il tema ricorrente di tutta la sua opera è la sfida alla morte, carattere distintivo anche di un percorso di vita singolare, conclusosi con il suicidio. In posizione polemica contro ogni abbandono emotivo, con i suoi laconici dialoghi e il tono verbale sempre un po' al disotto della situazione, volontariamente implicante più di quanto dice (understatement), Hemingway inaugurò quella narrativa sconcertante (hard-boiled) che ha avuto tanti seguaci e imitatori. Autore del più importante romanzo sulla prima guerra mondiale, A farewell to arms (1929), tra le sue opere principali occorre citare anche For whom the bell tolls (1940) e The old man and the sea (1952), vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1954”.

(Enciclopedia Treccani)

Il vecchio e il mare, disegnato: Marcel Schindler ha realizzato un cortometraggio in stop motion che racconta per immagini Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway. I disegni sono di Hagen Reiling

Il vecchio e il mare, disegnato: Marcel Schindler ha realizzato un cortometraggio in stop motion che racconta per immagini Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway. I disegni sono di Hagen Reiling.

 

Una frase al giorno

“Le esperienze che contano sono spesso quelle che non avremmo mai voluto fare, non quelle che decidiamo noi di fare”

(Alberto Moravia)

 

Un brano al giorno

Lumen, 1975, di Franco Donatoni (Verona 9 giugno 1927 - Milano, 17 agosto 2000). Per viola, violoncello, ottavino, clarinetto basso in si bemolle, celesta e vibrafono; scritto in memoriam Luigi Dallapiccola (1975) - Gruppo Musica Insieme di Cremona, diretto da Andrea Molino.

 

 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org