“L’amico del popolo”, 5 marzo 2020

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno IV. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

GERMINAL (Francia, 1913), regia di Albert Capellani. Scritto da Albert Capellani. Basato sul romanzo “Germinal” di Emile Zola (1885). Fotografia: Louis Forestier, Pierre Trimbach. Produzione: Pathé Frères. Decorazioni: Henri Ménessier.
Cast: Henry Krauss: Étienne Lantier. Auguste. Mévisto: Catherine Maheu. Albert Bras: Hennebeauò Paul Escoffier: Henri Negrel. Jeanne Cheirel: La Maheude. Cécile Guyon: Cécile Hennebeau.Marc Gérard: Bonnemort. René Lefèvre-Bel: Félix.

GERMINAL (Francia, 1913), regia di Albert Capellani

“Forte del successo dei Misérables nel 1912, Capellani, l'anno successivo - anno di cui è risaputa l'importanza sotto ogni punto di vista, ivi compreso quello del realismo nel cinema, gira con mezzi inusitati e conformi al progetto un affresco di inconsueta lunghezza (circa 2 ore e mezzo), basato sul celebre romanzo di Zola che descrive la vita dei minatori, simbolo durevole della condizione operaia fin verso il 1960.
Ci si rende conto di quanti passi avanti si siano fatti in così pochi anni rispetto ai fondali dipinti di Zecca, se si tiene presente anche il notevole film di Victorin Jasset Au pays des ténèbres (1911), pure esso parzialmente girato in una miniera abbandonata, nel quale era già presente la preoccupazione dell'autenticità e il talento plastico del maestro dell'Eclair.

Questa pellicola di 705 metri era una trasposizione di Germinal inevitabilmente sommaria per la mancanza di mezzi adeguati, ma segnava l'ingresso del paesaggio industriale nel cinema francese. Oltre all'ampiezza e alle prevedibili peripezie, Germinal di Capellani fece epoca non tanto per lo spirito dell'adattamento quanto per la sua forza espressiva. Rispetto ai contenuti rigidamente controllati e abitualmente somministrati in questo genere di produzioni, la rottura è netta. In particolare la regola era di tacere sulla lotta di classe, i motivi profondi dei conflitti sociali, l'attività sindacale nel contesto politico.

GERMINAL (Francia, 1913), regia di Albert Capellani

I comportamenti eventualmente inammissibili di padroni, quadri, ingegneri… erano sempre presentati come eccezionali, considerati dal punto di vista della psicologia individuale e della morale, e alla fine condannati. Sull'altro versante, gli operai seri potevano essere vittime della sorte, che la bontà dei superiori cercava di alleviare, ma potevano anche - perché ignoranti e ingenui - lasciarsi trascinare da “agitatori” parassiti o corrotti che predicano la rivolta tra una bevuta e l'altra in osteria. Lo sciopero rovina le famiglie e può condurre alla violenza, alla distruzione stessa degli strumenti di lavoro. Meglio la pace sociale.

Se si esamina l'inizio e la fine dell'opera, si può constatare la chiara presa di posizione a favore dell'emancipazione della classe operaia, rappresentata nel rispetto della verità, senza angelicarla, anche se certe parti girate in studio sono meno credibili. Ad attirare subito l'attenzione dello spettatore è il fatto che questo è un dramma collettivo, esplicitato attraverso l'accuratezza degli ambienti in cui si svolge e tradotto nei gesti naturali del vissuto; trattandosi di un destino comune, ogni individuo partecipa a una sorta di coro sociale.

Gli attori, che dimostrano una buona intesa, recitano in accordo alle norme del realismo di allora; più che dalla messa in quadro, i personaggi sono definiti attraverso l'abbigliamento, i gesti sobri, l'illuminazione. L'azione continua è montata logicamente, in campo medio, e senza effetti insistiti. Una tale maturità stilistica, ma prima di tutto ideologica, fa evidentemente pensare al maestro di Capellani (come gli interpreti: Henry Krauss, Mlle Sylvie, Mévisto…), ovvero ad André Antoine, che la S.C.A.G.L. cercava di attrarre. Ma non è provato che lui, intimo di Zola, prima di passare al cinema abbia partecipato alla sceneggiatura di questo Germinal che sembra portare sullo schermo gli elementi essenziali della sua lezione. Pur freddi, gli anarchici del momento (Le Libertaire, Le cinéma du Peuple) diedero il loro sostegno a questa originale produzione che uscì dieci mesi prima della Grande Guerra.”

(Philippe Esnault in Catalogo Giornate del Cinema Muto in www.mymovies.it)

GERMINAL (Francia, 1913), regia di Albert Capellani

Gli elementi dei film di Capellani presenti negli archivi della Cinémathèque française fanno parte di un fondo depositato dalla Pathé nel 1951. Esso contiene i negativi di più di venti film del regista, tra cui Germinal e Quatre-vingt-treize. Se il negativo è indubbiamente l’elemento migliore su cui basare un restauro, non significa che renda più facile il recupero dei film. Negli anni Dieci del secolo scorso i negativi erano organizzati per la stampa in piccoli blocchi preceduti da una coda d’inizio con tutte le informazioni necessarie al montaggio e all’applicazione del colore. Nel caso dei film Pathé le indicazioni di colore erano in codice (cifre e lettere). Per molto tempo è stato impossibile ripristinare i colori dei film nei casi in cui era sopravvissuto solo il negativo. Nel 2007, un taccuino che era appartenuto a Marcel Mayer, direttore degli stabilimenti Pathé di Joinville, e conservato alla Fondation Jérôme Seydoux Pathé, ha fornito nuove informazioni. Questo documento ci ha permesso di interpretare i codici e di ripristinare così i colori previsti in origine. Germinal presenta nove tinte diverse. Il "Courrier cinématographique" del 17 maggio 1913 pubblica un reportage sulle riprese del film: si apprende così che "l’illustre direttore artistico della S.C.A.G.L. [è] circondato da una quarantina di minatori, vagonisti, carusi e assistito da due operatori". Era una pratica normale alla Pathé, si girava con due cineprese. Potevano essere preparati due negativi, il primo con le riprese migliori per il mercato nazionale e un secondo destinato all’esportazione e contenente riprese di qualità inferiore. Nel caso di Germinal conserviamo anche il secondo negativo, più corto. Germinal figura tra le grandi produzioni del 1913 e fu eccezionalmente proiettato da solo all’inaugurazione della stagione 1913-1914, il 3 ottobre 1913.”

(Camille Blot-Wellens in www.cinetecadibologna.it)

 

 

La trama del romanzo di Zola: Figlio di Gervaise Macquart e del suo amante Lantier, il giovane Étienne Lantier è stato allontanato dal lavoro per aver schiaffeggiato il suo capo. Disoccupato e in piena crisi industriale, decide di partire per il Nord alla ricerca di un nuovo impiego. Viene assunto alle miniere di Montsou, dove scopre le spaventose condizioni di lavoro dei minatori.
Étienne conosce una famiglia di minatori, i Maheu, e si innamora della giovane Catherine; su quest'ultima ha già messo gli occhi un rude operaio, Chaval, e sebbene la ragazza sembri interessata a Étienne, mantiene nei suoi confronti uno strano comportamento. Chaval, geloso di Étienne e temendo che la ragazza preferisca a lui il nuovo arrivato, abusa di lei, e la convince ad andare a vivere con lui.
Étienne riesce ad integrarsi rapidamente nel popolo dei minatori, ed è sconvolto dalle condizioni di vita e dall'ingiustizia che regna in quel luogo. Comincia assai rapidamente a diffondere idee rivoluzionarie. Quando la compagnia mineraria, a causa della crisi economica, decreta una riduzione dei salari, Etienne spinge i minatori a scioperare; riesce a vincere la diffidenza e la rassegnazione e condivide con loro il suo sogno di una società più giusta.
Quando scatta lo sciopero, la compagnia mineraria assume una posizione molto rigida e rifiuta ogni trattativa. Affamati da settimane di lotta, i minatori decidono di intensificarla: rompono i macchinari e le installazioni minerarie, e aggrediscono alcuni esponenti della borghesia. L'esercito sopraggiunge per ristabilire l'ordine, ma lo sciopero continua. Molti minatori sfidano i soldati, che iniziano a sparare sui manifestanti: Maheu, l'operaio presso il quale Lantier abitava, viene ucciso.
Lo sciopero è un fallimento, e i minatori si rassegnano a riprendere il lavoro. Souvarine, un operaio anarchico, sabota la miniera. Nell'incidente muoiono molti minatori, mentre Étienne, Catherine e Chaval rimangono bloccati nelle gallerie. Chaval provoca Étienne, e quest'ultimo lo uccide e può finalmente diventare il compagno di Catherine, ma Catherine muore poco dopo aver trovato l'amore. Étienne esce vivo dall'inferno della miniera, e decide di lasciare Montsou e andare a Parigi.
Anche se la rivolta è fallita, Étienne continua a credere nella causa della lotta degli operai contro le disuguaglianze, ed è persuaso che un giorno riusciranno ad eliminare l'ingiustizia.

Albert Capellani (23 agosto 1874 - 26 settembre 1931) è stato un regista francese del cinema muto.

Albert Capellani (23 agosto 1874 - 26 settembre 1931) è stato un regista francese del cinema muto

 

Una poesia al giorno

Dalle ceneri, di Julian Przyboś (traduzione in musashop.wordpress.com)

Vi estraggo - come dall’orecchio dell’abisso,
sento le rovine:
la forma di tutti gli scoppi compressi in un istante,
non case - ma delle bombe le esplosioni fermate.

Il brusio e il rombo dei secoli
concentrato in un istante: la città quando crollava sui vivi:
l’avete raccolta nella vostra morte.

Nel portone bruciato
la faccia emersa di un sepolto in cantina:
l’oscurità.

Tra le colonne abbattute
l’acero fascia il braccio ferito
con la prima foglia di primavera;
dalle ceneri sopra di me
si erge l’albero: insegna della forza
vostra, di nessuno.

Sopra ad essa il tramonto: si è freddato dei bagliori
degli incendi
il bagliore.

1945

 

   

 

Julian Przyboś (Gwoźnica, 5 marzo 1901 - Jaronty, 6 ottobre 1970) è stato un poeta polacco d'avanguardia. Famoso per le sue raccolte, ricordiamo: Viti (1925), A due mani (1926), Nel fondo del bosco (1932), Finché viviamo (1944), Prove d'interesse (1961).”

“Poeta e saggista polacco, fu cofondatore del gruppo di scrittori noto come avanguardia di Cracovia. Dopo il 1945 partecipò attivamente alla ricostruzione politica e culturale della Polonia e fu il primo presidente della Società degli scrittori polacchi. Ministro plenipotenziario della Polonia in Svizzera dal 1947 al 1951, il suo soggiorno elvetico gli ispirò 18 poesie e otto testi in prosa poetica sul paesaggio e sulla cultura svizzera e sulle condizioni sociali del Paese ospite. Non di rado ha paragonato la Svizzera con la Polonia e si è ricollegato alla forte tradizione svizzera presente nella letteratura polacca.”

(In hls-dhs-dss.ch)

5 marzo 1901 nasce Julian Przyboś, poeta, saggista e traduttore polacco (morto nel 1970)

 

Un fatto al giorno

5 marzo 1616: il libro di Niccolò CopernicoDe revolutionibus orbium coelestium” è stato aggiunto all'indice dei libri proibiti 73 anni dopo la sua prima pubblicazione.

“Il De revolutionibus orbium coelestium (in italiano Sulle rivoluzioni delle sfere celesti) è il celeberrimo trattato astronomico di Niccolò Copernico, pubblicato per la prima volta a Norimberga nel 1543, sicuramente prima del 20 aprile.
In questo testo Copernico descrive il frutto dei suoi studi parlando del movimento degli oggetti del cielo e l'opera si configura quindi come l'esposizione del sistema eliocentrico copernicano.

Nel 1543, nonostante l'opposizione dell'autore ormai in fin di vita, il testo venne pubblicato facendogli precedere una premessa anonima (Ad lectorem de hypothesibus huius operis cioè "Al lettore sulle ipotesi di quest'opera") che per lungo tempo fu attribuita allo stesso Copernico ma che, successivamente (precisamente da Keplero nel 1609), venne fatta correttamente risalire al teologo luterano Andrea Osiander. In questa premessa Osiander sminuiva il lavoro di Copernico sostenendo che esso non voleva rappresentare una spiegazione dell'effettiva organizzazione dell'Universo alternativa a quella tolemaica, ma soltanto un mero esercizio matematico finalizzato tutt'al più a semplificare i complessi calcoli che la visione geocentrica implicava e a "salvare i fenomeni" (questa opinione sarà successivamente ribadita e fatta propria dal Cardinal Bellarmino nella sua polemica con Galileo Galilei proprio sul sistema copernicano).

Scrive Osiander: «Non dubito che alcuni studiosi, diffusa ormai la fama della novità di questa opera, che pone la terra mobile e il sole immobile in mezzo all'universo, si siano fortemente risentiti, e ritengano che non c'era alcun bisogno di rendere incerte le discipline liberali, una volta sapientemente stabilite. Se essi vorranno però riflettere saggiamente sulla cosa, troveranno che l'autore di questa opera non ha commesso nulla che meriti rimprovero. È infatti proprio dell'astronomo prima registrare la storia dei moti celesti mediante osservazioni abili e accurate; quindi, escogitare e supporre le loro cause, ossia certe ipotesi, in un modo qualsiasi, non potendole dimostrare in alcun modo come vere. Partendo da tali ipotesi, si possono calcolare correttamente i moti celesti, in base ai princìpi della geometria, tanto nel futuro che nel passato. (...) Permettiamo dunque anche a queste nuove ipotesi, fra le antiche, il diritto di farsi conoscere, ma non come più verosimili, tanto più che sono ammirevoli e semplici, e recano con sé un grande tesoro di osservazioni dottissime. (...) Salute.»

Niccolò Copernico “De revolutionibus orbium coelestium”

Sostenendo dunque che l'opera non intendeva contrastare la versione tolemaica sostenuta dalla Chiesa, questa premessa riuscì a far evitare ad essa l'iscrizione nell'Indice dei libri proibiti almeno fino al 1616.
L'opera è dedicata al Papa Paolo III ed è divisa in sei libri:

  • Il primo libro contiene una visione generale della teoria eliocentrica.
  • Il secondo libro è per lo più teoretico e descrive i principi dell'astronomia delle sfere ed una lista di stelle, come basi per gli argomenti sviluppati nelle parti seguenti.
  • Il terzo libro è dedicato ai movimenti apparenti del Sole ed ai fenomeni ad essi correlati.
  • Il quarto libro contiene una descrizione della Luna e dei suoi movimenti orbitali.
  • Il quinto ed il sesto libro contengono la concreta esposizione del nuovo sistema.

Il primo libro è molto più semplice e meno tecnico degli altri cinque, che contengono tavole e formule matematiche molto complicate e poco accessibili ai non astronomi. Questo aspetto, che a prima vista può indurre a pensare che abbia rallentato la diffusione del copernicanesimo, fu invece un importante fattore che contribuì a "salvare" l'opera e la teoria eliocentrica. Infatti dai profani l'ipotesi della Terra come pianeta fu sempre allontanata e bollata come ridicola e, a partire dal secolo XVII quando la Chiesa cattolica la condannò, come eretica.

Tra gli studiosi invece l'accoglienza fu meno aspra, anche se in pochi vi aderirono nei primi tempi. Nondimeno il De Revolutionibus divenne subito un testo fondamentale per gli astronomi indipendentemente dalla concezione cosmologica di questi. Infatti i suoi calcoli, i suoi dati, i suoi diagrammi furono davvero innovativi e completi tanto che Copernico fu definito «[il] secondo Tolomeo» o «l'eminente artefice della nostra epoca». In effetti il De Revolutionibus è davvero la prima opera della modernità che possa essere paragonata all'Almagesto di Tolomeo per profondità, completezza e coerenza.

Copernico, nonostante la portata rivoluzionaria che ebbe quest'opera, era essenzialmente un conservatore e l'unica grande novità rispetto al sistema tolemaico è la concezione della terra come pianeta. L'universo di Copernico, escluso questo aspetto, chiaramente non secondario, era identico a quello aristotelico-tolemaico. Si differenziava per le dimensioni - era infatti quasi 30 volte più grande [senza fonte] -, ma non eliminava gli epicicli, deferenti, eccentrici che lo avevano spinto a mettere in discussione il sistema geocentrico.

Scrive a questo proposito Copernico nella prefazione: «[Mi pare di] aver raggiunto la consapevolezza che i matematici non hanno idee chiare attorno a questi moti [...], essi non usano né gli stessi principî e ipotesi né le stesse dimostrazioni. Così alcuni usano soltanto cerchi omocentrici, altri eccentrici ed epicicli, e tuttavia con questi mezzi non raggiungono integralmente i loro scopi. [...]. Né furono in grado di scoprire oppure di dedurre da tali mezzi la cosa più importante: vale a dire la forma dell'universo e l'immutabile simmetria delle sue parti.»

Importante da questo punto di vista è sicuramente l'influenza che esercitò sull'astronomo polacco il Neoplatonismo, che si sviluppava proprio nella seconda metà del secolo XVI. Questa corrente filosofica recuperò l'antica religione solare egizia e attribuiva al Sole grandissima importanza. Scrive Copernico alla fine del Capitolo X del primo libro, giustificando la posizione del Sole nell'universo:  «E in mezzo a tutto sta il Sole. Chi infatti, in tale splendido tempio [l'universo], disporrebbe questa lampada in un altro posto o in un posto migliore, da cui poter illuminare contemporaneamente ogni cosa? Non a sproposito quindi taluni lo chiamano lucerna del mondo, altri mente, altri regolatore. Trismegisto lo definisce il dio visibile, l'Elettra di Sofocle colui che vede tutte le cose. Così il Sole, sedendo in verità come su un trono regale, governa la famiglia degli astri che gli fa da corona.»

(Articolo completo in: wikipedia.org)

“Il 5 marzo 1616 la Sacra Congregazione dell’Indice, creata da Pio V nel 1571 allo scopo di esaminare le pubblicazioni sospette di errori dottrinali o morali, ed eventualmente includerle nell’Indice dei libri proibiti, pubblicò un nuovo Decreto che condannava il De revolutionibus orbium caelestium, di Niccolò Copernico, e altre due opere: In Iob Commentaria, di Diego di Zúñiga, e la Lettera di P.A. Foscarini (…) della mobilità della terra e stabilità del sole. Il Decreto includeva anche un divieto generale dei libri copernicani (omnes libros idem docentes).
La condanna del copernicanesimo fu il primo episodio critico del caso Galileo, e costituì un presupposto essenziale della sua condanna diciassette anni dopo. All’interno della vicenda che vide lo scienziato pisano avversato dalle autorità romane, il Decreto del 1616 fu l’unico documento pubblico di tipo dottrinale. Tuttavia, la questione “della mobilità della terra e la stabilità del sole”, come allora veniva posta, non era stata esaminata propriamente dalla Congregazione dell’Indice, che emise il Decreto, bensì dal Santo Uffizio, che secondo una pratica non infrequente si rivolse all’Indice per dar seguito ad una condanna ormai decisa.”

(Articolo completo di Rafael Martínez in disf.org)

Niccolò Copernico (autore sconosciuto), 1580

“DECRETO
della Sacra Congregazione degli Illustrissimi Cardinali di S. R. Chiesa, specialmente deputati dalla Santità di N. S. PAOLO V Papa e dalla Sede Apostolica all’Indice dei Libri e della loro permissione, proibizione, espurgazione e stampa in tutta la Repubblica Cristiana, dovunque siano pubblicati.

Poiché da un tempo a questa parte sono venuti alla luce tra gli altri alcuni libri contenenti varie eresie ed errori, la Sacra Congregazione degli Illustrissimi Cardinali di Santa Romana Chiesa deputati all’Indice, affinché dalla loro lettura non provengano danni ogni giorno più gravi in tutta la Repubblica Cristiana, ha voluto che fossero del tutto condannati e proibiti. Così, per il presente Decreto li condanna e proibisce assolutamente, stampati o da stampare che siano dovunque e in qualsiasi lingua, comandando, sotto le pene contenute nel Sacro Concilio Tridentino e nell’Indice dei Libri Proibiti, che di seguito nessuno, di qualsiasi grado e condizione, osi stamparli né curare la loro stampa, o in qualunque modo osi conservarli presso di sé o leggerli. E che, sotto le stesse pene, tutti coloro che sono ora in loro possesso o lo saranno in futuro, siano tenuti a consegnarli agli Ordinari del luogo o agli Inquisitori, appena avuta notizia del presente Decreto.

I libri sono elencati di seguito, e cioè: Konrad Schlüsselburg, Theologiae Calvinistarum libri tres. (Frankfurt, 1592), Heinrich Schotanus, Scotanus redivivus, sive comentarius erotematicus in tres libros codicis utilissimus, &c. (Franeker, 1610), James Usher, Gravissimae quaestionis De Christianarum Ecclesiarum, in occidentis praesertim partibus, ab apostolicis temporibus ad nostram usque aetatem continua successione et statu, historica explicatio. (London, 1613), Achilles Friedrich, duca di Wurtemberg. Consultatio de principatu inter provincias Europae, habita Tubingae in Illustri Collegio, anno Christi 1613. (Tübingen, 1613), Oswald Hilliger, Donellus enucleatus, sive Commentarii Hugonis Donelli [Hugues Doneau] de iure civili in compendium ita redacti &c. (Jena, 1611-1613).

E poiché è anche pervenuto a conoscenza della predetta Sacra Congregazione, che quella dottrina pitagorica, falsa e del tutto contraria alla divina scrittura, sulla mobilità della terra e l’immobilità del sole, che anche insegnano Nicola Copernico nel De revolutionibus Orbium Coelestium, e Diego de Zúñiga nel Commentario In Iob, si è già divulgata ed è stata accettata da molti, come si può vedere da una lettera stampata da un certo Padre Carmelitano, dal titolo: Lettera del R. Padre Maestro Paolo Antonio Foscarini Carmelitano, sopra l’opinione de Pittagorici, e del Copernico, della mobilità della Terra, e stabilità del Sole, & il nuovo Pittagorico Sistema del Mondo, in Napoli per Lazzaro Scoriggio 1615, nella quale il detto Padre tenta di mostrare che la predetta dottrina dell’immobilità del sole nel centro del mondo e della mobilità della terra è conforme alla verità e non si oppone alla Sacra Scrittura; pertanto, affinché tale opinione non penetri oltre in detrimento della verità cattolica, ha deciso che i detti libri: Nicola Copernico, De revolutionibus Orbium Coelestium e Diego de Zúñiga, Commentario In Iob, siano da sospendere finché non siano corretti; invece, che il libro del Padre Paolo Antonio Foscarini Carmelitano sia da condannare e proibire assolutamente; e che gli altri libri che parimenti insegnano lo stesso, siano da proibire, come il presente Decreto tutti proibisce, condanna, e sospende rispettivamente. In fede di cui il presente decreto è stato firmato dalla mano dell’Illustrissimo e Reverendissimo Signor Cardinale di Santa Cecilia, Vescovo di Albano, e munito dal suo sigillo, il giorno 5 marzo 1616.

Paolo Sfrondati, Vescovo di Albano Cardinale S. Cecilia
Luogo † del sigillo. Registr. Fol. 90.
F. Francisco Maddaleni Capodiferro OP, Segretario
ROMA, Dalla Tipografia della Camera Apostolica, MDCXVI.”

(In: disf.org)

Nicolaus Copernicus, (Toruń, Polonia, 19 febbraio 1473 - Frombork, Polonia, 24 maggio 1543) fu un astronomo, matematico e presbitero polacco; laureato in diritto canonico presso l'Università di Ferrara nel 1503, è famoso per aver propugnato, difeso e alla fine definitivamente promosso l'evidenza eliocentrica contro il geocentrismo fino ad allora sostenuto nel mondo cristiano.

 

Una frase al giorno

“Qualche volta ho la sensazione di non essere un vero e proprio essere umano, ma appunto qualche uccello o un altro animale in forma di uomo; nel mio intimo mi sento molto più a casa mia in un pezzetto di giardino come qui, oppure in un campo tra i calabroni e l'erba, che non... a un congresso di partito. A lei posso dire tutto ciò: non fiuterà subito il tradimento del socialismo. Lei lo sa, nonostante tutto io spero di morire sulla breccia: in una battaglia di strada o in carcere. Ma nella parte più intima, appartengo più alle mie cinciallegre che ai "compagni". E non perché nella natura io trovi, come tanti politici intimamente falliti, un rifugio, un riposo. Al contrario, anche nella natura trovo ad ogni passo tanta crudeltà, che ne soffro molto.”

(Rosa Luxemburg, 5 marzo 1871 o 1870 - 15 gennaio 1919)

5 marzo 1871 nasce Rosa Luxemburg, economista e filosofa polacco-russa (morta nel 1919)

“In una lettera profetica scritta dal carcere, Rosa Luxemburg disse di sperare «in fondo, (…) di morire sulle barricate». E così, in certo senso, avvenne. Nella notte tra il 15 o il 16 gennaio del 1919 venne arrestata dai paramilitari schierati con il governo della repubblica tedesca di Weimar che si era formato dopo la Prima guerra mondiale. Colpita col calcio di un fucile, uccisa con un colpo di pistola alla testa, venne gettata in un canale e il suo corpo venne ritrovato alcuni mesi dopo.

Rosa Luxemburg si potrebbe definire una rivoluzionaria di professione, che non abbandonò mai un intenso lavoro di pensiero e di ricerca teorica: era una studiosa marxista originale, era antimilitarista e aveva grandissime doti oratorie. E aveva portato avanti una linea eccentrica rispetto alle posizioni moderate e riformiste del Partito Socialdemocratico di Germania, ormai diventato forza di governo, ma anche rispetto all’involuzione autoritaria dei bolscevichi russi.
Rosa Luxemburg era una ebrea polacca. Nacque a Zamosc, nella Polonia russa, il 5 marzo del 1871 o del 1870 (la prima data risulta dal curriculum presentato all’università di Zurigo, la seconda invece dai documenti ufficiali). Non era molto alta, era di costituzione fragile e zoppicava leggermente a causa di un problema all’anca. Nel 1887 si diplomò a Varsavia e due anni dopo, a causa della sua attività politica accanto ai movimenti operai polacchi, si trasferì a Zurigo, in Svizzera, per frequentare all’università corsi di filosofia, diritto, storia economica, ma anche botanica e scienze naturali. Nel 1892 si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza, dove si laureò nel 1897.
A Zurigo fece politica accanto a figure rilevanti di intellettuali russi, polacchi e lituani: fondò a distanza e in clandestinità un partito che sosteneva la costituzione democratica della Russia con una autonomia territoriale per la Polonia e che si opponeva al nazionalismo polacco perché, diceva lei, avrebbe distolto i lavoratori dalla lotta di classe. Nel 1898, grazie a un matrimonio di comodo che le permise di ottenere la cittadinanza tedesca, si trasferì a Berlino diventando una dirigente dell’SPD, il partito socialdemocratico tedesco, allora il partito operaio più forte d’Europa.

In quegli anni Luxemburg fu molto legata a Karl Kautsky, teorico ufficiale del partito e figura di peso nella politica europea. Ma lo scoppio della prima rivoluzione russa, nel 1905, causò la rottura anche personale tra i due. Luxemburg decise di tornare nel suo paese e prese parte ai moti polacchi (ne propose anzi la diffusione in tutta Europa) mentre lui rifiutò ogni tipo di iniziativa non legalitaria. Quando il progetto rivoluzionario fallì, Luxemburg venne arrestata e una volta rilasciata tornò in Germania dove, dal 1907, insegnò economia politica alla scuola di partito di Berlino, dove scrisse anche il suo libro più importante: L’accumulazione del capitale, pubblicato nel 1912.
Per Luxemburg, la crisi del capitalismo era strettamente legata all’imperialismo, che conquistando sempre nuove aree di mercato - attraverso il militarismo, cioè l’occupazione di nuovi continenti e il conseguente allargamento della massa dei proletari - a un certo punto si sarebbe trovato privo di possibilità di espansione: in questa situazione e di fronte alla rivoluzione proletaria, il crollo del capitalismo sarebbe non solo stato possibile, ma necessario e inevitabile. La transizione dal regime capitalistico al socialismo, per Luxemburg, non sarebbe però potuta avvenire mediante il dibattito parlamentare, come sosteneva un importante dirigente socialdemocratico tedesco del tempo, Eduard Bernstein, revisionista di Marx, ma soltanto per via rivoluzionaria, attraverso la sollevazione spontanea delle masse. Per Luxemburg, le riforme sociali erano dunque solo un mezzo della lotta della socialdemocrazia e la rivoluzione restava il suo scopo finale: «La presa del potere politico e l’abolizione del salariato». “Socialismo o barbarie”, disse usando un’espressione poi diventata celebre: quando il capitalismo crollerà, l’alternativa sarà il socialismo o l’anarchia, intesa in senso negativo.

Per i suoi discorsi contrari al militarismo e all’espansionismo militare, Luxemburg trascorse in carcere gli anni della Prima guerra mondiale. Dalla prigione, continuò però a collaborare con diverse riviste di sinistra e a scrivere opuscoli. Scrisse anche La rivoluzione russa. Un esame critico in cui contrappose il coraggio dei bolscevichi ai socialdemocratici tedeschi - che si erano resi complici del militarismo del loro governo - e in cui, però, per prima criticò “da sinistra” l’abolizione delle libertà democratiche messa in atto dopo la rivoluzione d’ottobre.

Nel frattempo, nel 1915, creò il Gruppo Internazionale, la futura Lega Spartachista, organizzazione socialista rivoluzionaria che fece parte in un primo momento del Partito Socialdemocratico e che poi divenne il nucleo del Partito Comunista di Germania. Alla fine della guerra, uscita dal carcere, Luxemburg partecipò con i compagni spartachisti a un’insurrezione armata (la Rivoluzione tedesca del novembre 1918). Il tentativo venne pesantemente represso dal nuovo governo socialdemocratico di Weimar e si concluse con l’eliminazione fisica di Rosa Luxemburg.

Nel 1926 a Luxemburg e ad altre figure a lei vicine venne dedicato un monumento di Ludwig Mies van der Rohe a Berlino. Nel 1935 il cimitero fu distrutto dai nazisti, e i resti di chi vi era stato sepolto andarono dispersi.”

(In www.ilpost.it)

5 marzo 1871 nasce Rosa Luxemburg, economista e filosofa polacco-russa (morta nel 1919)

 

Un brano musicale al giorno

Jan Křtitel Kuchař - Fantasia in Re minore. Ondřej Mucha suona seduto all'organo Rieger-Kloss nella Music Hall di Hradec Králové (Repubblica Ceca).

Jan Baptist Kuchar, o anche tedesco: Johann Baptist Kucharz (Chotec, 5 marzo 1751 - Praga, 18 febbraio 1829) fu un organista ceco, mandolinista, clavicembalista, compositore di musica, direttore d’orchestra e insegnante. Kuchař fu tra i primi a riconoscere il genio di W. A. Mozart e iniziò a propagarlo. Nell'anno 1786, molto probabilmente suonò nello Stavovské divadlo alla premiere di Le nozze di Figaro e nel gennaio 1787 conobbe Mozart durante la sua visita a Praga. Il 28 ottobre dello stesso anno, suonò insieme a Mozart sul clavicembalo alla prima esecuzione di Don Giovanni. Scrisse brani di pianoforte di entrambe le opere e dell'opera Così fan tutte. Inoltre, ha composto recitativi per una versione italiana di Il flauto magico.

Lo storico della musica Philip J. Bone ha definito Kuchař "un artista consumato sul mandolino e un insegnante stimato" e ha detto che tra i suoi allievi furono molti dei membri più aristocratici della società. Kuchař rimase direttore dell'Opera di Praga fino al 1800 quando si dimise.

(Articolo completo in: wikipedia.org)


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

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Ugo Brusaporco

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UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k