“L’amico del popolo”, 7 novembre 2019

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Anno III. La rubrica ospita il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

THE GREAT ST. LOUIS BANK ROBBERY (Gli occhi del testimone, USA, 1959), regia di Charles Guggenheim e John Stix. Prodotto da Charles Guggenheim. Sceneggiatura: Richard T. Heffron. Musica: Bernardo Segall. Fotografia: Victor Duncan. Montaggio: Warren Adams. Cast: Steve McQueen (George Fowler). Crahan Denton (John Egan, the boss). David Clarke (Gino, fratello di Ann). James Dukas (Willy, l’autista). Molly McCarthy (Ann, ex fidanzata di George e sorella di Gino). Martha Gable (moglie di Eddie). Larry Gerst (Eddie).

Colpo grosso ad alto rischio per Steve McQueen, in un dramma poliziesco fra omicidi e sparatorie una banda di criminali in procinto di rapinare una banca rimane coinvolta in lotte intestine. Ispirato alla storia vera dell'ultimo e fatale assalto alla Southwest Bank di St. Louis del ladro seriale Fred William Bowerman nel 1953.

Quattro banditi decidono di compiere una rapina ai danni di una banca e si dedicano per alcuni giorni alla preparazione dell'impresa, studiandone tutti i particolari. Una ragazza, fidanzata di uno dei malviventi e sorella di un altro, cerca di dissuaderli dal compiere l'azione criminosa, ma il suo intervento irrita il capo della banda che si libera di lei uccidendola. Il tentativo criminoso viene attuato secondo i piani prestabiliti, ma prima che l'azione sia compiuta, sopraggiunge la polizia, che inizia una nutrita sparatoria contro i banditi.

THE GREAT ST. LOUIS BANK ROBBERY (Gli occhi del testimone, USA, 1959), regia di Charles Guggenheim e John Stix

Il film:

Terence Steven McQueen (24 marzo 1930 - 7 novembre 1980) fu un attore americano. McQueen fu soprannominato "The King of Cool" e il suo personaggio antieroe sviluppato all'apice della controcultura degli anni '60 lo fece diventare un grande successo al botteghino negli anni '60 e '70. McQueen ha ricevuto una nomination all'Oscar per il suo ruolo in The Sand Pebbles (Quelli della San Pablo). Altri suoi film famosi sono: The Cincinnati Kid, Love With the Proper Stranger (Strano incontro), The Thomas Crown Affair (Il caso Thomas Crown), Bullitt, The Getaway (Getaway!) e Papillon, nonché i film d'ensemble di attori stellari The Magnificent Seven (I magnifici 7), The Great Escape (La grande fuga) e The Towering Inferno (L'inferno di cristallo). Nel 1974 è diventato la star del cinema più pagata al mondo, anche se non ha recitato di nuovo nei film per quattro anni. McQueen era combattivo con registi e produttori, ma la sua popolarità lo rese molto richiesto e gli permise di ottenere alti salari.”

(In en.wikipedia.org)

Terence Steven McQueen (24 marzo 1930 - 7 novembre 1980) fu un attore americano

 

Una poesia al giorno

Mazmur mawar, di Willibrordus S. Rendra

Kita muliakan Nama Tuhan
Kita muliakan dengan segenap mawar
Kita muliakan Tuhan yang manis,
indah, dan penuh kasih sayang
Tuhan adalah serdadu yang tertembak
Tuhan berjalan di sepanjang jalan becek
sebagai orang miskin yang tua dan bijaksana
dengan baju compang-camping
membelai kepala kanak-kanak yang lapar.
Tuhan adalah Bapa yang sakit batuk
Dengan pandangan arif dan bijak
membelai kepala para pelacur
Tuhan berada di gang-gang gelap
Bersama para pencuri, para perampok
dan para pembunuh
Tuhan adalah teman sekamar para penjinah
Raja dari segala raja
adalah cacing bagi bebek dan babi
Wajah Tuhan yang manis adalah meja pejudian
yang berdebu dan dibantingi kartu-kartu
Dan sekarang saya lihat
Tuhan sebagai orang tua renta
tidur melengkung di trotoar
batuk-batuk karena malam yang dingin
dan tangannya menekan perutnya yang lapar
Tuhan telah terserang lapar, batuk, dan selesma,
menangis di tepi jalan.
Wahai, ia adalah teman kita yang akrab!
Ia adalah teman kita semua: para musuh polisi,
Para perampok, pembunuh, penjudi,
pelacur, penganggur, dan peminta-minta
Marilah kita datang kepada-Nya
kita tolong teman kita yang tua dan baik hati.

Willibrordus Surendra Broto Rendra (7 novembre 1935, Surakarta - 6 agosto 2009, Depok)

 

Salmo delle rose (traduzione in neobar.org)

Noi esaltiamo il nome del Signore
lo esaltiamo con tutte le rose
esaltiamo la sua dolcezza
la sua bellezza che emana affetto.
Il signore è un soldato colpito
Il signore viene dalle strade fangose
stracciato come un povero saggio
accarezza la testa ai bambini affamati.
Il signore è il malato che tossisce
ha lo sguardo acuto
accarezza la testa alle prostitute
Il signore vive in un pertugio stretto
con i ladri e gli scassinatori
e gli assassini.
Il signore è l’amico in una stanza piena
è il re dei re
è il verme per le oche e i maiali
la faccia del signore è la tavola dei bari
un mucchio di cartacce buttate.
Ora lo vedo
è il signore dei vecchi
che dormono curvi per terra
e tossiscono nella notte fredda
e si premono lo stomaco affamati
Il signore ha tossito tremato di freddo è stato colpito
ha gridato per le strade
lo senti vicino e familiare.
Tutti sono nostri amici: la polizia,
i ladri, gli assassini, i bari
Le prostitute e i disoccupati.
Domando:
Allora perché non andiamo con lui
da questi vecchi amici
non dimenticandoci di portare il nostro cuore.

Willibrordus Surendra Broto Rendra è un artista molto complesso. Nasce a Surakarta nell’isola di Java nel 1935 in una famiglia cattolica, studia all’università di Jakarta letteratura inglese, occupandosi soprattutto di teatro. Vince una borsa di studio per l’American Academy of Dramatic Art di New York, dove rimane per tre anni. Rientra in patria nel 1967, e subito fonda il laboratorio teatrale “Bengkel teatre”, che dirigerà per tutta la vita.
Si deve a lui l’introduzione nella cultura indonesiana dei testi teatrali occidentali, da quelli più sperimentali e d’avanguardia, come Beckett, Brecht e Jonescu, a quelli classici come Shakespeare, e anche il teatro greco. Una delle sue “invenzioni” più radicali è il teatro “mini-kata” (kata significa parola), dove l’attore utilizza solamente la gestualità e pochissime parole onomatopeiche.
La sua ricerca è quella di fondere la cultura occidentale con quella tradizionale giavanese e indonesiana. Pensa che la tradizione ha già in sé delle grandi possibilità di innovazione e sperimentazione aprendosi alle altre culture. Ha scritto anche dei drammi dove cerca di attuare questo proposito con un’idea di libertà che contrastava la politica di estrema destra del “Nuovo Ordine” di Suharto, e che ha costituito un nucleo solido di controcultura, per questo la sua attività è stata bandita ed interrotta spesso dalla polizia. Ha subito anche sei mesi di carcere, è uno dei pochi intellettuali, come Sitor Situmorang e Pramoedya Ananta Toer, che hanno osato opporsi alla dittatura. Suharto fu costretto a dimettersi nel 1998 in seguito alle rivolte dovute a una profonda crisi economica, e l’attività di Rendra può proseguire in piena tranquillità, viene anche più volte nominato per il premio Nobel, muore a Java nel 2009.
Rendra ha sempre coltivato anche la poesia, ed è uno dei poeti indonesiani più noti all’estero, i suoi temi sono sempre civili, conosce la vita reale e le sue piaghe, la corruzione, e il decadimento morale del regime, si preoccupa per l’enorme massa di poveri del suo paese, e anche la religione, dapprima il cristianesimo, poi dal 1970 l’islam al quale si converte, viene vista in un’ottica quasi di “teologia della liberazione”.”

(Abele Longo in neobar.org)

Willibrordus Surendra Broto Rendra (7 novembre 1935, Surakarta - 6 agosto 2009, Depok), ampiamente noto come Rendra o W. S. Rendra, fu un drammaturgo indonesiano, poeta, attivista, esecutore, esecutore, attore e regista.

 

Un fatto al giorno

7 novembre 1941: Seconda guerra mondiale. La nave ospedale sovietica Armenija viene affondata dagli aerei tedeschi mentre evacua rifugiati e feriti militari e personale di diversi ospedali della Crimea. Si stima che nell'affondamento siano morte oltre 5.000 persone.

La nave ospedale sovietica Armenija

“L'Armenija fu una nave mercantile sovietica mista per il trasporto di passeggeri e di un piccolo carico merci, trasformata in nave ospedale, fu affondata da aerei tedeschi durante la seconda guerra mondiale al largo di Gurzuf, mentre faceva rotta su Jalta, sua destinazione finale, dopo essere salpata da Sebastopoli sotto assedio.
Il 4 novembre l'ammiraglio Oktjabr'skij assunse il comando della difesa di Sebastopoli; mentre le difese della base dal lato di terra venivano rinforzate e sopraggiungevano i rinforzi dell'Armata costiera indipendente di Petrov salvati da Odessa, l'ammiraglio impiegò le batterie d'artiglieria pesante costiera che cingevano la città per rallentare l'avanzata dei tedeschi, e sfruttando una temporanea superiorità aerea dell'aviazione sovietica sulla Crimea dislocò al largo della costa occidentale un gruppo navale con gli incrociatori Krasny Kavkaz, Krasny Krym e Chervona Ukraina e sette cacciatorpediniere per battere sul fianco le truppe di Hansen con i loro cannoni . Von Manstein tentò di prendere la città con un rapido colpo di mano, e fece intervenire la Luftwaffe in appoggio.
Il 7 novembre fu colpita la nave ospedale Armenija, carica di militari feriti e civili evacuati dalla città venendo affondata da aerosiluranti Heinkel He 111 H del Kampfgesgeschwader 28 (stormo ai comandi dell'Oberst Ernst-August Roth) al largo di Gurzuf, non lontano da Jalta, con un numero di morti stimato tra 5.000 e 7.000 (il terzo peggior singolo disastro navale di sempre), il suo relitto giace ad una profondità di 472 metri.”

“Il teatro del Mar Nero comprende l'insieme dei combattimenti navali e delle operazioni anfibie svoltesi nel bacino del Mar Nero durante la seconda guerra mondiale, dal giugno del 1941 al settembre del 1944. Il teatro vide affrontarsi, nell'ambito del più vasto fronte orientale della seconda guerra mondiale, le forze navali, aeree e terrestri delle potenze dell'Asse (e in particolare di Germania, Romania e Italia, supportate da piccoli contingenti provenienti da Bulgaria e Stato Indipendente di Croazia) da un lato, e quelle dell'Unione Sovietica dall'altro.

Le operazioni militari nel teatro cominciarono il 22 giugno 1941, con l'inizio dell'invasione tedesca dell'URSS: i sovietici dominavano la situazione navale nel bacino con la loro Flotta del Mar Nero, più numerosa e dotata di unità più pesanti della piccola marina militare rumena e delle poche unità leggere tedesche ed italiane inviate nel teatro; la situazione delle forze sovietiche si fece tuttavia critica per via della perdita delle principali basi navali della Flotta dopo la conquista tedesca dell'Ucraina. La prima fase dei combattimenti aero-navali fu incentrata sull'assedio della piazzaforte di Sebastopoli, con i sovietici che tentavano di rifornirla sotto i continui attacchi aerei e delle unità leggere dell'Asse, fino a che non fu espugnata nel luglio del 1942.

In seguito le operazioni si spostarono lungo la costa orientale del bacino, con sbarchi anfibi tedeschi prima e sovietici poi nella regione della penisola di Taman; le unità navali sovietiche continuarono ad operare in condizioni sempre più precarie, fino a che le grandi offensive dell'Armata Rossa sul finire del 1943 non ricacciarono indietro i reparti della Wehrmacht. Le operazioni navali nel Mar Nero cessarono nel settembre del 1944, con l'uscita dal conflitto di Romania e Bulgaria...”

(In it.wikipedia.org)

 

Una frase al giorno

“Sono fra coloro che pensano che la scienza abbia una grande bellezza. Uno studioso nel suo laboratorio non è solo un tecnico, è anche un bambino messo di fronte a fenomeni naturali che lo impressionano come una fiaba. Non dobbiamo lasciar credere che ogni progresso scientifico si riduca a dei meccanismi, a delle macchine, degli ingranaggi, che pure hanno anch'essi una loro bellezza. Io non credo che nel nostro mondo lo spirito d'avventura rischi di scomparire. Se vedo attorno a me qualcosa di vitale, è proprio questo spirito d'avventura che mi sembra impossibile da sradicare, e che ha molto in comune con la curiosità.”

(Marie Curie, dal diario, 1934; citato nel documentario “Marie Curie: al di là del mito”, trasmesso da Rai3, 8 aprile 2013)

7 novembre 1867 nasce Marie Curie, chimico e fisico polacco, premio Nobel (morta nel 1934)

“Il 4 luglio di 85 anni fa moriva Marie Curie, la 'signora della radioattività', due volte premio Nobel, nel 1903 per la Fisica insieme al marito Pierre e al fisico Henri Becquerel per lo studio dei primi elementi radioattivi, e per la Chimica nel 1911, per aver scoperto il radio e polonio. Diventata il simbolo della scienza al femminile, è stata sempre caratterizzata da un grande amore per la ricerca e il forte impegno sociale.

E' stata la prima donna e l'unica a vincere due premi Nobel in due discipline diverse (eguagliata solo dal chimico Linus Pauling, Nobel per la Pace e la Chimica) e la prima donna a insegnare all'università Sorbona di Parigi. Nata a Varsavia nel 1867, Maria Curie iniziò gli studi con il padre, professore di Fisica. All'epoca in Polonia l'università era proibita alle donne, così seguì per qualche tempo i corsi clandestini dell'Università Volante. Dopo aver lavorato come istitutrice in una famiglia polacca, nel 1891 si iscrisse all'Università Sorbona di Parigi, dove si laureò in fisica e matematica. Lì conobbe nel 1894 Pierre Curie, che divenne suo marito nel 1895.

"La sua storia racchiude molti aspetti contemporanei", osserva la virologa Ilaria Capua. "Tutto - prosegue - è stato in salita per lei. In un momento in cui la ricerca europea soffre per la via della Brexit e del sovranismo, si rischia di tornare indietro di cento anni. Potrebbero esserci dieci Marie Curie, che rischiano di non poter sviluppare il loro talento se non ci si ricompatta sotto l'ombrello della ricerca". A lei sono infatti intitolate le importanti borse di studio che la Commissione Europea assegna ogni anno per la formazione e la mobilità dei ricercatori. Marie Curie non rimase però chiusa nel suo laboratorio: durante la prima guerra mondiale lavorò come radiologa, spostandosi sul fronte con automobili attrezzate con apparecchiature a raggi X, chiamate in suo onore "Piccole Curie". Per la sua concezione disinteressata della scienza non brevettò mai le sue scoperte, preferendo donare all'umanità i risultati della sua ricerca. Morì nel 1934 per una grave forma di anemia aplastica, causata dai tanti anni di lavoro a contatto con le sostanze radioattive.”

(In www.ansa.it)

Pierre e Marie Curie

 

7 novembre 1867 nasce Marie Curie, chimico e fisico polacco, premio Nobel (morta nel 1934)

 

Un brano musicale al giorno

Carlo Cecere (1706-1761), Concerto in La maggiore

Concerto di Primavera 2016 - Madeira Mandolin Orchestra in Madeira Casino Congress Centre. Solista: Norberto Gonçalves da Cruz.

Concerto di Primavera 2016 - Madeira Mandolin Orchestra in Madeira Casino Congress Centre. Solista: Norberto Gonçalves da Cruz.

 

Carlo Cecere (Grottole, 7 novembre 1706 - Napoli, 15 febbraio 1761) fu compositore e musicista italiano. Quasi nulla si sa della sua vita. Figlio di Domenico Cecere e Antonia Cangiano, fu attivo in vita come compositore sia d'opere comiche, per le quali utilizzò soprattutto i libretti di Pietro Trinchera, che di musica strumentale. È attualmente principalmente noto per aver messo in musica La tavernola abentorosa di Trinchera è andata in scena nel febbraio del 1741, un lavoro che all'epoca offese sia l'autorità statali che della Chiesa: infatti l'opera, rappresentata all'abbazia di Monte Oliveto Maggiore, fu destinata a un pubblico privato composto quasi esclusivamente da ecclesiastici. Cecere inoltre, nella sua epoca, ebbe anche una certa fama di strumentista. Fu definito un eccellente contrappuntista, nonché buon violinista. Probabilmente egli fu attivo anche come flautista. I suoi lavori strumentali presentano le medesime caratteristiche della musica da camera italiana degli anni Quaranta-Sessanta del Settecento, caratterizzata dalla presenza di brevi idee melodiche alquanto prive di soggettività, con frequenti ripetizioni, e da un linguaggio armonico assai limitato.”

(In Wikipedia)


Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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UNA STORIA MODERNA - L'APE REGINA (Italia, 1963), regia di Marco Ferreri. Sceneggiatura: Rafael Azcona, Marco Ferreri, Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, da un'idea di Goffredo Parise, atto unico La moglie a cavallo. Fotografia: Ennio Guarnieri. Montaggio: Lionello Massobrio. Musiche: Teo Usuelli. Con: Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Gian Luigi Polidoro, Achille Majeroni, Vera Ragazzi, Pietro Trattanelli, Melissa Drake, Sandrino Pinelli, Mario Giussani, Polidor, Elvira Paoloni, Jacqueline Perrier, John Francis Lane, Nino Vingelli, Teo Usuelli, Jussipov Regazzi, Luigi Scavran, Ugo Rossi, Renato Montalbano.

È la prima opera italiana del regista che, sino ad allora, aveva sempre girato in Spagna.

Alfonso, agiato commerciante di automobili, arrivato scapolo ai quarant'anni decide di prender moglie e si consiglia con padre Mariano, un frate domenicano suo vecchio compagno di scuola e amico di famiglia. Il frate gli combina l'incontro con una ragazza, Regina. Bella, giovane, sana, di famiglia borghese e religiosa, illibata, è la moglie ideale. Alfonso non ci pensa due volte: e padre Mariano li sposa. Regina si dimostra subito una ottima padrona di casa, dolce e tenera con il marito; dal quale decide però di voler subito un figlio. Alfonso, premuroso, cerca di accontentarla, ma senza risultati. A poco a poco l'armonia tra i due coniugi si incrina: Regina gli rimprovera di non essere all'altezza della situazione, di venir meno a una sorta di legge biologica; Alfonso comincia a sentire il peso delle continue prestazioni sessuali che gli sono richieste e che a poco a poco logorano il suo equilibrio psicologico e fisico. Preoccupato, al limite della nevrosi, chiede consiglio a padre Mariano, che non si rende conto del suo problema e inorridisce quando l'amico accenna alla possibilità di ricorrere alla Sacra Rota: il desiderio di Regina di avere un figlio ha la benedizione della Chiesa, e più che legittimo, doveroso. Alfonso tenta di sostenersi fisicamente con farmaci, ma diventa sempre più debole. Arriva finalmente il giorno in cui Regina annuncia trionfante e felice di essere incinta: parenti e amici vengono in casa a festeggiare l'avvenimento. Alfonso, ormai ridotto a una larva d'uomo, viene trasferito dalla camera da letto a uno sgabuzzino, dove potrà finalmente restare a godersi in pace gli ultimi giorni di vita. Alfonso muore, mentre Regina, soddisfatta, prepara la culla per il nascituro.

“Particolarmente avversato dalla censura per i contenuti fortemente anticonvenzionali e anticattolici, il film venne condizionato da pesanti tagli alle scene, modifiche ai dialoghi e con l'aggiunta di Una storia moderna: al titolo originario L'ape regina. Anche la colonna sonora non sfuggì all'attenzione dei censori. La scena del carretto che trasporta i resti di una salma, era in origine commentata da una musica troppo simile al rumore di ossa che ballano, troppo tintinnante e, pertanto, ne fu decisa la cancellazione”

(Wikipedia)

“L’ape regina" segna il primo incontro di Tognazzi con Marco Ferreri e lo sceneggiatore Rafael Azcona: incontro fortunato (per Tognazzi forse ancora più determinante di quelli con Salce e Risi), l'inizio di una collaborazione che diventerà, nel corso degli anni, esemplare. Assieme a Salce, Ferreri è il regista che rende più vigoroso e attendibile il nuovo, complesso personaggio incarnato dall'attore, anche questa volta protagonista maschile assoluto di una storia inconsueta. Al suo apparire, prima al festival di Cannes e poi sugli schermi italiani, il film fa scalpore, suscita polemiche e scandalo, supera a fatica le strettoie della censura (che, fra l'altro, fa misteriosamente premettere al titolo "Una storia moderna: "). Il film (che apre a Tognazzi anche il mercato statunitense) è uno dei maggiori successi commerciali delia stagione 1962/63 e procura all'attore il Nastro d'argento (assegnato dal Sindacato dei Giornalisti cinematografici) per il miglior attore protagonista. Ricordando anni dopo “L’ape regina", Tognazzi ne ha così commentato l'importanza: «Il film mi ha consentito di entrare in un mondo cinematografico che amo. Il cinema che avevo fatto fino ad allora si basava su personaggi estremamente popolari, dei film divertenti, facili, che piacevano al pubblico ma che sono, a conti fatti, delle operazioni prefabbricate. In quei film non occorre quasi mai un grande coraggio. [...] Amo il cinema non in se stesso ma in quanta rappresenta la possibilità di raccontare delle storie che riguardano la nostra vita, i nostri problemi: mi piace inserirmi in questi problemi e analizzarli [...]. Sono molto riconoscente a Ferreri di avermi offerto questa possibilità [...] di conoscere, per mezzo del cinema, la vita.”

(Ugo Tognazzi in Ecran 73, Parigi, n. 19, novembre 1973, p. 5)

“[...] Ludi di talamo infiorano anche troppo il nostro cinema comico; e le prime scene de L’ape regina, saltellanti e sguaiate, mettono in sospetto. Accade perché il film sfiora ancora il suo tema, lo tratta con estri bozzettistici. Ma quando coraggiosamente vi dà dentro, mostrandoci l'ape e il fuco appaiati in quell'ambiente palazzeschiano, carico di sensualità e di bigottismo, allora acquista una forza straordinaria, si fa serio, e scende alla conclusione con un rigore e una precipitazione da ricordare certe novelle di Maupassant. [...] Ottima la scelta dei protagonisti, un calibratissimo Tognazzi (che ormai lavora di fino) e una magnifica e feroce Marina Vlady.

(Leo Pestelli, La Stampa, Torino, 25 aprile 1963)

     

“Ape regina, benissimo interpretato da Ugo Tognazzi (che ormai è il controcanto, in nome dell'Italia nordica, di ciò che è Sordi per quella meridionale), appare come un film con qualche difetto (cadute del ritmo narrativo, scene di scarsa efficacia e precisione), ma la sua singolarità infine si impone.”

(Pietro Bianchi, Il Giorno, Milano, 25 aprile 1963)

“Il film è gradevole, per la comicità delle situazioni, il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana, tutta fatta di donne. Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista, esercitata su un innesto fra Zavattini e Berlanga, ha di gran lunga la meglio, per fortuna, sul fustigatore, lievemente snobistico, dei costumi contemporanei. Marina Vlady è molto bella e recita con duttilità; Ugo Tognazzi, in sordina, fa benissimo la parte un po’ grigia dell'uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa, e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante.”

(Giovanni Grazzini, Corriere della Sera, Milano, 25 aprile 1963)

“Gran parte dell'interesse del film deriva dal notevole, asciutto stile della comicità di Ugo Tognazzi e dall'asprezza di Marina Vlady. Tognazzi ha un'aria magnificamente remissiva e angustiata e un bellissimo senso del ritmo che introduce delle osservazioni ad ogni sua azione. Quando scherza con un prete, ad esempio, per rompere un uovo sodo, egli riesce ad essere semi-serio in modo brillante. E quando egli guarda semplicemente la moglie, lui tutto slavato e lei tutta risplendente, nei suoi occhi c'è tutto un mondo di umoristica commozione.”.

(Bosley Crowther, The New York Times, New York, 17 settembre 1963)

Scene Censurate del film su: http://cinecensura.com/sesso/una-storia-moderna-lape-regina/

Altre scene in: https://www.youtube.com/watch?v=Cd1OHF83Io0

https://www.youtube.com/watch?v=IalFqT-7gUs

https://www.youtube.com/watch?v=htJsc_qMkC4

https://www.youtube.com/watch?v=9Tgboxv-OYk

Una poesia al giorno

Noi saremo di Paul Verlaine, Nous serons - Noi saremo [La Bonne Chanson, 1870].

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi

che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?

Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto

che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,

i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.

Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene

accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,

e inoltre ricoperti di una dura corazza,

sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino

per noi ha stabilito, cammineremo insieme

la mano nella mano, con l'anima infantile

di quelli che si amano in modo puro, vero?

Nous serons

N'est-ce pas? en dépit des sots et des méchants

Qui ne manqueront pas d'envier notre joie,

Nous serons fiers parfois et toujours indulgents

N'est-ce pas? Nous irons, gais et lents, dans la voie

Modeste que nous montre en souriant l'Espoir,

Peu soucieux qu'on nous ignore ou qu'on nous voie.

Isolés dans l'amour ainsi qu'en un bois noir,

Nos deux cœurs, exhalant leur tendresse paisible,

Seront deux rossignols qui chantent dans le soir.

Quant au Monde, qu'il soit envers nous irascible

Ou doux, que nous feront ses gestes? Il peut bien,

S'il veut, nous caresser ou nous prendre pour cible.

Unis par le plus fort et le plus cher lien,

Et d'ailleurs, possédant l'armure adamantine,

Nous sourirons à tous et n'aurons peur de rien.

Sans nous préoccuper de ce que nous destine

Le Sort, nous marcherons pourtant du même pas,

Et la main dans la main, avec l'âme enfantine

De ceux qui s'aiment sans mélange, n'est-ce pas?

Un fatto al giorno

17 giugno 1885: La Statua della Libertà arriva a New York. Duecentoventicinque tonnellate di peso, 46 metri di altezza (piedistallo escluso) e 4 milioni di visite ogni anno. La Statua della Libertà, oggi simbolo di New York, ha una storia costruttiva avventurosa e originale, caratterizzata da trasporti eccezionali e un fundraising senza precedenti. Ripercorriamola insieme con queste foto storiche. Fu uno storico francese, Édouard de Laboulaye, a proporre, nel 1865, l'idea di erigere un monumento per celebrare l'amicizia tra Stati Uniti d'America e Francia, in occasione del primo centenario dell'indipendenza dei primi dal dominio inglese. I francesi avrebbero dovuto provvedere alla statua, gli americani al piedistallo. L'idea fu raccolta da un giovane scultore, Frédéric Auguste Bartholdi, che si ispirò all'immagine della Libertas, la dea romana della libertà, per la sagoma della statua, che avrebbe retto una torcia e una tabula ansata, a rappresentazione della legge. Per la struttura interna, Bartholdi reclutò il celebre ingegnere francese Gustave Eiffel (che tra il 1887 e il 1889 avrebbe presieduto anche alla costruzione dell'omonima Torre) il quale ideò uno scheletro flessibile in acciaio, per consentire alla statua di oscillare in presenza di vento, senza rompersi. A rivestimento della struttura, 300 fogli di rame sagomati e rivettati. Nel 1875 il cantiere fu annunciato al pubblico e presero il via le attività di fundraising. Prima ancora che il progetto venisse finalizzato, Bartholdi realizzò la testa e il braccio destro della statua e li portò in mostra all'Esposizione Centenaria di Philadelphia e all'Esposizione Universale di Parigi, per sponsorizzare la costruzione del monumento. La costruzione vera e propria prese il via a Parigi nel 1877.

(da Focus)

Una frase al giorno

“Marie non era forse né più bella né più appassionata di un'altra; temo di non amare in lei che una creazione del mio spirito e dell'amore che mi aveva fatto sognare.”

(Gustave Flaubert, 1821-1880, scrittore francese)

Un brano al giorno

Marianne Gubri, Arpa celtica, Il Viandante https://www.youtube.com/watch?v=_URmUFpa52k