“L’amico del popolo”, 8 maggio 2017

L'amico del popolo
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L’amico del popolo”, spazio politico di idee libere, di arte e di spettacolo. Una nuova rubrica ospiterà il giornale quotidiano dell’amico veronese Ugo Brusaporco, destinato a coloro che hanno a cuore la cultura. Un po’ per celia e un po’ per non morir...

Un film al giorno

SCEMO DI GUERRA (Italia, 1985), regia di Dino Risi. Sceneggiatura: Age, Furio Scarpelli, Dino Risi, Claude Berri, Anne Dutter, Georges Dutter, Simon Mizrahi, dal romanzo “Il diario della Libia” di Mario Tobino. Fotografia: Giorgio Di Battista. Montaggio: Alberto Gallitti. Musiche: Maurizio De Angelis, Guido De Angelis. Con: Beppe Grillo, Coluche, Fabio Testi, Bernard Blier, Claudio Bisio, Guido Nicheli, Franco Diogene, Gianni Franco, Sandro Ghiani, Tiziana Altieri, Nicola Morelli, Alessandra Vazzoler, Gerald Geoffrey Colleston, Antonella Di Marco.

Oasi di Sorman (Libia), 1941. Il Sottotenente Marcello Lupi, ufficiale medico, viene assegnato ad una sezione sanitaria installata vicino all'Oasi e comandata dal Maggiore Beluschi, il quale ad altro non aspira che ad essere trasferito in patria. Là Lupi conosce il Capitano Oscar Pilli e, in quanto sta specializzandosi in psichiatria, resta subito colpito dalla personalità psicopatica di quell'uomo puerile ed arrogante, vulnerabile e contraddittorio, irriso ed isolato tra gli stessi militari. Lupi intuisce che il disturbo di Pilli ha ragioni profonde (rimasto solo al mondo continua a scrivere lettere all'adorata madre, che è defunta) e che egli costituisce un pericolo per sé e per tutti gli altri. Il Maggiore Beluschi non ha il minimo interesse a che Oscar Pilli sia rimosso (perché è Pilli che, essendo il più alto in grado, dovrà assumere il comando quando lui, come spera, se ne andrà). E, infatti, partito Beluschi, lo strampalato ufficiale diventa il capo dell'unità sanitaria...

“Come si sa Scemo di guerra viene da un libro, o per meglio dire da qualche pagina di un libro. La fonte degli sceneggiatori sono appunto due soli capitoli del Deserto della Libia, il romanzo scritto da Mario Tobino nel 1942/43 e pubblicato nel 1952. Scrivendone l'anno scorso da Cannes dicemmo che se l'interprete di 'Scemo di guerra' fosse stato Alberto Sordi forse il film sarebbe riuscito meglio. Restiamo di questa opinione. Obbligato dalla coproduzione a prendere come protagonista il Michele Colucci detto Coluche, oggi purtroppo compianto, Dino Risi non ha potuto fare di Oscar Pilli la memorabile figura tragicomica che la materia comportava. A dispetto della popolarità di cui godeva oltr'Alpe, Coluche ci sembra un attore modesto (già lo si vide in 'Dagobert') come modesto, ma volenteroso nella sua sobrietà, si conferma Beppe Grillo, tornato al cinema dopo 'Cercasi Gesù'. Con tutto ciò ripetiamo che il film sta in piedi, e può procurare emozioni a chi conobbe le miserie e le glorie del fronte libico. Ha sfilmature garbate quando dice la reciproca attrazione fra Pilli e Lupi, ha scenette gustose ed estrosi passaggi, e attraverso il ritratto di quel demente non incapace di tenerezza esprime con malinconica ironia la dissennatezza di una guerra sbagliata, da condannare e compiangere. Le note di colore locale sparse nel film appartengono a un repertorio assai vieto, e i motivi di lirismo restano chiusi nel libro di Tobino, ma l'assurdo si tinge di stupore, e il sorriso si spegne sul labbro in un film che dunque nasce dalla vena più amara di Risi."

(Giovanni Grazzini, 'Il Corriere della Sera', 11 agosto 1986)

"Il film, ad ogni modo, e malgrado certe felici scritture d'ambiente, resta minato da molti luoghi comuni e da uno sguardo poco sorvegliato sul percorso complessivo della storia: all'insegna di un approssimativo e di un superficiale tanto più evidenti quanto confrontati con i valori introspettivi riposti nei due personaggi principali e, in parte, nei loro compagni. Un linguaggio cinematografico che Risi, non controllandolo a fondo, finisce per diluire in situazioni statiche e, alla lunga, per far risultare inerte, tutto ritmi faticosi da seguirsi. Anche quando a sostenerlo figurativamente accorrono le belle trasparenze e i decisi caldi colori della fotografia di Giorgio di Battista. In parte una delusione cui tuttavia non vanno associati gli interpreti per primo Coluche, che pure fra le stranezze dei doppiaggio, costruisce, con Pilli un personaggio fertilissimo, che domina con una lunga collana di sfumature, di tensioni, di sensibili inclinazioni e con delicate, precise divagazioni comiche. Gli dà la replica Beppe Grillo (Marcello) con grazia e spicco senza un gesto, una smorfia di troppo: una moderazione, una sobrietà ed una misura che confermano, con l'esordio nel precedente 'Cercasi Gesù', la scoperta di un nuovo attore per il nostro cinema. Accanto a loro altre presenze di rilievo in vesti d'ufficiali, di un franco e vigoroso Fabio Testi, e di un acceso, colorito Bernard Blier."

(Claudio Trionfera, 'Il Tempo', 13 dicembre 1985)

“Marcello Lupi, specializzando in psichiatria, giunge nel deserto libico per entrare a far parte di una divisione medica. Quando il comandante ottiene il trasferimento in Italia per poter riabbracciare la propria moglie, viene sostituito da Oscar Pilli, chirurgo, militare, pazzo. Scrive alla madre morta, fa giustiziare ingiustamente i suoi soldati, cucina invitanti budini di feci e fa tumulare con tutti gli onori militari uno sciacallo. La truppa cercherà in ogni modo di cacciarlo dal reggimento. "Scemo di guerra" del veterano Dino Risi, adattato liberamente dal romanzo di Mario Tobino Il deserto di Libia, sarebbe dovuto essere una riflessione sulla guerra giocata tra il binomio commedia/dramma che rese famoso il regista italiano. Evidentemente il bilancino di Risi era tarato male e ne è uscita una modesta (modestissima) commedia ambientata nel deserto, dove la dolce-amara riflessione sulla guerra lascia spazio a toni sentimental-nostalgici di cui non se ne sentiva il bisogno. Ma non è solo la costruzione narrativa a vacillare, quanto anche gli interpreti di essa. Ci fosse stato un Gassman, un Manfredi oppure un Sordi ad interpretare i due ruoli principali, sarebbe stata decisamente un'altra cosa. Invece ci troviamo davanti Coluche (comico d'oltralpe che più volte si è prestato al nostro cinema) e Beppe Grillo, qui alla sua seconda apparizione cinematografica. Beh, la coppia non funziona: il primo troppo sopra le righe (anche se il personaggio lo richiedeva), il secondo troppo attento a misurarsi con una recitazione sobria e umile che però lascia un po' il tempo che trova. Fanno da spalle un impassibile Fabio Testi ed un giovane Claudio Bisio. La messa in scena poi fa notare tutta la pochezza dei mezzi con cui è stata realizzata la pellicola e vedere un film storico (seppur in farsa) realizzato con dei mezzucci è decisamente triste. Ostacolato anche da ritardi nella produzione a causa di un Beppe Grillo assente per due mesi dalle riprese (si dice per colpa di gelosie del rapporto d'amicizia che intercorreva tra Coluche e Risi), "Scemo di guerra" è un film poco riuscito”.

(Matteo Contin)

Agli italiani il film non piacque perché offendeva lo spirito militar-fascista ma in Francia la pensarono diversamente e il film diventa necessario. Il film si trova in Dvd.

SCEMO DI GUERRA (Italia, 1985), regia di Dino Risi

 

Una poesia al giorno

Domani all’alba, Demain, dès l'aube, di Victor Hugo
(da “Contemplations”; poesia in memoria della figlia Léopoldine, morta tragicamente nel 1843, neppure ventenne, annegata durante una gita in barca. Traduzione di Dolores Haze)

Domani all’alba, nell’ora in cui biancheggia la campagna,
partirò. Vedi, so che mi aspetti.
Vagherò attraverso la foresta, vagherò per la montagna.
Non posso restare lontano da te più a lungo.

Camminerò con gli occhi fissi sui miei pensieri,
senza vedere niente al di fuori, senza sentire alcun rumore,
solo, sconosciuto, la schiena curva, le mani incrociate,
triste, e il giorno per me sarà come la notte.

Non guarderò né l’oro della sera che tramonta,
né le vele che in lontananza discendono verso Harfleur
e quando arriverò, metterò sulla tua tomba
un mazzo di agrifogli verdi e di erica in fiore.

Si può vedere in www.youtube.com 1 o in www.youtube.com 2

 

Un fatto al giorno

8 maggio 1794: Antoine-Laurent de Lavoisier viene ghigliottinato. Fu il fondatore della chimica moderna. Nel 1789 il chimico, naturalista e finanziere francese Antoine-Laurent Lavoisier pubblicò il Trattato elementare di chimica nel quale esponeva una nuova teoria chimica, basata su un’ampia sperimentazione condotta con strumenti innovativi e caratterizzata da un moderno linguaggio specifico. Questa teoria costituì il riferimento principale per gli sviluppi della chimica nell’Ottocento e di tutta la chimica moderna. Nato a Parigi nel 1743, Antoine-Laurent Lavoisier fu indirizzato verso gli studi umanistici e giuridici dal padre, il quale, tuttavia, assecondò anche gli interessi del figlio per le scienze fisiche, naturali e sperimentali. Nel 1761 cominciò a seguire corsi privati di chimica, tra il 1763 e il 1764 effettuò un viaggio naturalistico in Francia con il geologo Étienne Guettard eseguendo i primi esperimenti scientifici. Nel 1763 conseguì la laurea in legge presso l’Università della Sorbona. La carriera professionale di Lavoisier si svolse in ambito finanziario ed economico ma, in qualità di filosofo naturale, ebbe come principale campo d’interesse intellettuale le scienze e la chimica in particolare. Nel 1768 entrò alla prestigiosa Accademia reale delle scienze di Parigi e sino alla morte svolse un ruolo centrale nella comunità scientifica francese del tempo. La fama di Lavoisier è affidata alla chimica, anche se egli non fu un chimico ‘professionista’ nel senso attuale del termine...”

(Ferdinando Abbri, in Enciclopedia dei ragazzi Treccani)

“Lavoiser aveva una straordinaria capacità di lavoro. Si occupò, oltre che di fisica, di chimica e di scienza in genere (fu, tra l'altro, il fondatore delle Annales de chimie e il riformatore, nel 1785, dell'Académie), di economia politica (apparteneva alla corrente fisiocratica), di agronomia (dal 1778 installò una fattoria sperimentale vicino a Blois), di politica fiscale e finanziaria, di tecnologia, di istruzione pubblica e di riforme nel campo sanitario, ospedaliero e dell'assistenza ai poveri. Agli inizî del 1788 cominciò a occuparsi di chimica fisiologica con A. Seguin, ma lo scoppio della Rivoluzione e le vicende politiche gli consentirono di completare solo due memorie dedicate rispettivamente alla traspirazione e alla respirazione animale, contributi importanti alla nascente chimica fisiologica. Pur essendo un fautore dell'introduzione di riforme nel sistema politico francese, Lavoiser divenne sempre più oggetto di attacchi da parte di J. P. Marat e dei giacobini in quanto accademico e funzionario di primo piano dell'ancien régime. Il suo prestigio scientifico non gli evitò la ghigliottina nel 1794”.

(Enciclopedia Treccani)

 

Una frase al giorno

“La storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa”

(Karl Marx)

 

Un brano al giorno

19 Dias Y 500 Noches, di Joaquin Sabina, poeta e cantautore spagnolo

Joaquin Sabina

Lo nuestro duró
Lo que duran dos peces de hielo
En un güisqui on the rocks
En vez de fingir
O, estrellarme una copa de celos
Le dio por reír
De pronto me vi
Como un perro de nadie
Ladrando, a las puertas del cielo
Me dejó un neceser con agravios
La miel en los labios
Y escarcha en el pelo

Tenían razón
Mis amantes
En eso de que, antes
El malo era yo
Con una excepción
Esta vez
Yo quería quererla querer
Y ella no
Así que se fue
Me dejó el corazón
En los huesos
Y yo de rodillas

Desde el taxi
Y, haciendo un exceso
Me tiró dos besos
Uno por mejilla
Y regresé
A la maldición
Del cajón sin su ropa
A la perdición
De los bares de copas
A las cenicientas
De saldo y esquina

Y, por esas ventas
Del fino laina
Pagando las cuentas
De gente sin alma
Que pierde la calma
Con la cocaína
Volviéndome...


 

Ugo Brusaporco
Ugo Brusaporco

Laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea Dams. E’ stato aiuto regista per documentari storici e autore di alcuni video e film. E’ direttore artistico dello storico Cine Club Verona. Collabora con i quotidiani L’Arena, Il Giornale di Vicenza, Brescia Oggi, e lo svizzero La Regione Ticino. Scrive di cinema sul settimanale La Turia di Valencia (Spagna), e su Quaderni di Cinema Sud e Cinema Società. Responsabile e ideatore di alcuni Festival sul cinema. Nel 1991 fonda e dirige il Garda Film Festival, nel 1994 Le Arti al Cinema, nel 1995 il San Giò Video Festival. Ha tenuto lezioni sul cinema sperimentale alle Università di Verona e di Padova. È stato in Giuria al Festival di Locarno, in Svizzera, e di Lleida, in Spagna. Ha fondato un premio Internazionale, il Boccalino, al Festival di Locarno, uno, il Bisato d’Oro, alla Mostra di Venezia, e il prestigioso Giuseppe Becce Award al Festival di Berlino.

INFORMAZIONI

Ugo Brusaporco

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web www.brusaporco.org