L’Insulina alla vicina

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Intanto, su un altro treno…  Il treno intercity partito da Roma al tramonto per arrivare a Torino in perfetto orario, se non fosse stato in ritardo, via Bologna - Milano, in quel momento stava transitando da Chivasso. Era stato, infatti, proprio per dare la precedenza al treno intercity “Pendolino”, che il treno proveniente da Aosta era stato rallentato al segnale di protezione della stazione.

Una viaggiatrice richiamò l’attenzione del capotreno in servizio sull’ETR 450…

“Può dirmi gentilmente fra quanto tempo arriveremo a Torino?”

“Fra un quarto d’ora circa” rispose il capotreno.

“Siamo in ritardo?”

“Sì; stiamo viaggiando con venti minuti di ritardo per...”

“Sì, il motivo lo conosco; sono sul treno da Roma. Speravo che avesse recuperato il tempo perduto. Ora ho un problema...”

“Uno solo? beata lei! Io sono pieno di problemi!” disse il capotreno in tono ironico. La viaggiatrice lo guardò con espressione incerta.

“Scherzavo, naturalmente. Posso aiutarla?”

“Purtroppo avevo calcolato di arrivare prima. Ho bisogno assolutamente di un’insulina...”

“Vuole che chieda se c’è un medico presente sul treno? Se è davvero urgente, posso far fermare un attimo il treno...”

“Stia tranquillo: sono abituata. Vorrei solamente che sapesse che... sì, insomma, non mi devo drogare”

“Capisco. Grazie per avermi avvisato. Più avanti, dovremo rispettare un rallentamento, andando molto adagio, quindi le sarà più facile farsi l’iniezione”

“Grazie, signor capotreno; lei è davvero molto gentile”

“Lo penso anch’io” confermò la graziosa signora che sedeva accanto e che aveva assistito alla scena. “Oggi è così difficile trovare qualcuno come lei; anche se ultimamente, devo dire, ho notato che la situazione sta migliorando parecchio”

“È vero” confermò a sua volta la viaggiatrice che aveva già preparato la siringa, in attesa che il treno rallentasse, per essere pronta.

“Ecco - disse il capotreno - ci siamo: il treno sta iniziando a rallentare”

“Sono pronta” disse la viaggiatrice.

“Vuole che cambi posto?” chiese la donna seduta al suo fianco.

“Non c’è bisogno: per me è una cosa naturale; ma se lei è impressionabile...”

“Impressionabile io?” disse spavaldamente sicura la seconda viaggiatrice, che avrebbe ammesso tutto, tranne che la cosa la turbava.

“In questo caso, vado avanti” disse la prima viaggiatrice, che aveva già appoggiato la punta dell’ago al braccio sinistro, opportunamente liberato dalla camicia.

Fu in quel preciso istante che l’apparato ricevente del sistema di controllo di sicurezza nella cabina del “Pendolino”, che stava sì rallentando, ma che viaggiava ancora a circa centocinquanta chilometri orari, captò un codice errato, mandando automaticamente il treno in frenatura di sicurezza. Il treno, che stava ora transitando dalla stazione di Settimo Torinese, a causa della posizione, in curva, e in aggiunta alla frenatura immediata e non prevista, subì uno scossone enorme, al quale ne seguirono altri più lievi. Il treno, che già ballava di per sé, ora sembrava essersi trasformato in una discoteca per muti (senza musica e con una buona dose di fantasia!).

Il coraggio della viaggiatrice che si doveva iniettare l’insulina, e lo avrebbe fatto anche a treno in corsa, non servì a granché: l’ago s’infilò nel punto esatto, ma sicuramente nel braccio diverso da quello in cui avrebbe dovuto infilarsi. La viaggiatrice che sedeva vicino a quella che aveva l’ago in mano, ma non nel braccio, come invece avrebbe dovuto, imparò a sue spese cosa significhi doversi fare un’iniezione di insulina, volente o nolente.

 L’Insulina alla vicina, di Domenico Ippolito

 

INFORMAZIONI

Domenico Ippolito

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NEOS Edizioni

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