Tra i ricordi di bambina, quello a cui sono più affezionata riguarda le vacanze estive che trascorrevo, assieme ai cuginetti, presso i nonni materni. I nonni abitavano nella campagna ferrarese, ai piedi dell’argine del Po e noi bambini avevamo un rapporto speciale con il fiume, senza alcun timore, perché rispettosi delle regole e delle raccomandazioni “dei grandi”.
Nel periodo estivo, quando il Po è in magra ed affiorano dune di sabbia grossa e scura, raggiungevamo a nuoto la prima secca e lì organizzavamo una specie di campeggio con quattro pali, un asciugamano e tanta immaginazione. Appoggiandoci, a turno, alle spalle dello zio, il quale conosceva tutti i segreti, i trabocchetti, i gorghi e le insidie di quelle acque, attraversavamo a nuoto, fino a raggiungere il traghetto ormeggiato sulla sponda veneta. Era una immensa, nostrana, prova di coraggio e ci sentivamo tanti piccoli eroi salgariani.
Verso il tramonto ci superavamo nella prova di forza, quando si ritiravano le reti a bilancia posizionate dallo zio, spesso stracariche di pesce e troppo pesanti per noi che, per orgoglio, mai l’avremmo ammesso. Ma quando la nonna , per tenerci il più possibile impegnati, ci assegnava il compito di “fare fascine” che sarebbero servite durante l’inverno per “avviare” il fuoco del camino, in quel momento superavamo noi stessi. Ci mandava in missione nel pioppeto che degradava dolcemente verso il fiume, gridando al piccolo plotone già in marcia: “Mi raccomando, prendete solo i rami secchi e non danneggiate le piante!”.
Ubbidendo alle consegne, abbiamo imparato dai nostri vecchi il rispetto per l’ambiente, per il patrimonio “natura” che tanto può dare, chiedendo così poco in cambio. Ed ancora adesso, quando ritorno in quel luogo, per il doveroso omaggio a chi non c’è più, non posso rinunciare a risalire l’argine stretto e polveroso, con piacevole fatica accompagnata da un incontenibile stato d’ansia, per rivedere il nostro boschetto, così suggestivo circondato da una magica nebbia mattutina, nutrito dalle calme acque del fiume e… mi sembra di sentire nuovamente riecheggiare, quasi con infantile suggestione, spensierate risate di fanciulli.
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Marisa Aneghini
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