LA GALLINARA

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C’era un personaggio particolare, una donna, conosciuta in tutta Sant'Antonino come "la Gallinara". Di lei noi bambini non sapevamo il nome, era una donna grassoccia, che faceva sfoggio del suo benessere economico e della compagna singolare che portava con sé a passeggio lungo la via Aurelia; non era un cane, cosa ammissibile, né un gatto, un po’ meno, ma addirittura una gallina, dal nome un poco frivolo: Lola. Al loro passaggio, la gente del posto e i passanti dovevano trattenersi dal ridere e dal fare battute ironiche, le occhiatacce della "Gallinara" li facevano desistere.

Il suo passaggio era accompagnato da raccomandazioni a Lola, che la padrona teneva legata ad un guinzaglio rosso. Il momento era critico, la fame, eravamo in guerra, poteva originare un delitto culinario. Guardandola pensavamo a come cucinarla, era il nostro desiderio quotidiano.
Questo "corteo" si ripeteva due volte al giorno, alle ore 9 del mattino e alle 18; questa ultima uscita aveva come méta il nostro orto di guerra, cioè l'ex giardino di nonna Caterina, dove avevamo un pollaio in cui un superbo gallo la faceva da padrone.

Un giorno, la "Gallinara" si sposò con un vedovo che aveva un figlio universitario, noi pensammo che per l'obbiettivo insperato raggiunto avrebbe sacrificato sull'altare, cioè al forno, la sua Lola. Eravamo curiosi di come si sarebbe sviluppata la love story. Certo la convivenza con la nuova famiglia non era facile, ma i soldi della Gallinara vinsero le reticenze del ragioniere e del figlio universitario, Lola seguitò di giorno a dormire nel suo nido sul letto della padrona e di notte il nido veniva posto sul comò in bella mostra di fronte al letto, anche di notte la sorveglianza era presente.

Dove la Gallinara non vinse fu quando volle imporre al giovane universitario di portare a passeggio Lola e lui rifiutò, fu una sconfitta che non accettò mai.

Lola veniva accudita amorevolmente, faceva le uova a giorni alterni, ma non si potevano mangiare, venivano trasformate in un sostanzioso zabaione per la colazione di Lola, praticamente era una gallina antropofaga, credo che lei non lo sapesse. Alle 18 quando si avvicina l'ora della visita, nonna ci istruiva sul comportamento da tenersi: non tirare sassi di nascosto a Lola, non prenderla a calci quando la padrona era distratta, chiudere bene il cancelletto del pollaio dove era il gallo, che alla sola vista di Lola sembrava impazzire, facendo salti ostentando la sua virilità. I nostri dispetti erano un divertimento per tutti, venivano ricordati per settimane. Un giorno presi un uovo dal nostro pollaio, dicendo che in quel momento lo aveva fatto Lola, la Gallinara gridò al miracolo, in quanto un altro uovo-zabaione lo aveva fatto la mattina, due uova in una giornata era una cosa eccezionale, unica, questo fu motivo da quel giorno per decantare le doti eccezionali della sua Lola.

Un altro episodio avvenne il giorno dopo, quando il sonnolento pomeriggio fu squarciato da alte grida, provenenti dall'appartamento della Gallinara, che, sporgendosi pericolosamente dal davanzale, gridava il nome di Lola. Tutti accorremmo pensando al peggio, cioè che si volesse gettare dal terzo piano; in realtà la gallina era volata dalla finestra, forse per sfuggire al quotidiano "zabaione”…
Planò poco dignitosamente sui resti ancora freschi originati dal passaggio dei cavalli della "Peroni", tutti noi volevamo prendere la gallina, ma per scopi diversi della padrona-mamma. La Gallinara, forte del suo amore materno, arrivò per prima e disperatamente piangendo e accarezzandola la strinse al poderoso seno, incurante dello sterco del cavallo di cui Lola era imbrattata.
Ci fu chi per giorni rimase rammaricato dall'esito di quell'episodio, avendo visto dal basso il volo di Lola, sperando che si concludesse nel suo cortile e successivamente nel suo tegame e invece, disgraziatamente per lui, un'ultima virata si portò via il pranzo.

Il giorno dopo la tragedia del volo planato, arriva da noi la Gallinara con al guinzaglio Lola. Dopo i controlli di mia nonna ed i successivi della Gallinara, rassicurata, ella dette l'ora di libertà vigilata alla sua Lola. Qui avvenne il "dramma": artatamente avevamo tolto il fermo alla gabbia del gallo, in quei giorni troppo focoso, forse presago di quanto sarebbe avvenuto.
Lola come di consueto si avvicinò alla gabbia del gallo ostentando la sua "femminilità”. A quel punto tirai la corda, si aprì il cancelletto, il gallo si precipitò fuori gettandosi sulla vergine Lola (ancora per pochi secondi); spettatori noi e parte del vicinato, assistemmo a quella scena orgiastica facendo il tifo per il gallo; la Gallinara assisteva pietrificata, le galline in gabbia partecipavano al tifo. Le penne volavano ovunque, Lola ansimava nella polvere, ma non per contrastare il Gallo ma per aiutarlo a non mollar polvere. Il tutto durò alcuni minuti, la Gallinara impazzita cercava di separare i due amanti, ma il gallo in un momento di lucidità la fece desistere con i suoi poderosi speroni e si portò la preda nella sua alcova, cioè nella sua gabbia...
Conclusione di questo dramma fu la punizione del gallo che da stupratore finì cappone, questa era la vendetta richiesta dalla Gallinara che aveva scoperto il nostro trucco; in cambiò mia nonna acquistò un magnifico gallo.

La camera operatoria era all'ombra dell'albero delle susine; assistevano il vicinato, le galline impietrite, il famoso gallo, inconsapevole del suo destino, e la Gallinara, soddisfatta per l'imminente vendetta. Mia nonna, consapevole di essere l'importante chirurgo, afferrò il gallo per le ali e lo tenne saldamente tra le ginocchia, poi prese il bisturi, cioè le forbici, e inizio a tagliare, infilò le dita nel taglio estraendo come due fagioli che strappò, poi con ago e filo cucì il tutto, cosparse di cenere la ferita, mise in terra l'ex gallo che sculettando fuggì via.

La gallina Lola diede alla luce, cioè covò, otto uova, da cui nacquero altrettanti pulcini, la famiglia della Gallinara aumentò con disperazione del marito, mentre il figlio medico si trasferì altrove. Andando via da San Antonino persi le tracce di quella strana famiglia, ma credo che il tutto finì nella pentola dei vicini. La guerra è guerra.

 

INFORMAZIONI

Marino Giorgetti

Gruppo Archeologico DLF Roma
Presidente Coordinatore Nazionale dei Gruppi Archeologici DLF
Cell. 338 9145283
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