Nicola, il fabbro ferraio

Hobby Scrittura
Grandezza Carattere

L'antro di Nicola era posto strategicamente sul ciglio destro della Via Aurelia uscendo da Roma, era un punto molto trafficato dai carri, in quanto poco distante dalle mura Vaticane e posto sulla direttrice per Civitavecchia. Normalmente si pensa al fabbro come un uomo grossolano di alta statura, sempre sudato e battente l'incudine. Il mio amico fabbro di nome Nicola era piuttosto minuto, ma tutto muscoli e con una forza incredibile, si muoveva con agilità bloccando il cavallo, sussurrandogli dolcemente all'orecchio fino a calmarlo per iniziare il lavoro. Le sue martellate sull'incudine si udivano già da lontano e quindi era facile individuare l'officina.

Mi affascinava osservarlo quando cambiava i ferri ai cavalli, accorrevo all'arrivo dei carri e mi mettevo in un angolo a guardare la scena, pronto ad intervenire ad un comando di Nicola. Egli ravvivava la forgia, la fiamma si rifletteva sul suo volto dandogli un aspetto demoniaco, si arrotolava le maniche della camicia e indossava una "parannanza'' di cuoio; quindi piegava all'indietro la zampa del cavallo appoggiandola sulla sua coscia con delicatezza, con grosse tenaglie toglieva con rapidità i vecchi ferri gettandoli in un lato buio dell'officina, poi, con un lungo, semicurvo e affilato rasoio "affettava" l'unghia: questa operazione mi faceva rabbrividire, pensavo che il cavallo ne soffrisse. Con una grossa raspa limava lo zoccolo con vigore spargendo intorno un pulviscolo nauseante. Controllava il ferro da applicare, con un'occhiata lo prendeva tra gli altri appesi alla parete, lo scrutava attentamente, poi lo appoggiava momentaneamente sullo zoccolo. Con uno sguardo controllava la posizione e se era a posto poneva il ferro sulla forgia, che delle volte mi invitava a girare. In questa operazione mettevo tutta la mia forza, spargendo scintille ovunque a mo’ di fuochi d'artificio, in quel momento mi sentivo importante; a questo punto, egli prendeva il ferro quasi incandescente con una grossa pinza arcuata e lo poggiava sullo zoccolo che friggeva, dava un'occhiata e poi, sicuro di sé, dava un colpo preciso al ferro che rimaneva incollato allo zoccolo, un odore nauseante di unghia bruciata si spargeva intorno, rendendo l'aria irrespirabile; poi, mentre con una mano teneva a sé lo zoccolo, con l'altra prendeva una manciata di chiodi lunghi e di sezione quadrangolare, di cui una diecina li passava in bocca, appoggiava il chiodo nel foro del ferro di cavallo e con colpi precisi lo faceva penetrare nel corpo dell'unghia, in modo da far uscire la parte finale del chiodo, che ripiegava con un colpo secco sullo zoccolo.

Le operazioni per cambiare i quattro ferri duravano circa un'ora. Finito il lavoro, poggiava ogni volta con delicatezza la zampa del cavallo a terra, scrollando contemporaneamente il grosso grembiule di cuoio, invitava con un colpo alle natiche la bestia a muoversi e, soddisfatto del lavoro svolto, accarezzava la testa del cavallo parlandogli all'orecchio. Rimaneva fuori della porta dell'officina seguendo il cavallo finché non spariva dopo la curva, poi, soddisfatto, sfregandosi le mani al grembiule, rientrava nell'officina.

Sono ritornato in quel luogo dopo tanto tempo e, al posto dell'antro, ho trovato una moderna palazzina con l’officina di un meccanico, come dire che nulla era cambiato, ma per me una parte della mia vita era sparita.

Addio Nicola, amico di un tempo lontano.

 

INFORMAZIONI

Marino Giorgetti cell. 338 9145283

Gruppo Archeologico DLF Roma
Presidente Coordinatore Nazionale dei Gruppi Archeologici DLF
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