Non si è forti se si riescono ad alzare chissà quanti e quali pesi, ma forse si diventa forti, forti davvero quando si riescono a portare i propri senza scomporsi il cuore, senza l'anima sparpagliata in mille posti, in mille pezzi, quando la si tiene insieme in un abbraccio stretto fino a quando non passa, quando non gli si concede di tergiversare, di scappare e di cambiare discorso.
Quando gli si ricuce addosso la pelle e le ossa, i muscoli e tutti i vasi sanguigni, quando non è più un burattino e ora si alza ed è anche un corpo, un andare insieme, sempre, vada come vada l'anima non si lascia e neanche si vende.
Essere forti non credo sia correre più veloce degli altri, arrivare primi e alzare la coppa, quanto, credo, riuscire a tornare indietro, sui propri passi a guardare se nella corsa ci siamo dimenticati di qualcuno, di salutarlo almeno, o solo ringraziarlo.
Fare passare avanti tutti perché il tuo premio, quello vero che conta e vale è essere riuscito a fermarti, ripensarti e ripensare al cammino.
A chi c'era, chi c'è e a chi, in fondo, non c'è stato mai.
Chi urla più degli altri, chi alza la voce per farsi solo sentire, per me non è forte, forte è chi nel silenzio delle sue stanze, delle sue bocche, sa che non è con la paura che si ottiene ciò che si vuole, ma neanche con la dolcezza.
Quello che si vuole, a volte arriva perché sì e altre non arriva perché no.
Tutto qui.
E puoi urlare, picchiare e scalciare, niente di ciò che l'altro non vuole darti, ti verrà dato.
Forti non è essere tutti d'un pezzo, senza lacrime e cedimenti, ma, penso, forti si è quando si va in mille pezzi e si sta lì a cercarli ad uno ad uno, poi ricomporre il puzzle e ricominciare.
Non si è forti a mostrare quanto forti siamo, ma quanto feriti siamo, non a non avere paura, quanto ad averne tante e addomesticarle, almeno un po': "tu paura dell'abbandono stai lì ora, da brava, che ci sono io con me e non mi lascerò mai, torna domani, dopo le 20.00, grazie".
Forti, forse li si diventa quando si accetta che forti, forti e grandi e senza crepe non li saremo mai.
(Francesca Pachetti, La Raccontadina)
Francesca Pachetti, La Raccontadina, donna, mamma e contadina di Massa Carrara che da un po’ di tempo ha deciso di condividere su una pagina Facebook le sue esperienze di vita e ciò che la natura ogni giorno le insegna.
Due interessanti interviste alla Raccontadina si trovano in Rete.
La prima, del 2018, si può leggere al link: La Raccontadina: “Vi racconto il mio ritorno alla terra”, di Elisabetta Elia
Amore, cura e soprattutto fiducia. Su questi elementi si basa il legame con la terra che da sempre ha Francesca Pachetti. Nata e cresciuta in una famiglia contadina di Massa Carrara, Francesca Pachetti vive a contatto con “la terra” da sempre, anche se ogni tanto se ne è allontanata..
La seconda, del 2019, si può leggere al link: «Prima di coltivare sogni, impara a zappare», di Antonella Gallino
Da tempo avevo iniziato a seguire la Raccontadina su Facebook, innanzitutto perché trovavo geniale il nome; poi, perché leggevo i suoi post e sentivo in filigrana ‘la vena’.
La corteggiai un po’ via Messenger e finalmente una mattina riuscii a intervistarla per telefono...
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