"Non é sempre un mercoledì da leoni"

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Miracolo a Milano, di Vittorio De Sica (Italia, 1951)San Martino B. A. (VR), mercoledì 26 marzo 2014.

Opificio dei Sensi e Cineclub Verona presentano: Miracolo a Milano, di Vittorio De Sica (Italia, 1951), ultimo film della rassegna "Non é sempre un mercoledì da leoni", alle Ferrazze di S. Martino Buon Albergo, alle porte di Verona. Saranno oggi quelli dell'EXPO a avere paura di un film come "Miracolo a Milano" di Vittorio de Sica?

Dal 1951 inquieta politici, imprenditori, pie dame e clero indeciso, dicendo di connivenze, corruzione, prevaricazioni, di un potere inumano, della povera gente che si accontenta, dei miracoli, che aiutano chi non crede a Dio, ma alla bontà, un film che dice che bisogna migrare verso un mondo dove forse non c'è lavoro, ma dove il buongiorno sia veramente un buon giorno. O saranno anche i politici e gli alti locati finanziari, industriali e clericali veronesi a averne oggi paura?

Di sicuro chi ama il cinema e i tanti giovani che non l’hanno visto non potrà perdere l’appuntamento conclusivo della rassegna “Non è sempre un mercoledì da leoni” che all’Opificio dei Sensi, alle Ferrazze di San Martino Buon Albergo, presenta mercoledì 26 marzo, proprio il capolavoro di de Sica “Miracolo a Milano”. De Sica, parlando del suo Miracolo poco prima che uscisse, lo definì "un messaggio di bontà e di affetto, in un mondo che, purtroppo, di bontà e affetto vuol fare a ogni costo a meno" A Cannes, "Miracolo a Milano" trionfò ed ebbe la Palma d’oro.

Dai critici di New York fu giudicato il miglior film straniero del 1951. Ma soprattutto "Miracolo a Milano" portò nel mondo la poesia popolare di Cesare Zavattini (suoi sono il libro "Totò il buono" da cui é tratto il film e la sceneggiatura) e di De Sica. Lasciati i toni da denuncia di "Ladri di biciclette", il grande regista si inoltra in una strana favola in cui i bambini nascono sotto i cavoli e i buoni e i cattivi fanno anche la figura da stupidi, ma un uomo e una donna e il loro amore vincono su tutto aiutati dalla bontà che fa i miracoli truccandosi da colomba. Ci sono i grandi Paolo Stoppa e Emma Gramatica, ma la scena è tutta per due attori dalla breve carriera: Francesco Golisano, morto in un incidente d'auto nel 1958, quando aveva solo 29 anni e la sua carriera da postino a attore stava maturando, e la padovana Brunella Bovo, che nella sua corta filmografia conta anche come protagonista "Lo sceicco bianco" di Fellini.

L'appuntamento é alle ore 21. L'ingresso è libero.

INFO: tel. 045 8947356 - Internet www.opificiodeisensi.it - e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.


Martedì 15 ottobre 2013 apre la rassegna cinematografica all'Opificio dei Sensi - Centro Culturale Ferrazze di San Martino Buon Albergo (VR)Apre la rassegna cinematografica dal titolo: "Non è sempre un mercoledì da leoni". Martedì 15 ottobre 2013 all'Osteria Carro Armato, alle ore 12.30, presentazione della rassegna: venti appuntamenti con il cinema che puzza di storia, società, spettacolo, ma soprattutto di vita, nello spazio unico dell'Opificio dei Sensi alle Ferrazze di San Martino Buon Albergo (VR). All'incontro fa seguito un aperitivo. Ti aspettiamo!

PROGRAMMA

Mercoledì 16 ottobre 2013

  • Un mercoledì da leoni (Big Wednesday), 1978, di John Milius

Tre inseparabili amici furoreggiano col surf sulle spiagge della California negli anni '60. Il tempo passa, la vita li divide, ma le grandi ondate ritornano. Scandito su 4 tempi che sono quattro stagioni e quattro celebri mareggiate (estate '62, autunno '65, inverno '68, primavera '74) e che quasi corrispondono alle burrasche politiche (dalla morte di Kennedy allo scandalo del Watergate), non è soltanto un film sul surf e la sua mistica eroica (come l'ha praticato lo stesso Milius), ma anche una malinconica saga sull'amicizia virile, su una generazione americana segnata dal malessere esistenziale e dalla guerra del Vietnam. Uno dei più misconosciuti film dei '70. Eppure la sua importanza - non soltanto sociologica - è pari a quella di Il cacciatore di Michael Cimino, uscito nello stesso anno (Morandini).

Il cacciatore (The Deer Hunter), 1978, di Michael CiminoMercoledì 23 ottobre 2013

  • Il cacciatore (The Deer Hunter), 1978, di Michael Cimino

Tre giovani amici di origine ucraina, operai in un'acciaieria di Clairton (Pennsylvania), partono per il Vietnam dopo aver festeggiato il matrimonio (rito ortodosso) di uno di loro. Catturati dai Vietcong, subiscono la tortura della roulette russa, ma riescono a fuggire. Mike (De Niro) rimpatria, carico di medaglie; Steven (Savage) perde le gambe e Nick (Walken) trova a Saigon la morte che aveva cercato con accanimento. All'inferno e ritorno. Il Vietnam occupa la parte centrale e un breve capitolo (enfatico) verso la fine, in cadenze di un'apocalisse allucinata, di un carnevale di morte. Film di taglio espressionista che alterna tempi dilatati (il matrimonio all'inizio, il finale col canto di "God Bless America") a scorci fulminei. Gli imperativi etici sostituiscono l'analisi storica e i riti sociali s'impregnano di sacro. Due metafore come perni: la caccia al cervo (un solo colpo) e la roulette russa. 5 Oscar: film, regia, C. Walken attore non protagonista, montaggio, suono. 2° film di Cimino, 1° ruolo importante per M. Streep (Morandini).

Scene di caccia in Bassa Baviera (Jagdszenen aus Niederbayern), 1968, di Peter FleischmannMercoledì 30 ottobre 2013

  • Scene di caccia in Bassa Baviera (Jagdszenen aus Niederbayern), 1968, di Peter Fleischmann

In un villaggio bavarese torna Abram, malvisto dai compaesani per la sua fama di omosessuale. Le circostanze lo portano a uccidere in un impeto d'ira Hannelore, domestica del borgomastro e ritenuta di dubbia moralità (sessuale), l'unica adulta che s'è comportata con lui amichevolmente. Gli danno la caccia e lo catturano. Il giorno dopo è la festa del patrono, tutto è scordato. Dal dramma di Martin Sperr, collaboratore alla sceneggiatura e interprete principale, un duro, asciutto Heimatfilm di taglio naturalistico che diventa apologo sul "fascismo ordinario", il farisaismo, l'intolleranza, l'ignoranza della gente di campagna. Girato in dialetto bavarese, contribuì alla nascita del Nuovo Cinema Tedesco. Fu visto e apprezzato all'estero più che in patria. In Baviera ebbe precaria distribuzione.

Il nastro bianco (Das weiße Band - Eine deutsche Kindergeschichte), 2009, di Michael HanekeMercoledì 6 novembre 2013

  • Il nastro bianco (Das weiße Band - Eine deutsche Kindergeschichte), 2009, di Michael Haneke

Intorno al 1913 la quieta vita di Eichwald, paese della Germania del Nord, è turbata da una serie di strani e crudeli incidenti, all'apparenza privi di spiegazione. Non si riesce a individuare i responsabili. Il maestro della scuola locale - anche voce narrante - riunisce i fili degli eventi finché raggiunge una terribile verità che potrebbe essere il frutto di un'interpretazione paranoica. Il pastore protestante si rifiuta di credergli. Lo scoppio della guerra 1914-18 porta il maestro a non tornare più nella comunità. 1° film in lingua tedesca dal 1997 del regista austriaco "al quale preme rappresentare l'impossibilità di fare i conti con la realtà, oggi come ieri" (P.M. Bocchi) che ne fa il resoconto di un orrore a macchia d'olio inconcepibile più che inammissibile. È un film in bianco e nero (più bianco che nero) che lascia libero lo spettatore di decifrare i misteri della vicenda. Chi sono i colpevoli: i bambini o gli adulti? Senza quasi mai usare il primo piano, Haneke si pone di fronte alla realtà illeggibile di un panorama umano di vizi privati e pubbliche virtù sotto la coperta pesante del perbenismo. Suggerisce che potrebbe essere il terreno di cultura e la massa acritica del futuro nazismo. Palma d'oro al Festival di Cannes 2009.

Germania in autunno (Deutschland im Herbst), 1978, di Rainer Werner Fassbinder, Volker Schlöndorff, Alexander Kluge, Bernhard Sinkel, Edgar Reitz, Alf Brustellin, Hans Peter Cloos, Maximiliane MainkaMercoledì 13 novembre 2013

  • Germania in autunno (Deutschland im Herbst), 1978, di Rainer Werner Fassbinder, Volker Schlöndorff, Alexander Kluge, Bernhard Sinkel, Edgar Reitz, Alf Brustellin, Hans Peter Cloos, Maximiliane Mainka

Radiografia collettiva della Germania nell'autunno 1977 dopo il sequestro e l'uccisione dell'industriale Hans-Martin Schleyer; il dirottamento di un Boeing della Lufthansa a Mogadiscio con l'intervento di reparti specializzati che liberano gli ostaggi; la morte, nel carcere di Stammheim, dei terroristi Andreas Baader, Gudrun Esslin, Jan Carl Raspe e Ulrike Meinhof. Realizzato a ridosso della cronaca e già pronto nel febbraio 1978, mescola spettacolo e ideologia, analisi critica e indignazione civile, finzione e documentario. I racconti simbolici o metaforici si alternano con le testimonianze di taglio documentario. Per i temi che affronta - terrorismo, involuzione dello stato di diritto, crisi della sinistra, comportamento dell'opinione pubblica - riguarda anche gli italiani

Tardo autunno, 1960, di Yasujiro OzuMercoledì 20 novembre 2013

  • Tardo autunno (秋日和, Akibiyori), 1960, di Yasujiro Ozu

Dopo la morte del marito, Akiko si ritrova a vivere in ottimi rapporti con la figlia Ayako. Tre amici di famiglia fanno però notare alla vedova che Ayako ormai ha l'età giusta per sposarsi e fanno a gara per trovarle un pretendente. D'altra parte la diretta interessata sembra non volerne sapere di matrimonio, in quanto teme di lasciar sola la madre. I tre uomini allora si danno da fare per trovare un marito anche ad Akiko. In "Tardo autunno", suo terzultimo film, Yasujiro Ozu riprende il soggetto di "Tarda primavera" per creare una pellicola a metà tra il dramma e la commedia. Il tema dell'allontanamento dei genitori (ormai anziani e soli) dai figli e - più in generale - il delicato rapporto tra giovani e anziani, è dominante nella seconda parte della filmografia del regista.

Giulia (Julia), 1977, di Fred ZinnemannMercoledì 27 novembre 2013

  • Giulia (Julia), 1977, di Fred Zinnemann

Dal libro autobiografico Pentimento (1973) di Lillian Hellman, adattato da Alvin Sargent. Ritratto di Julia - uscita da una ricca famiglia di New York, appassionata comunista che a Vienna, a partire dagli anni '30, studia con Freud, combatte contro Hitler, perde una gamba, è uccisa dai nazisti - e storia della sua fervida amicizia con la giovane commediografa Hellman, che la raggiunge a Berlino, portandole una grossa somma per aiutare gli antifascisti a espatriare. L'azione è estesa a Dashiell Hammett, grande rinnovatore del romanzo poliziesco e compagno di Lillian. Penultimo film di Zinnemann, che di Europa si intendeva, e uno dei suoi migliori, con un'ammirevole compagnia di attori. Un po' troppo romantico per una materia che romantica non è. Nove nomination agli Oscar e tre statuette a Sargent, alla Redgrave e a Robards. Troppo di sinistra per avere un grande successo (Morandini).

Mercoledì 4 dicembre 2013

  • Irene, Irene, 1975, di Peter Del Monte

Ottimo esordio cinematografico di Del Monte, che dipinge con ammirevole rigore il dramma di un anziano giudice abbandonato senza apparente motivo dalla moglie. Il film non dà risposte, ma suggerisce piuttosto vie di fuga immergendo la vicenda in una magica atmosfera crepuscolare e autunnale che assume pian piano i colori del mistero e del sogno. Fondamentali per la riuscita dell'operazione la splendida fotografia di Tonino Nardi e l'ottima prova degli attori: l'impeccabile Cuny e le intensamente enigmatiche Olimpia Carlisi e Sibilla Sedat (Davidotti).

Vaghe stelle dell'Orsa, 1965, di Luchino ViscontiMercoledì 11 dicembre 2013

  • Vaghe stelle dell'Orsa, Regia di Luchino Visconti. Con Claudia Cardinale, Jean Sorel, Michael Craig, Renzo Ricci, Fred Williams. Italia 1965.

Ritorno al palazzo natio (a Volterra) di Sandra (Claudia Cardinale) moglie d'un diplomatico americano (Michael Craig). Nel vecchio palazzo, ritrova i ricordi. Rivede il fratello Gianni, la madre ricoverata in una clinica e Gilardoni, secondo marito della madre. La famiglia è tormentata dal ricordo del padre, un illustre scienziato ebreo deportato dai nazisti e morto in un campo di concentramento. Sandra ripiomba in un passato non chiaro: il padre, scienziato ebreo, è stato denunciato ai tedeschi dalla madre (Marie Bell)? Qual'è il legame vero che univa Sandra al fratello (Jean Sorel)? Le "rimembranze" provocano il suicidio di quest'ultimo.

“La base del rapporto tra i due fratelli è un’alleanza del sangue, un patto, una volontà di dimostrare a tutti la mutua fedeltà al ricordo del padre, morto per tradimento, e alla razza ebraica. Il loro amore è stato immerso nei sentimenti infantili, tanto vòlto a sostituire il calore della famiglia e a ritrovare il paradiso perduto dell’infanzia, che diventa puro anche se ha un suo lato erotico, torbido. L’idea iniziale del film è stata l’Orestiade. Agamennone, ebreo, è stato ucciso dai nazisti. Clitennestra è una concertista squilibrata che forse ha denunciato il marito per unirsi a Egisto, uno squallido avvocatucolo di provincia. Oreste è un antieroe come sono i ragazzi d’oggi: di vendicare il padre non gli importa niente, in fondo è solo uno che vuole fare i soldi e andare sulle copertine dei rotocalchi, ha scritto apposta un romanzo osé sui rapporti con la sorella. Il compito di furore vendicativo che nella tragedia greca era di Oreste si è trasferito a Elettra: l’unica che agisce con precisione. È una storia di gente già condannata e punita in partenza”.

(Luchino Visconti “L’Europeo”, 37, settembre 1965).

Presentazione di Ugo Brusaporco.

C'era una volta il West, 1968, di Sergio LeoneMercoledì 18 dicembre 2013

  • C'era una volta il West, 1968, di Sergio Leone

Cinque personaggi si affrontano intorno a una sorgente: Morton (Ferzetti), magnate delle ferrovie, ha bisogno dell'acqua per le sue locomotive e fa eliminare i proprietari legittimi, i McBain, dal suo feroce sicario Frank (Fonda); Jill (Cardinale), ex prostituta, vedova di un McBain; il bandito Cheyenne (Robards), accusato della strage dei McBain; l'innominato dall'armonica (Bronson) che vuole vendicare il fratello (Wolff), assassinato da Frank e i suoi sgherri. Su un soggetto scritto dal regista con Dario Argento e Bernardo Bertolucci e sceneggiato con Sergio Donati, è una sorta di antologia del western in negativo in cui si ricorre ai suoi più scalcinati stereotipi. tre attori americani di scuole diverse e il più famoso dei tre (Fonda) scelto contro la parte. Il set non è più l'Andalusia, ma la Monument Valley di John Ford. In un film ricco di trasgressioni, Leone dilata madornalmente i tempi drammaturgici, contravvenendo alla dinamica del genere. Sotto il segno del titanismo si tende al teatro d'opera e alla sua liturgia. Dall'epica del treno, della prima ferrovia transcontinentale, si passa alla trenodia, al canto funebre sulla morte del West e dello spirito della Frontiera.

West and Soda, 1965, di Bruno BozzettoMercoledì 8 gennaio 2014

  • West and Soda, 1965, di Bruno Bozzetto

Un villaggio abitato da cow-boys è sottoposto a continue vessazioni da parte di un ricco proprietario terriero, denominato il Cattivissimo. Costui, con la collaborazione di due aiutanti, Ursus e lo Smilzo, vuole impossessarsi dell'unico terreno fertile della vallata che appartiene ad una ragazza, Clementina, la quale vive con tre mucche pettegole ed un cane perennemente sbronzo. Un giorno arriva al ranch di Clementina un tipo complessato, Johnny, restio ad usare la violenza. Clementina prende subito in simpatia il giovane, che naturalmente diviene il principale obiettivo delle vessazioni del Cattivissimo. Quando a Johnny capita di perdere una pepita che aveva con sé, il trio lo cattura, sottoponendolo alla tortura delle formiche del deserto, per conoscere l'ubicazione della ricca miniera. Le vessazioni non riescono a scuotere ancora l'apatico cow-boy, che però si scatena quando il Cattivissimo fa incendiare il ranch di Clementina. Eliminati i propri complessi, Johnny, in un'epica battaglia da mezzogiorno di fuoco, elimina tutti e tre i malvagi, riportando serenità e pace nella vallata.

“Distant Voices, Still Life”, Voci lontane... sempre presenti. Regia di Terence Davies. Con Freda Dowie, Angela Walsh, Dean Williams, Pete Postlethwaite, John Michie. Gran Bretagna 1988Mercoledì 15 gennaio 2014

  • Voci lontane sempre presenti (Distant voices still lives), 1988, di Terence Davies

Tre fratelli ricordano la loro vita fra un padre tiranno e una madre dolcissima. Un film di grande suggestione per sensibilità ed originalità narrative, che parla della famiglia di Eillen, di Maisie e di Tony, cresciuti con un padre capace di nevrotiche durezze e una madre che è, invece, l'autentico angelo del focolare. Dopo la morte del genitore, i destini dei figli prendono strade autonome.. Con uno stile personalissimo, con una intensità straordinaria, con un'eccellente capacità evocativa dell'ambiente (Liverpool), del tempo (con inizio durante la seconda guerra mondiale) e del contesto sociale, Terence Davies ottiene un risultato eccellente. Affascinante colonna musicale, recitazione magistrale.

Il porto delle nebbie (Le quai des brumes), 1938, di Marcel CarnéMercoledì 22 gennaio 2014

  • Il porto delle nebbie (Le quai des brumes), 1938, di Marcel Carné

Dal romanzo Le Quai des brumes (1927) di Pierre MacOrlan. Arrivato a Le Havre per imbarcarsi clandestinamente per il Venezuela, Jean, disertore dell'esercito coloniale, fa diversi incontri tra cui Nelly. Dopo una notte d'amore, Jean sorprende Zabel, vecchio e ripugnante tutore di Nelly, che sta per violentarla e lo uccide. Sarà anch'egli ucciso mentre si accinge a imbarcarsi. La nave esce dal porto. È il primo film del sodalizio Prévert-Carné-Gabin. È il primo in cui si fissa, con icastico risalto, l'universo figurativo di Carné e in cui si configura il suo lirico pessimismo, il senso implacabile del fato.
In un tempo, il nostro, in cui si spreca la parola capolavoro, destinata a essere in realtà dedicata solo a opere che il tempo non scalfisce e non a effimere opere che dopo un decennio non esistono neppure nella memoria delle persone, ecco che questo mercoledì 22 gennaio all’Opificio dei Sensi, alle Ferrazze di San Martino Buon Albergo Verona Est, si potrà vedere o rivedere uno dei film che meritano il titolo di capolavoro: "Le quai des brumes" (Il porto delle nebbie) di Marcel Carné. Forse è sbagliato comunque dire “di Marcel Carné” perché il film vive si della sua leggendaria maestria di regia, ma respira con la scrittura di Jacques Prévert; sublime poeta amoroso, la fotografia di Eugène Schüfftan, Louis Page, Marc Fossard, Henri Alekan, la musica immortale di Maurice Jaubert e, non ultima dall’interpretazione mitica di Michèle Morgan, Jean Gabin, Michel Simon in un cast formidabile che poteva contare anche su Pierre Brasseur, la divina parterre del cinema francese che in quel momento, 1938, tentava di risalire la china persa nei confronti degli Stati Uniti dopo la I guerra mondiale. Una speranza che proprio la seconda guerra mondiale rese vana. In questo film il mondo di Prévert e di Carné è disperatamente cupo. I personaggi, tutti, sono schiacciati dal peso insopportabile del proprio destino, noi li vediamo parlare di speranza, di sogni, vediamo nei loro occhi i grandi viaggi, mentre sono condannati a rimanere nel loro mondo. Un mondo dominato dalla fatalità, per loro, sconfitti, sempre negativa.

Casablanca, 1942, di Michael CurtizMercoledì 29 gennaio 2014

  • Casablanca, 1942, di Michael Curtiz

S'incontrano nel principale porto del Marocco nel 1941 poliziotti francesi, spie naziste, fuoriusciti antifascisti, avventurieri di rango, piccoli sciacalli. L'americano Rick Blaine, proprietario di un bar, aiuta Ilsa, la donna che amava (e ama ancora) e suo marito, perseguitato politico, a lasciare in aereo la città. Film mitico sul quale il tempo sembra non avere presa, oggetto di culto per le giovani generazioni di mezzo mondo, amalgama perfetto di toni, generi, archetipi e stereotipi dell'immaginario collettivo, memorabile galleria di personaggi grandi e piccoli. È la più sottile opera di propaganda antinazista realizzata durante la guerra e la più decisiva eccezione alla teoria del cinema d'autore. Ebbe tre Oscar (film, regia, sceneggiatura). La sua fonte è Everybody Comes to Rick's, testo teatrale di Murray Burnett e Joan Allison che non era mai stato messo in scena e che fu sceneggiato dai Julius J. (1909-2000) & Philip G. (1909-52) Epstein e Howard Koch. Uscito in Italia verso la fine del 1945 in una versione censurata nei dialoghi per opera di qualche funzionario, presumibilmente ex fascista: eliminati i riferimenti ai fascisti italiani e tolto il personaggio del capitano Tonelli che all'aeroporto fa il saluto romano (Morandini).

Tre uomini in fuga. La grande vadrouille, 1966, di Gérard OuryMercoledì 12 febbraio 2014

  • Tre uomini in fuga. La grande vadrouille, 1966, di Gérard Oury

Ci sono attori che hanno carriere sfolgoranti e che poi vengono clamorosamente dimenticati, questo è il caso di Louis De Funès di cui quest’anno cade il centenario della nascita, essendo nato il 31 luglio del 1914 (morì nel 1983). L'Opificio dei Sensi e il Cineclub Verona lo ricordano questo mercoledì presentando, nell’ambito della rassegna: “Un mercoledì non sempre da leoni”, uno dei suoi film più famosi “La grande vadrouille” (Tre uomini in fuga), film del 1966, considerato la più importante commedia anti-nazista prodotta in Europa. In questo film Louis De Funès è un direttore d’orchestra che, nella Parigi prigioniera dei tedeschi accoglie l’equipaggio di un aereo abbattuto dalla contraerea. Insieme cominciano uno spassoso, per il pubblico, viaggio nella Francia occupata.
La regia è di un mago della commedia: Gérard Oury; con De Funès recitano André Bourvil, Terry Thomas, Claudio Brook, Pierre Bertin, Andréa Parisy.

Le tre sepolture (The Three Burials of Melquiades Estrada), 2005, di Tommy Lee JonesMercoledì 19 febbraio 2014

  • Le tre sepolture (The Three Burials of Melquiades Estrada), 2005, di Tommy Lee Jones

Un emigrato messicano viene ucciso da una guardia di frontiera tanto stupida quanto arrogante. Pete, suo unico vero amico, decide di scoprire chi è il colpevole della sua morte e (visto che le forze dell'ordine preferiscono insabbiare il caso) lo punisce personalmente sequestrandolo e costringendolo a viaggiare con lui e con il cadavere del messicano. La meta è il paesino da cui l'uomo proveniva e in cui aveva chiesto di essere sotterrato. Grande e positiva sorpresa Tommy Lee Jones regista. Rivisita il western 'alla Pechinpah' ma lo fa senza citazionismi inutili. Inserisce invece il forte tema dell'amicizia che va al di là dell'appartenenza a un popolo e che rispetta un codice d'onore ineludibile. Tommy Lee Jones riesce poi ad evitare il rischio di concentrare tutta l'attenzione su di sé offrendo ampio spazio alle prove degli altri attori. Tra tutti, indimenticabile, la caratterizzazione di Levon Helm nel ruolo del vecchio cieco che vive isolato (Zappoli).

Giardini di pietra (Gardens of Stone), di Francis Ford Coppola (USA, 1987). Con James Caan, James Earl Jones, D. B. Sweeney, Anjelica Huston, Mary Stuart Masterson.Mercoledì 26 febbraio 2014

  • Giardini di pietra (Gardens of Stone), 1987, di Francis Ford Coppola

Uno speciale reparto militare di stanza a Fort Myer, in Virginia, è destinato al servizio di guardia d'onore per i funerali dei caduti che, durante la guerra del Vietnam, vengono inumati nel cimitero di Arlington. Di questa prestigiosa "Old Guard" fanno parte due veterani, i sottufficiali Clee Hazard e Goody Nelson, amici di lunga data, reduci entrambi da tre guerre e decoratissimi, sempre impeccabili, ma delusi. Seguono i primi passi di una recluta, Jackie Willow (figlio di un sergente loro ex collega) con una simpatia che diventa affetto: il giovane crede in certi valori, è più che efficiente ma, malgrado le bare ammonitrici, non sogna che di partire per il Vietnam, nonostante la moglie Samantha Davis sia contraria. Ad Arlington tornerà anche la salma di Willow, caduto in Vietnam, e toccherà al sergente Hazard, stavolta con le lacrime agli occhi, pronunciare alcune parole in sua memoria.
Presenta Ugo Brusaporco.

Una moglie (A Woman Under the Influence), 1974, di John CassavetesMercoledì 5 marzo 2014

  • Una moglie (A Woman Under the Influence), 1974, di John Cassavetes

Sposata a Nick Longhetti, titolare di una impresa di sterro, madre di tre bambini, la casalinga Mabel, un po' mattocchia, entra in depressione e passa sei mesi in una clinica psichiatrica dalla quale esce pronta a riprendere il suo ruolo di moglie e madre subalterna e suggestionabile, ma cambiata. Ma è cambiato anche il marito. Grande film d'amore e di follia, sulla follia come differenza e rivolta. Importante film sul malessere della società americana vista attraverso la famiglia e la coppia (etnicamente disparata: lui plebeo italoamericano, lei yankee di origine svedese). La parte che precede il finale "lieto" (ma problematico) è di straordinaria forza emotiva tra il tenero e il feroce. Rowlands e Falk fuori dal comune. Se ne accorsero persino a Hollywood, dove J. Cassavetes autore è sempre stato sottovalutato: due nomination agli Oscar per la regia e la Rowlands.

Prénom Carmen, 1983, di Jean-Luc GodardMercoledì 12 marzo 2014

  • Prénom Carmen, 1983, di Jean-Luc Godard

Carmen, una giovane che frequenta banditi e terroristi e che ha in programma una rapina ad una banca, si reca in una clinica per malattie nervose a visitare lo zio Jean (è lo stesso Jean-Luc Godard), che vaneggia su una sceneggiatura dopo l'altra. E' a lui che Carmen chiede di poter utilizzare un appartamento vuoto in riva al mare e lo zio, che per Carmen sembra aver sempre avuto una tenerezza particolare, glielo concede di buon grado. In più, promette che sarà il regista di un documentario che il gruppo di ragazzi vuole realizzare. Durante la rapina, Carmen conosce un poliziotto (Joseph) e i due si innamorano, rifugiandosi nell'appartamento sulla spiaggia. Ma Carmen, pur passionale qual'è, è anche una donna irrequieta e insofferente, mentre, piano piano, l'amante diviene sempre più possessivo e succube allo stesso tempo. Arrestato per complicità, il suo avvocato riuscirà a farlo mettere in libertà. Intanto, la banda organizza un sequestro di persona e butta giù il piano per un documentario che, in occasione e concomitanza del crimine, verrà girato nel salone-ristorante di un grande albergo. Sarà presente lo zio Jean, che dà ordini confusi. Mentre tutta l'azione si svolge, arriva la polizia: Carmen è avvicinata da Joseph che, respinto ed irriso, la insegue ed uccide con un colpo di pistola.

Faust, 2011, Aleksandr SokurovMercoledì 19 marzo 2014

  • Faust, 2010, Aleksandr Sokurov

Volevamo un capolavoro? Eccolo. Se i festival servono ancora a scoprire film così ambiziosi e diversi da richiedere più d’una visione, il “Faust” di Sokurov è il leone ideale. Una salutare boccata d’aria fresca, anzi fetida, perché Sokurov parte dai corpi sventrati del dottor Faust per tuffarci in un medioevo così corporale che quasi ne sentiamo l’odore. Dalle posture dei personaggi alle stoffe ruvide, le strade anguste e fangose, i corpi stanchi, gli animali onnipresenti, tutto ci porta in un mondo remoto e vicinissimo, anche sul piano ideale: l’«homunculus» nato in provetta e la possibilità di abolire la morte sono sogni, o incubi, decisamente attuali (Ferzetti).

Mercoledì 26 marzo 2014

  • Miracolo a Milano, 1951, di Vittorio de Sica

Ispirato al romanzo Totò il buono (1943) di Cesare Zavattini, adattato dal regista con l'autore e con Suso Cecchi d'Amico, Mario Chiari e Adolfo Franci. Raccolto neonato nel suo orto dalla dolce Lolotta e, dopo la sua morte, cresciuto in un orfanotrofio, Totò Golisano va a vivere in una baraccopoli cenciosa all'estrema periferia di Milano, abitata da un centinaio di barboni tra i quali - santo più che buono - predica le buone maniere, la solidarietà e la non-violenza. Quando dal suolo zampilla il petrolio, il proprietario del terreno, aiutato dalla polizia, cerca con tutti i mezzi di cacciarli. È ancora la miracolosa Lolotta a trovare per Totò, la sua innamorata e i vagabondi una via d'uscita: a cavallo di una scopa, da piazza Duomo s'involano verso il cielo. Film costoso per i trucchi made in USA (Ned Mann), ammirevole per il suggestivo BN di G. R. Aldo (Aldo Graziati) e la ricchezza delle gag comiche, poetiche o poetizzanti di Zavattini, non piacque a destra per i suoi risvolti eversivi (titolo provvisorio: I poveri disturbano), deluse a sinistra per l'abbandono del neorealismo, ma vinse a Cannes la Palma d'oro (ex aequo con La notte del piacere di A. Siöberg), il premio Fipresci e un ridicolo Nastro d'argento per la scenografia (Guido Fiorini) e fu giudicato il miglior film straniero dai critici di New York.


Un mercoledì da leoni (Big Wednesday), 1978, di John Milius

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