A nonna Aladina Bagnoli - Partivi presto, di mattina, perché presto dovevi ritornare. Tu, fra le stanghe del carretto nella bianca strada. Tu, con il carico dei fiaschi impagliati. Tu, che riportavi a casa nudi barili, per ricominciare di nuovo. Per continuare, sperare e sognare in un mondo d’uguali che in quei cupi anni non c’era.
C’erano però le leggi repressive.
C’era il Tribunale Speciale.
C’erano le persecuzioni personali, il carcere…
C’erano la povertà, la fame. Tanta fame.
Poi la guerra ’40-’45. La liberazione. La ricostruzione.
Tu, con quella misera paga tornavi a casa con il carretto e tanta fantasia da… mettere in pentola. Ecco perché dovevi tornare presto.
Ti aspettavamo e a noi bastavano poche cose: un “semelle”, una ciocca d’uva essiccata alle travi del soffitto e, quando andava bene, una braciolina di carne di ciuco.
Erano leccornie per noi.
E tu, da quegli spessi occhiali cercavi di capire se eravamo sazi, se avevamo ancora fame e, molte volte, sospiravi.
Sospiravi quando dovevi dirci: “Bambini non c’è altro da mangiare”
Troppo spesso la madia era vuota e tu ci mandavi dai contadini.
Era una strada “salata”, ma al ritorno la sporta, foderata di triste stoffa nera, veniva svuotata sul tavolo e subito c’era aria di festa.
C’era allegria.
Allegria per il profumo di pane buono.
Allegria per i diversi colori delle fette, dovute alle cotture dei vari forni.
Allegria per la certezza che almeno quel giorno la fame si allontanava.
Si parlava tra di noi, poi ti chiedevamo: “Sai nonna, i Burresi ci hanno detto che andiamo troppo spesso a chiedere il pane da loro”.
Tu riuscivi a rasserenarci e pensavi già al giorno dopo.
Andavamo a tavola, ci pregavi di mangiare. Le posate erano di varia foggia, ormai datate, incomplete nella dentatura ed i cucchiai erano bucati dal logorio della sabbia e della cenere. Per noi era normale, c’eravamo ormai adattati ai regali dei vicini.
Queste cose non ti preoccupavano.
Ti preoccupava invece la quantità del cibo, sempre insufficiente. E tu non sempre ci potevi chiedere se avevamo ancora fame!
Quando era ora di andare a letto, ci facevi le consuete prediche:
“Bambini non consumate tanta acqua”.
“Non consumate tanta acqua”, ci ripetevi...
La brocca di rame pesante, le scale ripide, la fontana in piazzetta ci facevano riflettere, limitare il consumo ed evitare lo spreco.
“Bambini non fate tanto baccano, dormite”
“Bambini piano a muovere i piedi, le lenzuola sono già rassettate”
“Bambini chiudete quella porta, entra il cattivo odore delle pelli”
“Bambini domattina state bravi, vado ad Empoli a riportare i fiaschi”…
Bambini, bambini, bambini!
Continuava, perseverava e sperava, in silenzio, in un mondo migliore!
Me la ricordo anche così, in quella strada polverosa, mentre ritornava a casa con la solita paghetta, tirando il carretto.
Sempre con gli stessi desideri: accontentare tutti noi.
Non ricordo invece che una sola volta abbia chiesto qualcosa per sé, se non il desiderio di libertà e di democrazia che le erano mancate. Che il ventennio fascista le aveva negato.
Cara nonna, è difficile parlare di te con solo due pagine scritte, ma credo siano più che sufficienti per coloro che ti hanno voluto bene, perché essi sanno. Sanno che le difficoltà ti sono state sempre cattive compagne. Sanno quanto hai sofferto per superarle ed essi sono consapevoli che alla fine n’è valsa la pena.
Ne è valsa la pena!
Il buon seme che hai lasciato è stato raccolto dai tuoi cinque figli e dai numerosi nipoti che continuano a seminare. Essi hanno vissuto e vivono con la dignità, la forza e l’impegno nel mantenere la continuità dei tuoi principi!
Tu, che col carretto riportavi nudi barili di fiaschi per ricominciare di nuovo, per continuare a sperare in un mondo migliore e partivi presto, di mattina, perché presto dovevi ritornare.
Pagnana (FI), 12 novembre 2009
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Giuliano Bagnoli
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