Di nuovo gli aquiloni

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(In attesa del 71° anniversario dell’eccidio nel Duomo di San Miniato, 22 luglio 1944) - Pagnana, quattro case sulla riva sinistra del fiume Arno. Noi bambini, correndo con gioia lungo il viottolo dell’argine, tenevamo con le mani il filo, vincolato all’altra estremità al proprio aquilone. Esso tentava di volare via, liberamente, quasi esprimesse con forza i nostri sentimenti, le nostre stesse aspirazioni, le necessità, tenute represse in molti anni dal duro e sanguinoso regime.

Li avevamo costruiti da soli, gli aquiloni, con carta filo e colla, tutti simili tra loro, con la sola variante dei colori. Li mandavamo, a gara, sempre più in alto e mentre il cielo si tingeva delle varianti dell’arcobaleno, le nostre grida gioiose si confondevano con gli acuti cinguettii delle rondini.

Poi in cielo scomparsero i nostri colorati “desideri” perché cominciarono a volare grossi aerei grigi, che facevano un gran rumore, inconfondibile e indimenticabile. Venivano a salvarci e uccisero i nostri aquiloni. Era il luglio 1944 e uno dei tanti obiettivi militari era il ponte della vicinissima Marcignana.

Sfollammo per maggior sicurezza a San Miniato e, per maggior “sicurezza”, il Comando Germanico il 22 luglio, di prima mattina, sollecitò tutta la popolazione a entrare nella chiesa di San Domenico e nella Cattedrale, dove, più che la fede, vinsero il terrore e le esplosioni. Ci furono la morte per cinquantasei persone e il ferimento di un numero imprecisato di malcapitati. Io e la mia famiglia ne uscimmo illesi.

eccidio nel Duomo di San Miniato (PI), 22 luglio 1944Poi venne il tempo della lapide, appesa alla facciata del Comune a ricordo perenne dell’eccidio. Lapide amata e contestata, in seguito anche modificata con l’asportazione di alcune parole ritenute non appropriate. Lapide che ispirò svariate iniziative di esperti civili, militari e religiosi alla ricerca della verità assoluta.

Poi venne il tempo della seconda lapide, anch’essa amata e contestata, che riaccese gli animi, rinvigorì le discussioni con le stesse dissertazioni fatte sulla prima. Ripropose gli interrogativi dell’eccidio. Fece risentire il rumore degli scoppi, rivedere il Luogo di Culto macchiato di sangue e le persone colpite ridotte a brandelli.

Avevo sette anni e queste visioni, quelle grida, quello smarrimento non mi hanno ancora abbandonato. A volte torno a San Miniato ed entro dallo stesso portone nella Cattedrale che mi vide entrare alle ore 9.30 circa di quel 22 luglio 1944. Entro per cercare di capire meglio ciò che avvenne e l’unica cosa che mi appare sempre chiara e sulla quale non ho dubbi, è l’origine e la causa di tutto questo: la barbara, atroce, sanguinaria e catastrofica guerra nazi-fascista.

Le lapidi sulla facciata del palazzo comunaleEsco dalla Cattedrale con gli stessi interrogativi con i quali sono entrato. Solo i ricordi, i miei di superstite, sono indelebili. Con questi entrerò nel progettato Museo della Memoria, (annuncio in TV del Sindaco di San Miniato Sig. Vittorio Gabbanini), troverò lì le due lapidi asportate dalla facciata del Comune con l’auspicio che queste abbiano una sistemazione definitiva, senza scomparire nel nulla.

Sulla “storia” dell’eccidio persistono ancora molte remore e dubbi, ma almeno delle lapidi sappiamo tutta la verità. Sappiamo chi scrisse la prima, chi sollecitò la modifica del suo testo, chi ha ideato la seconda (scomodando anche Oscar Luigi Scalfaro) e infine chi ha deciso la rimozione di entrambe che ha riacceso i sopiti stati d’animo dei superstiti e dei cittadini di San Miniato.

Entrerò, a suo tempo, in questo Museo, dove spero che il Consiglio Comunale faccia mettere anche una sedia. Lì, attenderò gli esperti che in tutti questi anni hanno contribuito alla ricerca della verità. Allestirò una fantastica tavola rotonda, dove rivedrò il Fra Superiore del Convento dei Cappuccini mentre ci leggeva le disposizioni dell’Alto Comando Germanico che ci obbligavano ad andare nella Cattedrale. Vedrò il soldato tedesco di guardia sul portone d’ingresso, mentre sollecitava mio zio Silvano che aveva in braccio il figlioletto a non entrare nel Duomo, facendogli capire di un imminente pericolo. Vedrò il Vescovo Mons. Ugo Giubbi che non rimase fra i fedeli in Cattedrale, ma andò in Episcopio per la messa personale; vedrò il Proposto Mons. Guido Rossi che mentre officiava la messa guardava a brevi intervalli il suo orologio da tasca, asciugandosi la fronte dal sudore; vedrò persone non identificate che ci chiusero il portone alle spalle. Poi risentirò i boati delle esplosioni, le grida dei feriti e dei sopravvissuti, vedrò la famiglia Taviani, che intuì il pericolo e non entrò nella Cattedrale.

Per cercare risposte a questi interrogativi rileggerò con i presenti le relazioni fatte a suo tempo, dai Giannattasio alla Cini, dal Memorandum, Charles R. Jacobs alle schegge del Canonico Enrico Giannoni (detto secca vigne), rivedrò volentieri il film dei fratelli Taviani “La notte di San Lorenzo”, rileggerò la lettera di Claudio Biscarini, gli articoli e i libri di Luciano Gianfranceschi e Paolo Paoletti e molti altri ancora con un elenco quasi infinito.

Ripasserò quindi con loro la lezione già studiata, dove si afferra anche dai minimi particolari la comune volontà nel ricercare la verità svincolata da “lacci e laccetti”. Una verità però ancora velata.

Voglio sperare che a tavola rotonda conclusa qualcuno riesca a togliermi quei dubbi che mi trasporto da oltre settant’anni e qualcun altro mi dica che la brutta storia delle lapidi non è mai esistita. Solo allora smetterò di ricordare e abbandonerò la lotta contro “i mulini a vento”.

Giuliano Bagnoli

La lapide del 1954. In basso sono visibili i fori a sostegno delle lettere di una frase rimossa dalla Prefettura di Pisa prima l'affissione perché ritenuta xenofoba e antiamericana. La frase tolta diceva: "Lo straniero di ogni parte sia sempre tenuto lontano dalle belle contrade rifiutando ogni lusinga o d'aiuto o d'impero." Inoltre al rigo 7° fu tolta la parola "attilesca", posta dopo “pura ferocia”.

La seconda lapide del 2008

Le lapidi della memoria

Il 22 luglio 2008 l'amministrazione comunale di San Miniato decise di porre vicino alla precedente lapide del 1954, posta sulla facciata del Municipio, che imputa la responsabilità della strage ai tedeschi, una nuova lapide, recante un testo scritto dall'ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro che l'attribuisce la strage ai cannoneggiamenti delle forze alleate. Il testo della seconda lapide è stato oggetto di critiche da parte del senatore di Alleanza Nazionale Piero Pellicini, ex membro della "commissione parlamentare d'inchiesta sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti", che si è detto contento del riconoscimento della verità storica, ma ha criticato la citazione di Scalfaro sui "repubblichini" poiché "tiene aperti i fossati".

Dal 18 aprile 2015 le lapidi sono state tolte per volontà della Giunta Comunale. Inoltre, il Consiglio Comunale nella seduta dell'11 giugno 2015 ha deliberato a maggioranza (11 voti favorevoli, 4 astenuti, nessun contrario) che le lapidi saranno collocate nell'erigendo Museo della Memoria, ubicato sotto i Loggiati di San Domenico.

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Giuliano Bagnoli

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