Quello di Arte: Cristo è nato in Polinesia

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Benvenuti a BLOG RADIO PODCAST di Quello di Arte. Il Mistero della Nascita di Cristo si rinnova ogni Natale e l’arte ha dato infinite interpretazioni di questo evento. La versione di Paul Gauguin (Te tamari no atua, 1896) è ambientata in Polinesia, il messaggio è sempre universale.

Gesù può nascere ovunque e in molti l'hanno riconosciuto duemila anni fa in una grotta a Betlemme. Questa scelta del Figlio di Dio di nascere in un luogo umile è un'emozione che si rinnova nelle parti più disparate del mondo. È un evento che diventa simbolico nella rappresentazione sacra e che vanta innumerevoli repliche in tutta la Storia dell'Arte europea.

Te tamari no atua tradotto dal Polinesiano vuol dire Nascita di Cristo "figli" di Dio, e non l'ho scritto male: la traduzione del titolo dato da Paul Gauguin a quest'opera, forse per sbaglio o forse volutamente, parla di figli, al plurale. Gauguin non ha corretto mai questo errore di traduzione, però sicuramente nel momento in cui stava dipingendo quest'opera, non stava realizzando soltanto una natività ma stava fissando un momento tragico della sua vita, di cui parleremo a breve.

Paul Gauguin, Te tamari no atua (La nascita di Cristo, figli di Dio), 1896. Olio su tela, 96×131,1 cm. Neue Pinakothek, Monaco di Baviera

Prima però andiamo a conoscere l'opera che sembra una trasposizione in chiave polinesiana di tante natività europee. Questo è un gioco al quale Paul Gauguin ci aveva già abituato, per esempio: il fregio pittorico "Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?" è un'opera che replica la struttura della "Primavera” di Sandro Botticelli; il quadro "Manao Tupapau" (Lo spirito dei morti veglia) è una fantastica replica de "L'incubo" di Johann Heinrich Füssli.

Paul Gauguin, Lo spettro su di lei (Manao Tupapau), 1892

 

Così anche in Te tamari no atua vediamo la rappresentazione di una donna in primo piano, dai seni scoperti, dalla veste blu, che allude alla Madonna. Se facciamo attenzione, all'altezza del cuscino possiamo notare la splendida circonferenza di un'aureola che brilla di luce calda. Passato il primo piano, in secondo piano c’è una donna ammantata di nero che tiene un bambino, anch’egli con la testa aureolata. Dietro c'è un'altra donna che sembra la rappresentazione di un angelo.

Vi lascio notare che in questa rappresentazione non c'è San Giuseppe, perché ai tempi di Paul Gauguin, e anche fino a qualche anno fa, l'uomo non assisteva al parto. Gauguin ci sta dicendo che la scena è appena accaduta, Gesù è appena nato proprio perché è in compagnia delle sole donne.
La descrizione della scena continua apparentemente normale. Sullo sfondo ci sono degli animali da stalla che sono tre buoi, ma non c'è nemmeno un asino. C'è un cane appena accennato a punta di pennello, sulla sinistra, vicino a un palo, ma nulla più.

Attenzione. Questa Natività non è il presepe di Greccio, quello di San Francesco, con tutti i valori simbolici che ci sono dietro alle figure della Sacra Rappresentazione, bensì è la Natività "di" Paul Gauguin e il fulcro per comprenderla è proprio nella preposizione "di". Infatti, se Gesù nasce per tutti, il momento in cui nasce è “per” le persone che ha intorno. Quindi questa Natività è una “rinascita” polinesiana “per” Paul Gauguin.

Ma, come avevamo accennato poco prima, questa natività è maturata in un evento tragico. Consideriamo che in tutte le natività che si rispettino c'è sempre un’allusione alla morte di Cristo: un pezzo di corallo che ricorda il sangue o una melagrana il martirio; oppure un albero che ricorda l'albero di Adamo da cui è stata ricavata la croce. In questo caso l'allusione alla morte di Cristo è più sentita da Paul Gauguin, è un fatto personale, perché rappresenta il figlio morto alla nascita, il figlio che aveva avuto con una giovanissima ragazza polinesiana.

Se guardiamo bene l'opera ci accorgiamo che Gesù bambino è in braccio al personaggio che Gauguin aveva già messo al posto dell'Incubo nell'opera "Lo spirito dei morti veglia”. È Manao Tupapau, che è rappresentato da una figura incappucciata di nero, davanti a un totem coloratissimo con segni tribali disegnati sopra. Manao Tupapau, lo spirito dei morti, sta tenendo in braccio Gesù bambino che ricordava al pittore il figlio che era nato morto in quella circostanza; ma anche il ricordo ancora più antico, quello della figlia europea, Aline, morta anche lei giovanissima.

Te tamari no atua non è la natività di un pittore europeo che affonda le sue origini nella pittura simbolista, quella dei Nabis. Non è nemmeno il quadro di un pittore europeo conosce il simbolismo dell'arte Cristiana. Questo è un quadro che ci riporta l'emozione di Paul Gauguin davanti alla Natività, che è il sacrificio di Gesù, il figlio di Dio, nato per poi morire. Te tamari no atua, anche se nasce in circostanze tragiche non è un quadro tragico. È il quadro che ci dimostra il grande valore di saper sconfiggere il dolore, di superare anche la morte. Raccogliere le forze dopo un evento tragico per prendere in mano il pennello e dipingere.

Per Gauguin dipingere la Natività è accettare la sfida della nascita e della morte, per scoprire che il messaggio di Cristo e il suo mistero riguardano tutti. Forse così si spiega quell'errore di traduzione mai corretto: "la nascita di Gesù figli di Dio" ci ricorda che siamo tutti coinvolti.

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Un saluto da Michelangelo Mammoliti

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Michelangelo Mammoliti è nato a Roma il 23 novembre 1975. E' insegnante di disegno e storia dell’arte dal 2004 nei licei scientifici. Laureato presso Accademia di Belle Arti, è anche disegnatore e grafico. Appassionato di fumetti, giochi da tavolo e di ruolo, vive a Roma, è sposato e ha due figli.

 

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Michelangelo Mammoliti
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