“Mia madre mi diceva: se esci di notte ti uccideranno. Una notte è successo: hanno ucciso un uomo, un giornalista. Ho deciso allora che sarei uscita anche io di notte.” (Z. D.) Zehra Doğan (Diyarbakır, 14 aprile 1989) è un'artista e giornalista curda con cittadinanza turca, nota per essere stata arrestata e condannata per aver pubblicato sui social media un suo dipinto in cui raffigura la distruzione di Nusaybin dopo gli scontri tra le forze di sicurezza e gli insorti curdi.
Il Kurdistan è uno stato che non esiste sulle mappe, è stato smembrato tra Turchia, Siria, Iran e Iraq alla caduta dell’Impero Ottomano, ma anche se i suoi confini non sono tracciati, il suo popolo esiste, eccome.
Per il solo fatto di averne raccontato la storia, l’artista curda Zehra Doğan (Diyarbakır, 1989) nel 2016 è stata accusata di propaganda per i terroristi del PKK, è stata arrestata e ha passato i successivi 2 anni, 9 mesi e 22 giorni in prigione. Ma nonostante le dure regole di detenzione e la completa mancanza di materiali, Doğan, nascondendosi sotto il letto, ha continuato a disegnare e dipingere, improvvisando con quello che trovava: tessuti ricavati da abiti, pagine di lettere, carte da imballaggio, pacchetti di sigarette, cibo avanzato, spezie macinate, detergenti, urina e sangue mestruale.
In 34 mesi in prigione, Doğan ha prodotto molte opere, di cui oltre trecento scampate alla distruzione sistematica operata in carcere, testimoni della sua protesta contro il patriarcato, la repressione politica, le condizioni di detenzione.
Uscita dal carcere, con il sostegno del mondo della cultura internazionale, ha cominciato a esporre in tutto il mondo, e ha continuato a usare, questa volta volontariamente, quegli stessi materiali con cui in prigione si opponeva al divieto di dipingere.
Quello che vuole è parlare di identità e di corpo femminile, quel corpo trattato come una terra da conquistare, quel corpo violato come il suo Paese che non esiste. “I poteri che agiscono sul corpo come strumento di dominio si mantengono condizionando le percezioni relative ai corpi e ai territori” dice l’artista, e il suo sangue, dipinto su pagine di libri, tessuti e brandelli di tappeti curdi, è un attacco alle politiche e alla moralità patriarcali, dà voce a chi non ce l’ha, scardina - un’opera alla volta - retrogradi stereotipi culturali.
Lara Facco. EDITORIALE - TELESCOPE | racconti da lontano #149
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Zehra Doğan (Diyarbakır, 14 aprile 1989) è un'artista e giornalista curda con cittadinanza turca, nota per essere stata arrestata e condannata per aver pubblicato sui social media un suo dipinto in cui raffigura la distruzione di Nusaybin dopo gli scontri tra le forze di sicurezza e gli insorti curdi.
Biografia
Fondatrice e direttrice di Jinha, un'agenzia di stampa curda femminista con un personale tutto femminile, dal febbraio 2016 Doğan ha vissuto a Nusaybin, una città turca al confine con la Siria. Il 21 luglio 2016 è stata arrestata in un bar a Nusaybin e incarcerata nella prigione di Diyarbakir. Il 2 marzo 2017 è stata assolta dall'accusa di "appartenenza a un'organizzazione illegale", ma è stata condannata a 2 anni, 9 mesi e 22 giorni di carcere per "propaganda terroristica" a causa delle notizie pubblicate e dei post sui social media tra cui anche un suo dipinto in cui raffigura la distruzione di Nusaybin.
“Mi sono stati dati due anni e 10 mesi [di prigione] solo perché ho dipinto bandiere turche su edifici distrutti. Tuttavia, (il governo turco) ha causato questo. L'ho solo dipinto", ha scritto Doğan su Twitter dopo la sentenza.
La sua pubblicazione Jinha è stata chiusa il 29 ottobre 2016 dalle autorità turche, uno degli oltre 100 organi di stampa chiusi dopo il fallito colpo di stato militare nel luglio 2016. In prigione, lei e altre donne hanno creato il quotidiano Özgür Gündem Zindan (Free Agenda Dungeon), il cui nome è un'opera teatrale su Özgür Gündem (Free Agenda), una pubblicazione con sede a Istanbul che si rivolge al pubblico curdo.
Dopo aver terminato la condanna, è stata rilasciata dalla prigione di Tarso il 24 febbraio 2019.
Nel novembre 2017 un artista cinese dissidente, Ai Weiwei, ha pubblicato una lettera in cui esprimeva solidarietà nei riguardi della giornalista-artista incarcerata, facendo un parallelo tra la Cina e la Turchia nella repressione delle espressioni artistiche. Zehra Doğan ha risposto dalla prigione: "L'arte è il miglior strumento per la lotta".
L'artista di strada Banksy ha espresso più volte solidarietà nei confronti di Doğan dedicandole anche un murale a New York.
L'artista e attivista Gianluca Costantini ha realizzato molti disegni per richiedere la libertà della Doğan.
La prima grande mostra "Avremo anche giorni migliori. Opere dalle carceri turche" si è tenuta nel 2019 al Museo di S. Giulia, Brescia, a cura di Elettra Stamboulis e successivamente nel 2021 con il titolo "Il tempo delle farfalle" al PAC Padiglione d'arte contemporanea di Milano, a cura di Elettra Stamboulis.