Livorno, martedì 21 gennaio 2014.
Aspettando la settimana della Memoria, torna a Livorno all'ExCinema Aurora, ore 21, "Le rose di Jurgen". Interverrà Catia Sonetti, direttrice dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea di Livorno. Ci interrogheremo anche sull'intreccio e sul rapporto di temi quanto mai attuali, quali il rispetto, la sessualità, la libertà, l'omofobia...
“Le rose di Jürgen”, vincitore del Festival YouTheater.org 2009, vincitore di Emergenze Creative 2009, è portato in scena dalla Compagnia Con-fusione, per la regia di Giacomo Fanfani. Con Martina Guideri e Rafael Porras Montero. Costumi Antonio Musa, luci Silvia Avigo. Produzione Con-fusione/Centro Culturale Le Fornaci - Comune di Terranuova Bracciolini.
C’è un campo, è proprio lì, vicino a Berlino. Si chiama Sachsenhausen: è il campo di sterminio modello dell'intera architettura del Terzo Reich. Ha la forma di un triangolo e sul vertice c’è una torretta. La sentinella che vi sale può dominare da solo tutto lo spazio del campo. Gli uomini che vi sono deportati si riconoscono dai colori. Ciascuno porta cucito sulla casacca un triangolino di un colore diverso, per organizzarsi meglio, per non confondersi: rosso comunisti, verde criminali, rosa pervertiti e poi nero, viola, marrone, azzurro: zingari, immigrati, puttane! Centinaia di piccolo triangoli scintillanti che si spegneranno schiacciati dal peso di un denso colore neutro che scorrerà dappertutto.
Come può sopravvivere un mazzo di rose, se neppure il bianco e il nero hanno resistito?
Jürgen nasce nel grembo di una famiglia borghese nella Berlino d’inizio secolo: sullo sfondo della città più liberale e contraddittoria dell’Europa di quegli anni, l’adolescente Jürgen conosce la propria omosessualità con il suo primo amore: Ruben, il garzone del fioraio.
Con l’avvento del delirio nazista, Jürgen viene deportato nel campo di concentramento di Sachsenhausen, dove resterà per alcuni mesi prima di essere rilasciato e ricondotto sotto il controllo della famiglia, rappresentata in scena dalla madre Gretel.
La madre vuole convincere il figlio a rispettare le regole che la società impone. Jürgen, in nome di una verità conquistata attraverso il dolore dei campi di sterminio, non vuole e non può cedere al ricatto dei pregiudizi di una società che rifiuta i suoi stessi figli.
Il rapporto tra i due si snoda in un chiuso dialogo che non consente vie d’uscita e che ci accompagna nella battaglia dolorosa tra una madre incapace di amare e un figlio condannato all’esclusione.
Attraverso uno scontro spietato, giocato sul filo della perversione, i due personaggi mettono a nudo il pregiudizio, le depravazioni, le gerarchie del potere, simbolo di intere società che, come nella Berlino degli anni ’30, proseguono nella costruzione di muraglie invalicabili.
Lo spettacolo
Il primo studio de Le rose di Jürgen ha vinto il Festival YouTheater.org edizione 2009, organizzato da KanterStrasse Teatro e Diesis Teatrango in collaborazione con Istituzione Le Fornaci, Teatro di Bucine, Rete Teatrale Aretina e Regione Toscana.
“Testo toccante e ben congegnato, la proposta di Fanfani contribuisce ad una rilettura non banale della storia, puntando l’obiettivo sulla condizione degli omosessuali durante le persecuzioni nazifasciste, aspetto spesso trascurato e poco indagato dalla storiografia”.
Le rose di Jürgen ha vinto, inoltre, in collaborazione con IREOS - Centro Gay Lesbico Bisex Transgender Queer, Emergenze Creative 2009, bando promosso dall’Assessorato alla Pubblica Istruzione e Politiche Giovanili del Comune di Firenze, e a settembre è stato presentato al Teatro di Rifredi di Firenze.
I personaggi si muovono su due linee recitative diverse: Jürgen tiene un registro di assoluta verità e assoluta intimità. È un uomo che ha visto cosa accade nei campi, ha subito il proprio annientamento e più del dolore può solo provare immobilità. Gretel invece si affida ad una costante recitazione che la rende ancora più tragica nei momenti in cui mostra la sua umanità e ancor più spietata quando dimostra la propria crudeltà.
Dietro di loro un mucchio di abiti di ogni genere, a memoria dello spogliamento all’arrivo dei campi, domina lo spazio scenico come a significare il solo limite possibile per l’uomo ovvero la morte e come a ricordare allo spettatore che nelle carneficine è l’umanità stessa a scegliere di uccidere e morire.
Il linguaggio poetico e brutale del testo è l’elemento che porta il dramma ad essere musica e rumore: l‘abbattimento delle frontiere, dei pregiudizi, dei moralismi viene offerto senza proporre soluzione ma suggerendo una urgente presa di coscienza.
Elemento cardine le rose, simbolo di diversità, protette e oltraggiate dai protagonisti in una costante giostra che indica gli infiniti confini dei campi di sterminio, reali e mentali, che appartengono, spesso senza preoccupazione, alla contemporaneità.
“Madre: «Salva la tua innocenza, Jürgen! Non costringermi a diventare complice del tuo dolore… Avrai un’altra possibilità se rinunci ad essere un amante... se rinunci ad amare... tu non puoi amare, Jürgen... perchè il tuo è un amore funesto/perverso/sanguinario... »”.INFORMAZIONI
- Valentina Pozzi cell. 339 1319776 - 313 8216415 e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Associazione Culturale Con-fusione
Via del Rondinino 1/c, 50135 Firenze
Tel. e fax 055 662716 / 339 2567406 / 333 4196703
e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Internet www.compagniaconfusione.com
Associazione DLF Livorno
Orario segreteria: lun-ven 9.00-12.00/17.00-19.00, sab 9.00-12.00
Viale I. Nievo 32, Livorno
Tel. 0586 402069 fax 0586 410618
e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Associazione Culturale Ex-Cinema Aurora
Viale I. Nievo 28, Livorno
e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.