Bolzano, mercoledì 10 aprile 2019 - Un bellissimo evento si è svolto al Centro Trevi di Bolzano nello scorso aprile, a cura dell’Associazione DLF Bolzano, intitolato: “IL DOPOLAVORO FERROVIARIO. Storia dell’Alto Adige attraverso i documentari”. Un incontro per ricordare la struttura del Dopolavoro Ferroviario di Via Crispi e la sua ricchissima storia, uno dei ritrovi più conosciuti per la cittadinanza bolzanina.
Grazie alla collaborazione tra Fondazione Upad, Centro Audiovisivi di Bolzano e Associazione DLF Bolzano, mercoledì 10 aprile 2019, alle ore 18.00, al Centro Trevi di Bolzano, Via Cappuccini 28, è stato presentato il documentario: DOPOLAVORO - ALTRI TEMPI CHE SCOMPAIONO (Italia, 2018, 30’), con la regia di Peter Paul Kainrath e la produzione di Mediaart (Bolzano), seguito dalla proiezione del film in bianco e nero del 1965: "L'ultima campata ferroviaria", di Giorgio Magi, anch’egli ferroviere. “Un bianco e nero alla Risi sulla messa in opera dei binari, girato sulle traversine e sui convogli della linea del Brennero tra orgoglio operaio e fatiche quotidiane”.
Il filmato mostra bene il passato e il desiderio di futuro e soprattutto evidenzia che il "Dopolavoro" resiste, contrariamente agli altri CRAL. Tutto questo grazie al lavoro fatto negli anni da Associazione Nazionale DLF e successivamente da Patrimonio DLF Srl.
Presenti in sala tantissime persone, soci, ferrovieri, cittadini interessati alla realtà delle ferrovie.
ALTOADIGE - BOLZANO
Venerdì 12 aprile 2019
Quelli del DLF di Via Crispi, le bocce, le gite, lo sport. Il cuore dei ferrovieri
BOLZANO. A Gino piacevano le bocce. E stare lì minuti a discutere di un centimetro in più o in meno. Era diversa Bolzano allora? «Un po’, ma lì, intorno alla stazione non poi tanto...». Allora erano gli anni Quaranta. E lui ci era arrivato nel ’36. «Ma la cosa che mi fa stare bene oggi è che ci sono ancora le bocce e pure qualche amico di allora». Questo piccolo miracolo italiano si chiama Dopolavoro ferroviario.
Annidato vicino ai binari, in Via Crispi, ha ottant’anni di vita. E raccoglie impavido interminabili partite a bocce e ancor più accaniti tavoli delle carte. Lì in mezzo entra ancora (quasi) tutti i giorni Gino Perini che invece di anni ne ha 99 ed è il decano del “gruppo bocciofilo”. Poi c’è Antonio Brigo, 96 anni, fondatore del gruppo trekking; più o meno la stessa età ha Carlo Cocco che è stato macchinista.
Bruno Zito, classe ’22 ricorda invece la prima gita organizzata dal dopolavoro, subito dopo la guerra. E mostra la foto di gruppo, tutti felici e sorridenti, a Salisburgo.
Oggi il DLF è tutto nuovo, vetri e luce. Ma a socchiudere gli occhi c’è ancora chi sente il profumo delle colonie marine, tutti stretti sui treni che andavano verso l’Adriatico, donne e bambini, figli e nipoti. Oppure l’emozione dei regali della Befana del ferroviere, pacchi che si aprivano e papà commossi.
E oggi? «Abbiamo 1.200 soci» snocciola i numeri Milena Parisi, dirigente in stazione, la presidente. Non tutti ferrovieri. Ma tutti con lo stesso spirito. «Facciamo tanto - dice - dai corsi alle gite, dai tornei di bocce a quelli di carte ma anche ballo, tanto sport, montagna, tennis. E abbiamo anche una squadra di calcetto e una giovanile di volley...». Altri tempi. Ma si resiste. Perché resistere serve in anni di grande crisi diffusa dell’associazionismo classico, preso in mezzo da internet e da innumerevoli proposte e programmi, soprattutto pubblici, che occupano sere e sere. E poi i social.
«Ecco - aggiunge Milena Parisi - il nostro dopolavoro è la risposta autenticamente sociale a questo rinchiudersi in casa e parlarsi solo virtualmente, attraverso uno schermo illuminato». Per capire che il DLF è vivo e vegeto bastava passare dal Trevi, l’altra sera. In centinaia, vecchi e giovani, a nel entrare per la serata organizzata dall’Upad e dalla ripartizione cultura che aveva, come centro, due film.
Uno nuovo, che fa parte del tour che Peter Paul Kainrath sta facendo tra le associazioni e che è partito proprio dal Dopolavoro Ferroviario: non a caso il suo Transart viene ospitato tutti gli anni nel magnifico deposito ferroviario ai Piani. E un vecchio ma straordinario filmato girato negli anni Sessanta da Giorgio Magi, anch’egli ferroviere.
Perché i ferrovieri sono sempre stati l’avanguardia, l’élite del Quarto Stato (e infatti un simil Pellizza da Volpedo campeggia ancora nella sede DLF Bolzano) e i loro stessi luoghi di aggregazione sono ancor oggi il simbolo di una certa Bolzano, di una città diventata anche italiana e che provava a cucire un tessuto di relazioni umane e sociali che ancor oggi è la base connettiva di una comunità in cammino. «Tanto mondo italiano qui è nato allora con i ferrovieri» ha ricordato Beppe Mora dell’Upad, l’università popolare da sempre impegnata nel raccontare anche storie minime. È così. E ad ascoltare le testimonianze di Piergiorgio Marchiori, classe ’37 o di Antonio Brigo, arrivato a Bolzano negli anni Quaranta si comprende ancora il senso di una presenza.
Che sta alla radice della città, così come è oggi.
(P.CA.)
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