Non sapeva perché, ma lo aveva acceso.
E ora era lì a guardare lacrime di cera che lentamente
si allontanavano dalla fiamma.
Intorno ognuno pensava a se stesso.
Il Maestro era stato imprigionato.
E ora ognuno non sapeva che fare.
Rinnegarlo come Pietro?
Tradirlo come Giuda?
Erano preoccupati. Erano senza di Lui.
Volevano fuggire,
volevano assalire la prigione,
volevano bruciare la città,
volevano nascondersi,
volevano... far tutto e infine... non sapevano cosa fare.
Lei stava zitta a guardare il cero. Assorta.
Passarono minuti che sembrarono anni.
Poi lei parlò quasi senza sapere perché.
“Preghiamo”, disse, “Come ci ha insegnato Lui”.
“Diventiamo come questo cero
che ci illumina e non ci impaurisce
che finisca, perché è il destino finire, spegnersi. Come la nostra vita.
Noi come il cero dobbiamo illuminare il mondo con le parole del Maestro.
Il cero non muore,
lascia il ricordo della sua luce
è come il sole che nonostante la notte
ritorna a illuminare.
Questo dobbiamo essere noi
Luce. Cero eternamente rinnovato
Nostro compito è illuminare e spegnerci
lasciando al mondo di riaccendere la luce
quella luce che in noi si è solo assopita.
Solo così avrà senso
il dolore del Maestro”.
Nel silenzio ognuno accese un cero.
La stanza si riempì di luce.
Maria Maddalena pianse
e le sue lacrime sembravano quelle del suo cero
solo che si avvicinavano al fuoco,
invece di allontanarsi, per proteggerlo.
INFORMAZIONI
Ugo Brusaporco
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